Film in DVD: “Il corriere-The Mule” di Clint Eastwood

sceneggiatura Nick Schenk cast Cint Eastwood (Earl Stone) Bradley Cooper (Colin Bates) Michael Peña (agente Treviño) Dianne Wiest (Mary Stone) Andy Garcia (Latón) Alison Eastwood (Iris Stone) Taissa Farmiga (Ginny Stone) Ignacio Serricchio (Julio Gutierrez) Laurence Fishburne (capo agenti Dea) Loren Dean (agente Brown) genere drammatico prod Usa 2018 durata 116 min.

Ecco, a 89 anni suonati, il buon, caro, vecchio Clint “tutto-d’un-pezzo” Eastwood con l’ultimo (per ora) dei suoi personaggi da vecchia, cara, ruvida e violenta America. Solo che questa volta l’espressione del volto scavato di rughe (con il berretto o senza), l’andatura dinoccolata, le battute al vetriolo non le regala a un inflessibile e spietato tutore dell’ordine, tipo Harry Callaghan, ma le presta invece a un indolente, sornione, vecchio bellimbusto che trasporta droga in giro per gli Stati del Sud per conto dei narcos messicani. Non per scelta, ma per necessità. Dopo che si è visto pignorata la casa e l’attività di floricoltore e dopo che con i proventi dei primi giri riesce a realizzare qualche sogno. Non suo, ma di parenti e amici. Come in molti altri

casi precedenti, all’Eastwood regista piacciono le storie vere, di personaggi emblematici per personalità e vita vissuta. Su cui ricamare sceneggiature altrettanto esemplari e abbastanza convenzionali, con i tempi e i ritmi giusti per tenere desta l’attenzione dello spettatore per le due ore di proiezione.

Pretendere di più sarebbe troppo, visto che comunque i tasti di sentimento, emozione ed empatia sono toccati tutti anche se, a scendere nei dettagli, non mancano le pecche. Come quel bunga-bunga alla messicana con il capo dei capi che si fa anfitrione e ospite dell’oscuro corriere che lavora per lui. Ce lo vedete un Chapo Guzmán (o un Totò Riina) aprire le porte del suo fortino a un perfetto sconosciuto? Altri stereotipi sono poi l’incontro casuale al motel del “mulo” e del suo cacciatore (l’agente Bates) nonché la scena clou per eccellenza, ossia il ritorno in famiglia di nonno Earl al capezzale dell’ex moglie morente. Indispensabile per l’economia del narrato, efficace quanto di dovere, ma con un fastidioso eccesso di melassa sparso ovunque. Tra le piccole perle, segnaliamo il dileggio delle nuove tecnologie con le difficoltà del personaggio a usare gli smartphone che i narcos invece usano-e-gettano e, da buon conservatore incallito, il siparietto della coppia di colore in panne ai bordi dell’autostrada con il marito incapace di cambiare una gomma senza i tutorial della rete, cui non lesina il politicamente scorretto appellativo di nigger. Per altro verso Eastwood si dimostra fordista appassionato e fedele. Dopo la Gran Torino dell’omonimo film del 2008 eccolo qui al volante del lussuoso pick up Mark Lt della Lincoln, il marchio di alta gamma della casa di Detroit. Che pretendere di più?

 

E allora perché vederlo?

Perché Eastwood non si discute: o si prende (a piccole dosi, come la morfina) o si lascia (il più delle volte).

 

Egidio Zanzi:
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