“Mistero a Crooked House” di Gilles Paquet-Brenner

Sceneggiatura Julian Fellowers dal romanzo “Crooked House” di Agatha Christie Cast Max Irons (Charles Hayward) Stephanie Martini (Sophia Leonides) Terence Stamp (isp. Taverner) Glenn Close (Edith de Haviland) Christina Hendricks (Brenda) Gillian Anderson (Magda) Julian Sands (Philip Leonides) Christian McKay (Roger Leonides) Preston Nyman (Eustace) Honor Kneafsey (Josephine) Roger Ashton-Griffith (notaio Gaitskill) genere poliziesco durata 110 min

Agatha Christie non si discute: si prende e si porta a casa. Anche perché il film di Paquet-Brenner cattura e coinvolge fin dalle prime immagini. In una piovosa Londra degli anni ’50 un’avvenente ragazza entra nello studio di un giovane detective privato per lanciargli la più classica delle proposte a cui non si può rinunciare: indagare nel più stretto riserbo sulla morte di suo nonno, un magnate di origine greca, avvenuta nella principesca dimora di campagna dove vive l’intera famiglia del riccone. Naturalmente ciascuno tra moglie, figli, nuore, nipoti, parenti e affini ha motivi da vendere per volere (o determinare) la morte del patriarca nonché un cospicuo tornaconto di cui godere. In più tra il detective e l’ereditiera c’era stato del tenero, tempo prima, troncato sul nascere senza un plausibile motivo. Dunque motivo scatenante di un altrettanto improvviso ritorno di fiamma. Insomma, senza dilungarci oltre sul “plot”, abbiamo già capito di che pasta è fatto il film, con l’aggiunta di un cast (semi)stellare in cui accanto agli emergenti Irons jr (figlio del più noto Jeremy) e Martini, ai collaudati Anderson, Sands e McKay, giganteggiano un’ironicissima Glenn Close e uno scorbutico Terence Stamp al meglio della loro forma. Tra atmosfere alla “Dieci piccoli indiani” e “Assassinio sull’Orient Express”, tanto per citare due classiconi cinematografici dalla Christie, anche questo “Mistero a Crooked House” si dipana inesorabile fino al “crescendo” finale con la scoperta dell’insospettabile tra gli insospettabili come autore del delitto. Le citazioni ci fanno peraltro capire come il vero succo della vicenda non sia tanto la trama poliziesca in sé, quanto la definizione dei caratteri dei vari personaggi e delle loro personali motivazioni all’omicidio, nel più velenoso nido di vipere che si possa immaginare. In questo il regista è ottimo: ponendosi al servizio del copione e curando soprattutto le atmosfere e il “décor”. Per ottenere un film che non impegna più di tanto, ma che fa passare due buone ore di sano “enterteinment”.

Auro Bernardi: Nel 1969, quando ero al liceo, il film La Via Lattea di Luis Buñuel mi ha fatto capire cosa può essere il cinema nelle mani di un poeta. Da allora mi occupo della “decima musa”. Ho avuto la fortuna di frequentare maestri della critica come Adelio Ferrero e Guido Aristarco che non mi hanno insegnato solo a capire un film, ma molto altro. Ho scritto alcuni libri e non so quanti articoli su registi, autori, generi e film. E continuo a farlo perché, nonostante tutto, il cinema non è, come disse Louis Lumiére, “un'invenzione senza futuro”. Tra i miei interessei, come potrete leggere, ci sono anche i viaggi. Lo scrittore premio Nobel portoghese José Saramago ha scritto: “La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro. Bisogna ricominciare a viaggiare. Sempre”. Ovviamente sono d'accordo con lui e posso solo aggiungere che viaggiare non può mai essere fine a se stesso. Si viaggia per conoscere posti nuovi, incontrare altra gente, confrontarsi con altri modi di pensare, di affrontare la vita. Perciò il viaggio è, in primo luogo, un moto dell'anima e per questo è sempre fonte di ispirazione.
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