Da vedere in DVD: Red Land (Rosso Istria) di Maximiliano Hernando Bruno

Settembre 1943: il maresciallo Badoglio ottiene l’armistizio, il Re fugge da Roma. Le popolazioni civili Istriane, Fiumane, Giuliane e Dalmate si trovano ad affrontare un nuovo nemico: i partigiani di Tito…

Ma, per fare un film revisionista – che più revisionista non si può – non bastava uno Squitieri qualsiasi? C’era proprio bisogno dell’argentino Maximiliano Hernando Bruno (Hernando-tre-caffé-olè)? Misteri e meandri del cinema “made in Italy” con gli aiutini di stato, le film commission, mamma Rai che quando serve dà una mano (se hai il sottosegretario giusto) e così via. Perché, alla fine, è anche un peccato sprecare un’occasione così. È un peccato perché il tema “resistenziale” delle foibe non è mai stato trattato al cinema. Se non in questo brutto, bruttissimo film, Red Land. Brutto per la sua messa in scena, non perché denuncia le malefatte dei partigiani e dei titini. Brutto perché sciorina il peggior armamentario del cinema di genere, superficiale e raffazzonato, quando aveva a disposizione una storia “vera” e personaggi in carne e ossa che hanno vissuto quella tragedia, che sono morti o che hanno ucciso. Dall’una e dall’altra parte.

E invece in Red Land c’è solo repertorio, stereotipo, banalità. E non banalità del male, che sarebbe già qualcosa, ma banalità della mancanza di idee, di spina dorsale drammaturgica. Vediamo di spiegare. Si parte dal Porto Vecchio di Trieste, in un’epoca imprecisata che può andare dagli anni ‘90 del secolo scorso a oggi, nei magazzini dove sono conservate le cose dei profughi istriani. Qui una signora anziana (Geraldine Chaplin, ignobilmente doppiata da Lily Tirinnanzi) rovista emozionata nel cumulo di ricordi ormai senza nome fino a farci rimbalzare nella Padova del luglio 1943. Sulle tracce di Norma Cossetto, 23 anni, laureanda in lettere e, per inciso, figlia del podestà fascista di Visinada, sperduto paesino sull’altopiano del Carso. Siamo naturalmente alla vigilia di quel fatidico 8 settembre che divise l’Italia in due. Da mille punti di vista: fascista e antifascista, badogliana e repubblicana, occupata dagli alleati e occupata dai tedeschi. In ogni caso sbandata, confusa, frastornata, incerta sul da farsi, ma anche allegra, per l’illusione che la guerra fosse finita, e arrabbiata, violentemente arrabbiata per i soprusi patiti nei vent’anni precedenti a opera delle camicie nere.

Per un regista talentuoso fior di materia per cavarne un signor film. Ma il Banderas della pampa, duole dirlo, talentuoso non è. Infatti cosa riesce a mettere insieme? Alti ufficiali imbelli, imbullonati alle poltrone in fumosi quartier generali dove non si decide nulla e la marmaglia dei partigiani titini, guidata da un ragazzotto manifestamente squilibrato, che dilaga tra i probi italiani uccidendo stuprando e rapinando per il solo gusto di farlo. Provate a mettere idealmente insieme, una di fila all’altra, le scene di Red Land con il generale Esposito e il suo stato maggiore in quel di Trieste. Sono vere e proprie fotocopie con perle di dialogo (tipo l’ormai ben noto pesce di Petrolini) come questa: «I titini stanno risalendo l’Istria… E i tedeschi cosa fanno? I tedeschi stanno facendo qualcosa?». «I tedeschi fanno sempre qualcosa».

E vediamoli finalmente all’opera, i famigerati titini dopo che il regista non ci ha fatto mancare (altra chicca!) gli amici fraterni dell’infanzia felice schierati sui fronti opposti dei repubblichini e dei partigiani. Avete presente i peggiori stereotipi del tedesco in uniforme da SS? Ecco: sostituite la croce uncinata con la stella rossa e il gioco è fatto! Cinici, violenti, depravati, spietati e quant’altro per puro sadismo. Altro che “Bella ciao”! Con i poveri attori costretti a smorfie, ghigni, sogghigni, digrignamenti e strabuzzamenti (di denti e occhi) con l’immancabile passione per la bottiglia e il grilletto facile.

Anche il controcanto “borghese” alle fazioni in campo lascia piuttosto a desiderare: il parroco don Umberto, Italo, ovvero lo scemo del paese («Una bocca enorme ci divorerà tutti…»), e il cassandro del villaggio professor Grandin (un Franco Nero sempre più ombra di se stesso). Con piccolo blooper incorporato al reverendo al quale si rinfaccia di non celebrare la messa in croato, ma in italiano. Quando a quel tempo, si sa, la messa era in latino per tutti. Forse si allude all’omelia? Ma anche qui l’italianizzazione forzata, a cominciare dai toponimi, era una bella idea del regime, non del Vaticano. Oltre al fatto di aver scelto un’attrice di 38 anni per interpretare una giovane che ne aveva 23. E la cosa si nota (e stona) parecchio. Infine, proprio sotto il profilo storico della vicenda prescelta per essere messa in scena, non fa un po’ specie, a disdoro della violenza cieca e bruta dei titini, che costoro, in cotanta macelleria a danno dei poveri italiani più compromessi con il fascio, non abbiano torto un capello a Licia Cossetto, sorella di Norma, più giovane di soli tre anni, morta novantenne nel 2013? Sicuramente nei bagni di sangue seguiti all’8 settembre 1943, in un paese senza più guida, imbelle e disarmato, alle questioni di fondo, agli ideali, alla storia si sono spesso sostituiti rancori e vendette personali. Odi, risentimenti, regolamenti di conti da una parte e dall’altra per puro opportunismo, per ferocia, per rabbia, persino per l’estro di un momento. Come solo nelle guerre più feroci: le guerre civili. Ragione di più per trattare la materia con intelligenza e finezza. Non per il gusto dello splatter.

Ma perché il Red land, il Rosso Istria del titolo? Lo spiega, all’inizio, la stessa Norma Cossetto che ha scelto questo binomio come titolo per la sua tesi di laurea: l’Istria è “rossa” non per i titini o gli antifascisti, ma perché il suolo è ricco di bauxite. Genialata!

E allora perché vedere Red Land?

Perché, come disse Churchill: “Prima dell’8 settembre 1943 in Italia c’erano 45 milioni di fascisti e dopo l’8 settembre c’erano 45 milioni di antifascisti. Ma non c’erano 90 milioni di italiani”.

Dettagli del film Red Land

sceneggiatura Antonello Belluco, Maximiliano Hernando Bruno cast Selene Gandini (Norma Cossetto) Franco Nero (prof. Grandin) Geraldine Chaplin (Giulia Visantrin anziana) Sandra Ceccarelli (mamma Visantrin) Romeo Grebensek (Mate) Eleonora Bolla (Adria Visentrin) Maximiliano Hernando Bruno (Giorgio Staniscia) Diego Pagotto (Angelo Visantrin) Carla Stella (mamma Cossetto) Alvaro Gradella (gen. Esposito) Maria Vittoria Casarotti Todeschini (Licia Cossetto) Vasco Mirandola (don Umberto) Valentina Bivona (Giulia Visentrin bambina) Guido Laurjni (Giuseppe Cossetto) genere drammatico prod. Ita 2018 durata 150 min.

 

DVD selezionati da Riccardo E. Zanzi, recensione di Auro Bernardi

 

Egidio Zanzi:
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