Ai tumori piace lo zucchero

E se a causare il cancro fosse, tra l’altro, la cattiva alimentazione? Mediata da complessi meccanismi biologici, è vero, ma pur sempre alimentazione? Che ci fosse una corrispondenza tra obesità e sovrappeso e certi tumori, gli epidemiologi lo avevano già notato. Ma fino a oggi si trattava di una “coincidenza”, di una di quelle correlazioni stabilite osservando gruppi di persone che già basta a lanciare l’allarme, ma non è la pistola fumante.
Oggi, invece, il quadro sembra comporsi. E le prove biologiche sono tali che la bibbia della scienza americana, “Science”, le ha consacrate in un articolo di rassegna del primo numero del nuovo anno. La faccenda non è semplice ma, vista la posta in gioco, vale la pena di seguirla passo passo.

All’origine di molti tumori, dunque, potrebbero esserci delle alterazioni metaboliche, cioè trasformazioni locali che rendono i tessuti un terreno fertile per la crescita incondizionata delle cellule malate. Mutamenti causati in primo luogo da una scorretta alimentazione. Ciò che mangiamo avrebbe dunque un’importanza ancora più cruciale del previsto e un ruolo che si esplicherebbe in maniera diversa, più complessa, rispetto a quanto supposto fino a poco tempo fa. Al centro c’è un ormone non certo nuovo, ma oggi guardato con occhi diversi: l’insulina, finora considerata solo per ciò che accade quando scarseggia, come nel diabete, o per la sua funzione di regolatrice degli zuccheri nel sangue. Al contrario, nuovi dati, anche molto diversi tra loro, assegnano ormai a questa sostanza funzioni alquanto più articolate, in molti casi favorevoli allo sviluppo dei tumori.
La prima constatazione che ha portato a concentrare l’attenzione sull’insulina è stata, come si diceva, di tipo epidemiologico: le persone obese (che spesso hanno elevati livelli di insulina), così come quelle che soffrono di diabete, hanno un rischio considerevolmente superiore alla media di sviluppare un cancro e di morirne rispetto a quanto si verifica nei malati normopeso.
La seconda osservazione è stata sperimentale: le cellule tumorali, per crescere in provetta, hanno bisogno di molto zucchero, di molta insulina e di ormoni simili a essa (come l’insulin-like growth factor 1 o Igf1) ed esprimono sulla loro superficie molte proteine fatte apposta per captare insulina e Igf1, di norma quasi assenti. Da decenni questi due indizi agitavano i sonni di molti ricercatori, che non riuscivano ad attribuire loro una spiegazione razionale, ma negli anni successivi altri tasselli sono andati nella stessa direzione fino a comporre, almeno nelle sue linee essenziali, un quadro che ha una sua logica e che aiuta a spiegare anche altri effetti finora oscuri, come il fatto che chi si sottopone a severe restrizioni caloriche (che causano un crollo dell’insulina) ha un rischio inferiore di avere un cancro.

In sintesi, le cellule per diventare tumorali farebbero ricorso a circuiti metabolici specifici e diversi da quelli usati dalle cellule sane per incamerare molto zucchero e, grazie all’insulina e all’Igf1, per utilizzarli non solo come fonte di energia, ma anche come materiale per produrre tumori. Se questa è la situazione, è del tutto evidente che ciò che mangiamo è davvero fondamentale, nello sviluppo e nella crescita di molti tumori.
Come spiega Cristiano Simone, ricercatore dell’Università di Bari e dell’Istituto Mario Negri di Santa Maria Imbaro, autore di studi molto importanti in materia finanziati anche dall’Airc (Associazione italiana ricerca sul cancro) con gli introiti delle Giornate delle Arance (vedi scheda qui sopra): “Oggi abbiamo un’idea molto più articolata dell’influenza dell’alimentazione sul rischio-cancro, e sappiamo appunto che l’insulina è cruciale. Studiandone le funzioni, abbiamo scoperto che al centro di molte reazioni che legano l’insulina all’innesco della proliferazione neoplastica c’è una proteina chiamata P38 alfa, e che è possibile intervenire su di essa ottenendo effetti a volte molto significativi”.
In provetta e nei modelli animali, se si blocca questa proteina, sottolinea Simone, si arresta la crescita delle cellule malate e anzi, se ne induce la morte. Inoltre, esperimenti su animali hanno già mostrato che farmaci specifici potenziano l’effetto tanto della chemioterapia quanto dei farmaci biologici. Non solo, aggiunge Simone: “Con questi farmaci sono in corso sperimentazioni cliniche su persone colpite da mieloma e da alcune malattie infiammatorie croniche, e i primi risultati sono incoraggianti, anche perché hanno mostrato che non sono tossici. Sarà quindi molto interessante vedere che cosa succede nei pazienti, alla fine di questi studi”.

In attesa che sul mercato si affacci dunque una nuova classe di antitumorali che prendono di mira l’insulina e i suoi complicati circuiti, un dato è comunque certo, dal momento che l’ormone è regolato direttamente da ciò che mangiamo: l’azione dei nutrienti non si limita a danneggiare alcuni pezzi di Dna o a proteggerne altri, ma si esplica in modo assai più complicato e indiretto. “Per questo”, commenta ancora Simone: “E’ così importante che l’organismo sia mantenuto in una condizione stabile nella quale l’insulina svolge le sue funzioni ma non è in eccesso e non scatena quindi gli eventi che possono portare al cancro”.
In altre parole, per avere un effetto protettivo è indispensabile abituarsi fino da piccoli a mangiare molte fibre (verdura e frutta), poca carne, pochi grassi, pochi zuccheri, molti alimenti integrali e oli ricchi di grassi insaturi, perché tutto ciò che noi mangiamo influenza lo stato generale di salute dell’organismo e i comportamenti delle singole cellule: se queste trovano un terreno fertile per la crescita, ricco di insulina e con proteine come la P38 alfa in piena attività, lo fanno, mentre se l’ambiente è in qualche modo ostile diventa molto più complicato dare il via alla cancerogenesi e, soprattutto, portarla avanti.

di Agnese Codignola

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