Al cinema arriva il frizzante “50 primavere-Aurore”, di Blandine Lenoir

sceneggiatura Blandine Lenoir, Jean-Luc Gaget cast Agnès Jaoui (Aurore Tabort) Thibault de Montalembert (Christophe Tochard/Totoche) Pascale Arbillot (Mano) Sarah Suco (Marina Tabort) Lou Roy-Lecollinet (Lucie Tabort) Nicholas Chupin (Seb) Samir Guesmi (il formatore) Philippe Rebbot (Nanar) Eric Viellard (Hervé) genere commedia durata 89 min

 

Come lo fanno i francesi (e le francesi) non lo fa nessuno. Il cinema-commedia, naturalmente. Soave come una nuvola di Chanel n.5, frizzante come una coppa di champagne, gustoso come una fetta di saint honoré. Tanto da sdrammatizzare anche i temi più seri e cupi e sorridere al mondo, per brutto che sia. E il mondo di una donna di 50 anni può davvero essere cupo. Anzi: nerissimo. Separata dopo 10 anni di matrimonio con un compagno di scuola, barista in un localino del centro, Aurore conosce gli sconquassi della menopausa mentre delle due figlie una è in attesa dell’erede, l’altra si è tirata in casa il fidanzato che non fa nulla se non seguire il sogno di diventare un musicista. Quando il locale dove lavora cambia gestione, per non sottostare alle mattane del nuovo “patron” Aurore si fa da parte. Così, oltre tutto, si ritrova disoccupata. Assediata su tre fronti, Aurore però non molla e cerca con tenacia, e un pizzico di fatalismo, di fronteggiare le varie emergenze. A farla tornare pienamente in pista è però l’amica del cuore, Mano, grazie a cui rincontra per caso Totoche, anche lui compagno di scuola, anche lui amore giovanile. Mai spento peraltro, se non dal corso della vita. Il resto è intuibile, ma le parti migliori del film non sono la storia in sé quanto il suo coté. Fatto di situazioni domestiche, personaggi stravaganti eppure umanissimi, piccole cose di tutti i giorni prese come vengono. Nella cornice urbana di una città di provincia di lusso: La Rochelle, con i suoi locali sul porto, le viuzze del centro, gli squarci sull’oceano e una rarefatta luminosità atlantica che riconcilia con la vita. E anche la vita di Aurore, alla fine, continua. Anzi: comincia. Perché è proprio dopo 50 primavere che le cose prendono il corso giusto. Da rilevare, nel corso del film, l’omaggio all’antropologa, sociologa e studiosa di tematiche al femminile Françoise Héritier, scomparsa il 14 novembre scorso, attraverso una sua breve apparizione in un programma televisivo che fa da sfondo alla vicenda.

Perché vederlo? Una boccata d’ossigeno per chi, attorno o dopo i cinquanta, ha avuto a che fare, direttamente o indirettamente, con la mancanza di lavoro, la crisi esistenziale e la solitudine, più pesante della povertà

Auro Bernardi: Nel 1969, quando ero al liceo, il film La Via Lattea di Luis Buñuel mi ha fatto capire cosa può essere il cinema nelle mani di un poeta. Da allora mi occupo della “decima musa”. Ho avuto la fortuna di frequentare maestri della critica come Adelio Ferrero e Guido Aristarco che non mi hanno insegnato solo a capire un film, ma molto altro. Ho scritto alcuni libri e non so quanti articoli su registi, autori, generi e film. E continuo a farlo perché, nonostante tutto, il cinema non è, come disse Louis Lumiére, “un'invenzione senza futuro”. Tra i miei interessei, come potrete leggere, ci sono anche i viaggi. Lo scrittore premio Nobel portoghese José Saramago ha scritto: “La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro. Bisogna ricominciare a viaggiare. Sempre”. Ovviamente sono d'accordo con lui e posso solo aggiungere che viaggiare non può mai essere fine a se stesso. Si viaggia per conoscere posti nuovi, incontrare altra gente, confrontarsi con altri modi di pensare, di affrontare la vita. Perciò il viaggio è, in primo luogo, un moto dell'anima e per questo è sempre fonte di ispirazione.
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