Approfondimento: Dopo Parigi, il cambio di strategia di Isis in “Syraq”

Dopo Parigi, il cambio di strategia di Isis in “Syraq”

di Andrea Plebani per ISPI

I tragici eventi di Parigi hanno dimostrato ancora una volta come il conflitto promosso dal sedicente Stato Islamico (IS) non sia confinato in un Medio Oriente percepito come distante e diverso da noi, ma sia in grado di colpire il cuore stesso dell’Europa. Lo aveva già fatto nel gennaio scorso, quando – a pochi giorni dall’attacco al settimanale satirico Charlie Hebdo – Amedy Coulibaly aveva seminato il terrore nella capitale francese, per poi ripetersi nei mesi seguenti con una serie di attentati meno eclatanti, come quello avvenuto a giugno a Saint Quentin Fallavier o quello sventato ad agosto su un treno Thalys partito da Amsterdam e diretto a Parigi. Attentati capaci di rafforzare l’immagine di una formazione che ha saputo trasformarsi nel nuovo centro nevralgico della galassia jihadista.

Se da un lato è evidente come gli attacchi del 14 novembre e le minacce lanciate a Roma, Londra e Washington abbiano contribuito a rafforzare ulteriormente questa posizione, sarebbe errato valutare il peso specifico di IS solo da questa prospettiva. A dispetto di quanto gli eventi delle ultime ore possano far pensare, infatti, l’obiettivo primo del movimento guidato da Abu Bakr al-Baghdadi non è tanto colpire il cosiddetto “nemico lontano” (Stati Uniti e alleati occidentali in primis), ma ricostituire quel califfato che fu abolito da Mustafa Kemal nel 1924 e, soprattutto, dar vita a uno stato “realmente” islamico. Uno stato chiamato a riunire sotto il suo controllo l’intero dar al-Islam e a imporre il rispetto di un’interpretazione radicale del messaggio profetico rigettata dalla stragrande maggioranza della comunità musulmana.

Nel corso dell’ultimo anno e mezzo molti gruppi hanno dichiarato la propria fedeltà al nuovo “califfo” e nuove province sono state formate in Nord Africa, nella Penisola Arabica e in Asia Centrale e Meridionale. Sebbene la loro rilevanza vari considerevolmente, nessuna è però assimilabile per importanza alle regioni siro-irachene controllate da al-Baghdadi. Quelle aree, definite sempre più spesso col nome di “Syraq”, che hanno visto la nascita di al-Qa¢ida in Iraq (AQI – 2004), la sua evoluzione nello Stato Islamico dell’Iraq (ISI – 2007) e nello Stato Islamico dell’Iraq e della Grande Siria (ISIS – 2013) e, infine, la sua definitiva trasformazione nello Stato Islamico (2014). è proprio qui che IS combatte la sua battaglia principale. Uno scontro che lo vede contrapposto a una miriade di attori locali e internazionali che, nonostante le risorse impiegate, non sono ancora riusciti ad aver ragione di una formazione considerata solo nel 2010 prossima alla definitiva sconfitta.

Ma qual è lo stato attuale della campagna condotta da IS in questo teatro? Nel corso dell’ultimo anno e mezzo il movimento è riuscito, a dispetto delle previsioni di numerosi analisti, a mantenere fede al proprio motto “rimanere ed espandersi”. Non solo ha conservato il controllo delle sue due più importanti roccaforti, Raqqa e Mosul, ma ha anche proseguito la propria offensiva dando vita ad attacchi coordinati su più fronti. In Siria, in particolare, esso è stato capace di estendere la propria autorità su gran parte del governatorato nord-occidentale di Dair al-Zor, di occupare Palmira, e di recuperare importanti posizioni nelle aree di Aleppo e Damasco. In Iraq, invece, oltre a continuare la propria campagna di attacchi contro le principali città irachene, IS ha mantenuto una presenza importante nelle regioni a maggioranza arabo-sunnita e ha preso Ramadi, capoluogo del governatorato di al-Anbar.

A fronte di queste importanti vittorie, però, il movimento ha dovuto far fronte a una serie di rovesci che hanno inferto un duro colpo alla sua aura di invincibilità. Nel gennaio del 2015, in particolare, le forze del califfato hanno subito un’eclatante sconfitta a Kobane, che per mesi era rimasta sotto assedio e difesa da un pugno di guerriglieri appartenenti alla formazione curdo-siriana del PYD. Altrettanto significativa è stata la caduta in estate di Tal Abyad, al confine tra Siria e Turchia. La sua presa da parte delle milizie curde siriane non solo ha permesso a quest’ultime di unire le aree di Kobane e Jazira sotto il loro controllo, ma ha anche privato al-Baghdadi di uno snodo commerciale di eccezionale rilevanza, oltre che di un bastione considerato parte integrante del sistema difensivo di Raqqa. Ma anche in Iraq IS ha dovuto fare i conti con sconfitte tutt’altro che irrilevanti. Poche settimane prima della presa di Ramadi, infatti, i “guerrieri neri” avevano perso Tikrit, capoluogo del governatorato di Salahaddin e città natale di Saddam Hussein. è di pochi giorni fa, però, la sconfitta che ha forse inflitto il colpo più duro al sedicente Califfato. Dopo oltre un anno e mezzo, infatti, la cittadina di Sinjar, teatro di uno dei massacri più efferati condotti da IS, è stata liberata. Oltre ad avere un importante rivolto simbolico e propagandistico, questa vittoria ha implicazioni strategiche notevoli, dato che consolida la presa curda sulle regioni nord-occidentali irachene e segna l’interruzione di una delle principali arterie che collegano Mosul a Raqqa (la cosiddetta autostrada 47). Un passo che potrebbe rivelarsi decisivo nei prossimi mesi per lanciare la tanto a lungo attesa offensiva su Mosul.

Andrea Plebani, Università Cattolica del Sacro Cuore e ISPI Associate Research Fellow

(Fonte ISPI)

Vitalba Paesano: Interessata al web fin dal 1996, quando di Internet si occupavano solo gli ingegneri, sostiene da sempre l'importanza dell'interattività come misura di qualità di vita per il mondo senior. Per questo ha fondato www.grey-panthers.it, testata giornalistica online, ad aggiornamento quotidiano, dove tutto, articoli, rubriche, informazione, è a misura di over50
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