Da vedere al cinema: “Le voci sole” di Andrea Brusa e Marco Scotuzzi

Pubblicato il 4 Luglio 2022 in , , da Auro Bernardi
Le voci sole

sceneggiatura Andrea Brusa cast Giovanni Storti (Giovanni) Alessandra Faiella (Rita) Davide Calgaro (Pietro) Federica Cacciola (voce di Luana) genere commedia prod Italia 2021 durata 80 min.

 

Spacciato come il film del primo ruolo drammatico per Giovanni Storti, occasionalmente orfano di Aldo Baglio e Giacomo Poretti, questo esordio nel lungometraggio di Brusa&Scotuzzi è in realtà una classicissima commedia di quelle, non così rare, dal fondo vagamente amaro. Film fatto con quattro lire, ossia con tre soli attori in scena dal principio alla fine, molte riprese semidocumentaristiche all’interno di una fonderia, ha il merito di reggere bene gli 80 minuti dello sviluppo narrativo il che significa in primo luogo una buona sceneggiatura. Il tema è il rapporto tra i social e la vita reale sotto il pretesto delle traversie di un operaio lombardo che ha perso il lavoro e deve reinventarsi il futuro in una fabbrica polacca lasciando a casa moglie e figlio teenager. Con cui resta in contatto tramite lunghe videochiamate quotidiane fino al momento in cui la moglie gli fa da tutor per un piatto di pasta.

Le voci sole

Postata su internet, questa telefonata diventa virale e in breve la coppia raggiunge una grande popolarità sul web. Parrebbe la fine di tutti i problemi economici per non dire l’inizio di una certa prosperità. Ben presto però la botta di fortuna diventa un boomerang con tutte le conseguenze facilmente immaginabili. Se le inquadrature del prologo richiamano vagamente Metropolis (Fritz Lang, 1926) la strizzata d’occhio più trasparente dell’intero film rimanda a I fidanzati (1963) di Ermanno Olmi il cui protagonista si chiama, guarda caso, anch’egli Giovanni. Costui dalla Lombardia non va in Polonia, ma in Sicilia che, all’epoca, era forse peggio. Anche per la lingua. In quel film era il boom industriale che obbligava il colletto blu alla trasferta per insegnare il mestiere ai colleghi siculi, qui è la globalizzazione, la delocalizzazione e il Covid a mettere su un pullman il gruista meneghino per fare nel paese slavo quello che non può più fare nel capoluogo lombardo. Il resto, ossia la saga dei social, è appunto il tributo pagato al terzo millennio ossia l’aggiornamento allo sitz im leben della contemporaneità. I social, appunto, al posto delle lunghe lettere scritte a mano del film di Olmi. Pressoché identica la “morale finale”, vecchia come il cucco: meglio essere poveri e felici che ricchi e in crisi di valori. Oh yes! Girato nelle fonderie Intals di Paona (Pv) e Somet di Ambivere (Bg), a simulare la brumosa Polonia, va dato atto a Brusa e Scotuzzi (cognomi singolarmente ignei entrambi) di aver sempre trovato il giusto equilibrio audiovisivo tra le immagini, quasi espressionistiche appunto, degli altiforni e i dialoghi che riproducono le lunghe conversazioni via smartphone e i sempre accennati (ma mai mostrati) post su internet. Anche questo un ricorso ai classicissimi stilemi del cinema classico (e si perdoni il bisticcio). Perché a quanto pare i due autori, pur raccontando una storia basata sui nuovi media, non li usano ai fini della loro espressione estetica preferendo il buon, caro, vecchio cinema cinematografato (e ancora scuse per il nuovo bisticcio). Bilancio finale? Un film sussurrato e discreto, ma nel complesso godibile. E se Giovanni Storti attore non è certo una scoperta (e bene ha fatto a calarsi in ruolo non proprio ridanciano) Alessandra Faiella e Davide Calgaro sono spalle perfette per i siparietti familiari che contrappuntano la storia.

 

E allora perché vederlo?

Perché quanto a voci, una voce fuori dal coro va sempre ascoltata.

 

Le voci sole