Dalla parte di lei: da Lola Lola a Katharina Blum, la donna nel cinema tedesco

È il settembre 1929 quando negli studi della Ufa di Berlino si sta preparando una pellicola destinata a diventare leggendaria. È L’ angelo azzurro per la regia di Joseph von Sternberg tratto da un romanzo di Heinrich Mann interpretato da Marlene Dietrich, un’attrice di ventotto anni poco conosciuta, ma dal fascino irresistibile. La storia di Lola Lola, un’artista del cabaret, che seduce un insegnante non più giovane riducendolo a suo zimbello, è di quelle in grado di fare presa sulle platee di tutto il mondo. Il 1° aprile 1930 a Berlino il film è presentato al Gloria Palast sulla Kurfürsterdamm e da quel momento ha inizio il mito della Dietrich, l’attrice che sarà protagonista a Hollywood, dove presto si trasferisce, di pellicole di straordinaria popolarità quali Marocco, 1930, Disonorata, 1931, Shangai Express, 1932, Venera bionda, 1932, L’imperatrice Caterina, 1934, Capriccio spagnolo, 1935. Alta, bella, sensuale, la diva turba i sogni degli americani grazie ai suoi personaggi femminili crudelmente perversi (la donna si offre sessualmente ai suoi spasimanti per poi negarsi all’improvviso).

Katharine Blum

Naturalmente il nazismo, che ha preso il potere in Germania, la vorrebbe come star indiscussa del grande schermo non avendo però fatto i conti con la sua forte personalità democratica e antifascista. Goebbels, il diabolico ministro della propaganda, deluso dalla sua fuga in America, tenta di sostituirla con Brigitte Helm, una semplice dattilografa notata da Fritz Lang negli stabilimenti cinematografici Ufa negli anni Venti per i suoi lineamenti duri e inflessibili, quasi da automa. Così la ragazza diventa l’interprete principale nel doppio ruolo dell’insegnante Maria e del suo robot di Metropolis del 1927 e nellasua carriera interpreterà spesso in ruoli di donna gelida e crudele come in L’Argent, 1928 di Marcel L’ Herbier e in tre film di Georg Wilhem Pabst, Giglio nelle tenebre, 1927; Crisi,1928, e Atlantide,1932. Dopo il matrimonio con un industriale svizzero di origine ebraica, l’attrice, anche lei ostile al regime, si trasferisce in Svizzera abbandonando definitivamente il set. Goebbels però non si arrende assolutamente certo del potere di suggestione dell’immagine cinematografica sul popolo tedesco. Dal ’33 al ’45 vengono prodotti moltissimi film nei quali si trova tutta la tipologia costruita dall’industria cinematografica americana. Nascono così nuove dive, quelle del Terzo Reich, spesso provenienti da altri paesi come l’ungherese Marika Rökk, le svedesi Zarah Leander e Kristina Soderbaum, l’inglese Lilian Harvey, la cilena Rosita Carrano. Atletiche, dai corpi perfetti, scattanti e sportivi, le nuove star in realtà non possiedono però il fascino irresistibile di Marlene Dietrich. Un capitolo a parte merita la regista Leni Riefenstahl, ex attrice protagonista di vari film di montagna, che a partire dal 1935 dopo aver diretto Trionfo della volontà, un documentario celebrativo sul congresso nazista di Norimberga, diviene ufficialmente la cineasta di regime, autrice di Olimpia, film monumentale diviso in due parti dedicato alle Olimpiade di Berlino del ’36.

Rosemarie

Un’opera neoclassica dalle sequenze suggestive girata con una tecnica sperimentale e tecnicamente moderna, ma chiaramente elogiativa del nazismo. Nel 1945 Leni è arrestata e giudicata da un tribunale per crimini di guerra. Assolta potrà continuare la sua carriera solo nel settore documentaristico.   Dopo la fine della seconda guerra mondiale alla Germania viene imposto un duro processo di denazificazione cui non può sottrarsi neanche l’industria cinematografica. Il 17 novembre 1945 presso l’Hotel Adlon di Berlino s’incontrano quaranta personalità del cinema per ricostruire nella zona occupata dai sovietici nuovi stabilimenti filmici, mentre nella parte occidentale della città s’iniziano a produrre molte pellicole controllate però dalla censura angloamericana. Nella Germania ovest, dove in pochi anni esplode un vero e proprio boom economico, si sfornano a ritmo sostenuto commedie, drammi, film storici sulla guerra appena finita. Nel 1958 esce nella sale La ragazza Rosemarie di Rolf Thiele, storia di una prostituta d’alto bordo divenuta così potente in breve tempo grazie allo spionaggio d’alcova nella rinascita economica della Repubblica Federale Tedesca, da essere uccisa da misteriosi killers. Presentato alla Mostra di Venezia il film fa scatenare una polemica feroce con le autorità di Bonn che non accettano l’immagine rappresentata del loro paese guidato da una banda di disonesti e corrotti. Le polemiche si attenuano quando la pellicola vince il premio della critica anche per merito dell’attrice Nadia Tiller davvero brava e sensuale nei panni della mondana Rosemarie.  Nel ’62 al festival del cortometraggio di Obersausen ventisei giovani film-maker votano un manifesto di protesta contro l’industria cinematografica ormai alla bancarotta. Nasce così il Giovane cinema tedesco guidato da Alekander Kluge, l’autore di La ragazza senza storia, 1966, film accolto con consensi unanimi, che rivendica una diversa libertà di espressione artistica fuori dalle convenzioni. Al suo fianco nell’opera di rinnovamento si distinguono Volker Schlöndorff (I turbamenti del giovane Törless), Peter e Ulrich Schamoni, Franz Josef Spieker e altri. Nel 1975 nasce il Nuovo Cinema tedesco,quello dei giovani Wim Wenders, Rainer Werner Fassbinder, Hans-Jurgen Syberberg, Werner Herzog, una corrente artistica che vuole riformare totalmente il cinema tedesco invaso dai prodotti americani e dalla pornografia. Fassbinder è l’autore che più di tutti concede al ruolo della donna il giusto spazio.  Nel suo saggio intitolato Le incerte signore di RWF, inserito nel volume Rainer Werner Fassbinder uscitonel 1992 in occasione di una retrospettiva cinematografica dedicata al regista in programma a Roma e a Milano, Piera Detassis scrive: “C’è un primo livello d’ opportunità dialettica nella scelta di Fassbinder di far occupare la scena dei suoi film da corpi e volti femminili, a partire da Le lacrime amare di Petra von Kant(1972), per arrivare a La paura mangia l’anima(1973), Effi Briest (1974), Il matrimonio di Maria Braun(1978),Lili Marlene(1980), Lola(1981), Veronika Voss(1982). E cito solo i film più conosciuti e in tema. L’ ambiguità del ruolo femminile, incerto tra servitù e dominio, serve alla perfezione a descrivere la crudele dinamica amorosa, quella che vede ogni coppia dilaniarsi in giochi di potere ripetuti e mai esorcizzati. Del resto, Fassbinder non ha forse dichiarato di fare “film sul matrimonio perché le coppie si rendano conto di quanto sono infelici ?”. Il panorama del cinema germanico propone anche altre figure di donna di grande spessore. Tratto dal romanzo di Henrich Böll, L’onore perduto di Katharina Blum, nel 1975 arriva sugli schermi il film Il caso Katharina Blum diretto da Volker Schlöndorf e interpretato dalla bravissima Angela Winkler, storia di una donna divorziata che ingenuamente aiuta un giovane disertore a fuggire. Interrogata duramente dagli inquirenti, Katharina viene data in pasto alla stampa scandalistica che la dipinge come un mostro da prima pagina. Devastata dalla feroce campagna denigratoria, la ragazza esasperata finisce con l’ uccidere il giornalista che l’ha infangata.

Rosenstrasse

La pellicola e il libro sono un atto d’accusa contro la società tedesca degli anni Settanta dominata dal monopolio del gruppo editoriale di Springer, una sorta di Hearst, il magnate americano della carta stampata, cui s’ispirò Orson Welles per il suo capolavoro Quarto potere. Già dalla seconda metà degli anni Sessanta nella Germania Ovest emerge un gruppo di registe decise a interpretare la realtà del loro paese con gli occhi femminili. La potenza degli uomini è la pazienza delle donne, 1975 di Christina Perincioli racconta la lotta per l’ indipendenza dal marito maschilista di una ragazza costretta a rifugiarsi in una comune di sole donne. Nel ’77 la brava Helma Sanders-Brahms già conosciuta da noi per il suo Sotto il selciato c’è la spiaggiagira Il casoHeinrich,biografia di Von Kleist già presentata a Cannes, mentre Utta Brückner firma due film importanti Male non fare, paura non avere, biografia di una donna dal 1922 al 1975 e Una ragazza completamente abbandonata, acuto ritratto di un’ attrice. Su tutte però spicca Margarethe von Trotta nata nel 1942, che dopo essere stata attrice anche al fianco  del marito, il regista Volker Schlöndorff (insieme realizzano Il caso Katharina Blum), passa dietro la cinepresa. Attenta alle problematiche femminili firma Il secondo risveglio di Crista Klages, 1978; Sorelle o l’equilibrio della felicità, 1979 e il celebre Anni di piombo, 1981. Del ’82 è Lucida follia con due interpreti d’ eccezione, Hanna Schygulla e Angela Winkler. Attiva anche in Italia, dove ha vissuto a lungo, nel 2004 dirige Rosenstrasse, ricostruzione accurata di un episodio storico, la lotta disperata messa in atto nel 1943 da centinaia di donne che si erano riunite in una via di Berlino per protestare contro la deportazione dei loro mariti, uomini di religioni israelita. Sempre attento alla questione femminile il cinema tedesco anche negli anni recenti produce opere interessanti sul tema: Hanna Flanders, 2002 di Oskar Roehler; vicenda drammatica di una scrittrice molto popolare nella Germania Est che dopo la caduta del muro di Berlino entra in una profonda crisi esistenziale; La sposa turca, 2004 di Fatin Akin, ritratto di Sibel, una giovane e bella ragazza turco-tedesca, che per sfuggire alla prigionia impostale dalla sua famiglia conservatrice, convince Cahit, un quarantenne allo sbando a sposarla con un matrimonio di comodo e The Reader – A voce alta, la relazione amorosa tra Michael, un adolescente e Hanna, una donna matura nella Germania dei primi anni Cinquanta. Otto anni dopo studente di legge, il giovane scopre la sua ex amante a suo tempo scomparsa nel nulla, imputata in un processo per crimini di guerra nazisti. Forse però la figura cinematografica femminile più interessante lo troviamo nel film di Christina Petzold, La scelta di Barbara, 2007, un affresco sulla dura vita nella DDr, la Repubblica Democratica Tedesca del 1980. Barbara (Nina Hoss), un’affascinante bionda alta e slanciata, medico chirurgo pediatrico messa sotto accusa dalle autorità per aver chiesto un visto d’espatrio all’Ovest, è trasferita per punizione da Berlino a un piccolo paese di campagna al nord. Riservata e scontrosa, la donna lavora nel piccolo ospedale di zona in attesa di fuggire nell’ altra Germania con la complicità del suo fidanzato. L’incontro con Sella, una ragazzina rimasta incinta e decisa come lei a fuggire fuori dal paese, l’interesse per il suo lavoro ospedaliero e per André, un collega rassicurante e devoto, cambierà i suoi piani.

La scelta di Barbara

 

 

 

Pierfranco Bianchetti:
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