Da vedere in DVD: “Ammore e malavita”, dei Manetti Bros.

Domanda: si può ridere della mafia? Risposta: sì. Seconda domanda: si può metterla in musica? Risposta: ancora sì. Precedenti non mancano da “Johnny Stecchino” di e con Benigni, ai più recenti lavori di Pif. Dalla sceneggiata di meroliana memoria alle fiction televisive tra una gomorrata e l’altra. Insomma: buoni ultimi, Marco & Antonio Manetti si sono trovati la strada spianata in questa loro scorribanda malavitosa-musicale nel ventre di Napoli. Per raccontare la storia di don Vicie’ Strozzalone e di sua moglie Maria, dei loro scagnozzi Ciro, Rosario e Gennaro e dell’orfanella Fatima, minuscolo, insignificante granello di sabbia finito suo malgrado nel marchingegno camorristico del boss, dei suoi tirapiedi e dei suoi avversari. Per mandarlo in frantumi anziché esserne stritolata. In comune con “Johnny Stecchino” c’è l’escamotage del sosia, con Mario Merola l’eterno repertorio della canzone napoletana, con Gomorra&C. la violenza bruta, le stragi, la legge della giungla urbana e del controllo del territorio. Niente di nuovo sotto il sole, dunque? Risposta: ni. Perché se è vero che, da un lato, i Manetti pescano a piene mani dai repertori citati, per altro verso riescono a imbastire un racconto con tratti originali e persino alcuni buoni momenti di cinema. Resta il domandone di fondo: perché buttarla in musica? Una storia come quella inscenata poteva essere benissimo una qualsiasi fiction più che dignitosa. Ben recitata, ben orchestrata, ben collocata in quel magnifico scenario artistico e naturale che è Napoli e la sua costa. E poi perché tutte quelle citazioni cinematografiche? Per farci capire che i Bros. sono accaniti cinefili? Che sono “filmofagi”? Comunque ininfluente ai fini del racconto. E poi, ancora: perché quella partenza surreale con tanto di morto che gorgheggia nella bara per poi arrivare, nel classico finale “telefonato”, al più piatto realismo televisivo? E ancora: che c’azzecca con tutto il resto il tour di turisti “Made in Usa” alle Vele di Scampia, con scippo incorporato? E molte altre ridondanze narrative. Insomma, facciamola breve: se un film (di qualsiasi genere e tipo purché non firmato da Ingmar Bergman) alla fine lascia più domande che risposte, allora c’è qualcosa che non va. A dispetto anche della montagna di premi “David” accumulati. Meritatissimi peraltro, ma questo la dice lunga sullo stato di salute del cinema italiano. Buccirosso, ormai abbonato alle parti di piccolo o grande mafioso, è più che encomiabile, quantomeno per non dare segni di stanchezza all’ennesima interpretazione nello stesso ruolo. La Gerini trova finalmente un personaggio che la valorizzi (il che è tutto dire) e i comprimari (Morelli, Raiz, Rossi ecc.) sono l’esito di un casting più che perfetto. Bilancio finale? Vedi la risposta alla domanda qui sotto.

E allora perché vederlo?

Per i panorami, gli attori, l’intrigo (tra uno sbadiglio e l’altro).

sceneggiatura Michelangelo La Neve, Manetti Bros. cast Carlo Buccirosso (Vincenzo Strozzalone) Claudia Gerini (Maria Strozzalone) Giampaolo Morelli (Ciro Langella) Serena Rossi (Fatima) Raiz (Rosario) Franco Ricciardi (Gennaro) Antonio Buonomo (Mimmo Langella) Marco Mario De Notaris (medico PS) genere musical prod Ita, 2017  durata 133 min

Auro Bernardi: Nel 1969, quando ero al liceo, il film La Via Lattea di Luis Buñuel mi ha fatto capire cosa può essere il cinema nelle mani di un poeta. Da allora mi occupo della “decima musa”. Ho avuto la fortuna di frequentare maestri della critica come Adelio Ferrero e Guido Aristarco che non mi hanno insegnato solo a capire un film, ma molto altro. Ho scritto alcuni libri e non so quanti articoli su registi, autori, generi e film. E continuo a farlo perché, nonostante tutto, il cinema non è, come disse Louis Lumiére, “un'invenzione senza futuro”. Tra i miei interessei, come potrete leggere, ci sono anche i viaggi. Lo scrittore premio Nobel portoghese José Saramago ha scritto: “La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro. Bisogna ricominciare a viaggiare. Sempre”. Ovviamente sono d'accordo con lui e posso solo aggiungere che viaggiare non può mai essere fine a se stesso. Si viaggia per conoscere posti nuovi, incontrare altra gente, confrontarsi con altri modi di pensare, di affrontare la vita. Perciò il viaggio è, in primo luogo, un moto dell'anima e per questo è sempre fonte di ispirazione.
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