Mr. Holmes-Il mistero del caso irrisolto

regia Bill Condon sceneggiatura Jeffrey Hatcher cast Ian McKellen (Sherlock Holmes) Laura Linney (Mrs Munro) Milo Parker (Roger) Hiroyuki Sanada (Mr Humizaki) Patrick Kennedy (Thomas Kelmot) Hattie Morahan (Ann Kelmot) Nicholas Rowe (il giovane Holmes) genere commedia durata 118′

Pignolo, scorbutico e irritante come solo i vecchi sanno essere, un disilluso Sherlock Holmes si è ormai ritirato dalla ribalta di Londra e vive allevando api in un cottage del Sussex, non lontano dal mare. Con lui abita la governante irlandese Mrs Munro e suo figlio Roger, un ragazzino di 11-12 anni dotato di spirito di iniziativa, intuito e acume superiori alla media della sua età. Siamo nel 1947 e Holmes ha ormai passato la novantina. Nel corso del film veniamo a sapere che non ha mai fumato la pipa, che non ha mai indossato mantellina e cappello a scacchi e che il motivo del suo ritiro a vita privata è dovuto a un caso irrisolto: il primo e unico nella sua smagliante carriera di detective. Ma il passato ritorna, sotto forma di vecchi fogli di appunti, che il curioso Roger legge, con grande disappunto del vegliardo. Tra i due però ben presto si instaura un legame di simpatia e ammirazione reciproca, cementato anche dalla passione del ragazzino per le api.

La storia si dipana quindi soprattutto nel delineare il rapporto tra “nonno” e “nipote” che nel vecchio caso irrisolto e nell’ancor più preoccupante caso a sua volta irresolubile di moria negli alveari trovano un terreno di intesa che supera il gap generazionale. Il tutto sotto lo sguardo accigliato della madre di Roger che vorrebbe lasciare il suo ruvido datore di lavoro per un’occupazione più appagante e remunerativa.

Film d’attori, imperniato sulla “strana coppia” vecchio-bambino con un collaudatissimo e istrionico McKellen in cilindro e redingote e un sorprendente Milo Parker, perfettamente a suo agio accanto a un mostro sacro della scena britannica. Efficace la sceneggiatura, che rende il film gradevole e scorrevole, ottima la regia capace di mescolare passato e presente alternando flash back e flash forward con sapiente dosaggio. E la morale è quanto di più antiholmesiano si possa immaginare: la razionalità non è tutto, e neppure la deduzione logica tanto care al detective. Per risolvere il caso irrisolto sarebbe bastato un po’ più di empatia. Elementare, Sherlock!

Auro Bernardi: Nel 1969, quando ero al liceo, il film La Via Lattea di Luis Buñuel mi ha fatto capire cosa può essere il cinema nelle mani di un poeta. Da allora mi occupo della “decima musa”. Ho avuto la fortuna di frequentare maestri della critica come Adelio Ferrero e Guido Aristarco che non mi hanno insegnato solo a capire un film, ma molto altro. Ho scritto alcuni libri e non so quanti articoli su registi, autori, generi e film. E continuo a farlo perché, nonostante tutto, il cinema non è, come disse Louis Lumiére, “un'invenzione senza futuro”. Tra i miei interessei, come potrete leggere, ci sono anche i viaggi. Lo scrittore premio Nobel portoghese José Saramago ha scritto: “La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro. Bisogna ricominciare a viaggiare. Sempre”. Ovviamente sono d'accordo con lui e posso solo aggiungere che viaggiare non può mai essere fine a se stesso. Si viaggia per conoscere posti nuovi, incontrare altra gente, confrontarsi con altri modi di pensare, di affrontare la vita. Perciò il viaggio è, in primo luogo, un moto dell'anima e per questo è sempre fonte di ispirazione.
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