Nymph()maniac – vol. II

regia: Lars Von Trier, cast: Charlotte Gainsbourg (Joe), Stellan Skarsgård (Seligman), Stacy Martin (Joe da giovane), Christian Slater (padre di Joe), Shia Labeouf (Jerome), Michaël Pass (Jerome anziano), Mia Gott (P), Willem Dafoe (L), Jamie Bell (K), Jean-Mak Barr (debitore), genere: drammatico, durata: 123′

Se con il primo volume eravamo dalle parti di Le onde del destino, con il secondo, siamo arrivati nei dintorni di Antichrist, con tanto di autocitazione del bambino sul balcone sotto la neve. In ogni caso la lucida analisi di Von Trier sull’universo femminile non conosce battute d’arresto e va dritta al bersaglio. Non solo le donne sono state vittime nei secoli di un feroce e sistematico gynocidio, ma anche oggi, nella postmoderna ed evoluta Europa settentrionale, gli stessi comportamenti sociali che a un uomo sarebbero perdonati con bonaria complicità, in una donna rappresentano ancora motivo di riprovazione se non di scandalo. E qualcuno si sente in diritto di abusare di lei solo perché con altri ha avuto comportamenti disinibiti.

Più verboso e meno ironico del precedente, il secondo girone dell’inferno sessuale di Jo non fa sconti a nessuno, neppure al morigerato ed empatico Seligman che prosegue nel suo ruolo di controcanto alla voce solista. A tratti un po’ insistito e ripetitivo, il film ha un ritmo più fiacco del precedente e minori capacità inventive (vedi appunto la citazione) anche se è sbagliato giudicarlo come opera a se stante. In effetti è errato parlare delle due valve (con la A) del dittico come se si trattasse di due film diversi ed è folle vederli a distanza di settimane, ma così impone la pigrizia del pubblico che ovviamente avrebbe disertato le sale a fronte di 4 ore e passa di proiezione continuativa. In ogni caso, per quanto riguarda l’analisi complessiva dell’opera, resta in piedi e, anzi, si rafforza quanto detto a proposito del vol. I.

Auro Bernardi: Nel 1969, quando ero al liceo, il film La Via Lattea di Luis Buñuel mi ha fatto capire cosa può essere il cinema nelle mani di un poeta. Da allora mi occupo della “decima musa”. Ho avuto la fortuna di frequentare maestri della critica come Adelio Ferrero e Guido Aristarco che non mi hanno insegnato solo a capire un film, ma molto altro. Ho scritto alcuni libri e non so quanti articoli su registi, autori, generi e film. E continuo a farlo perché, nonostante tutto, il cinema non è, come disse Louis Lumiére, “un'invenzione senza futuro”. Tra i miei interessei, come potrete leggere, ci sono anche i viaggi. Lo scrittore premio Nobel portoghese José Saramago ha scritto: “La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro. Bisogna ricominciare a viaggiare. Sempre”. Ovviamente sono d'accordo con lui e posso solo aggiungere che viaggiare non può mai essere fine a se stesso. Si viaggia per conoscere posti nuovi, incontrare altra gente, confrontarsi con altri modi di pensare, di affrontare la vita. Perciò il viaggio è, in primo luogo, un moto dell'anima e per questo è sempre fonte di ispirazione.
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