Mai così vicini

Michael Douglas e Diane Keaton in una scena del film

regia: Rob Reiner, cast: Michael Douglas (Oren Little), Diane Keaton (Leah), Scott Shephered (Luke Little) Sterling Jerins (Sarah), Rob Reiner (il pianista), Frances Sternhagen (Claire), genere: commedia, durata: 110′

Volendo parafrasare per questo film il celebre romanzo di Gabriel García Marquez L’amore al tempo del colera, dovremmo parlare di Amore al tempo del colesterolo. Nel senso che la storia ruota attorno a due grey panthers ancora capaci di sognare, di lottare, di innamorarsi. Un lui&lei molto d’attualità del resto, tra i 65 e i 70, in una tranquilla cittadina del Sud degli Usa. Vicini di casa nell’improbabile condominio di villette quadrifamiliari con giardino chiamato Little Shangri-La con voluto gioco di parole sul cognome dell’inquilino-proprietario: Oren Little.
Oren, del resto, è un agente immobiliare e sta vendendo un’altra sua vecchia proprietà, con parco e piscina, per ritirarsi dal mestiere. Vedovo, scorbutico, egoista e anche un po’ prepotente, è l’esatto contrario della sua vicina d’uscio Leah, anch’essa vedova, ma artista, sognatrice, generosa e sempre disponibile con tutti.
A scombussolare il placido andazzo di Little Shangri-La (e di Oren) arrivano però due altri Little: Luke (suo figlio) e Sarah, 9 anni, figlia di Luke, della cui esistenza nonno Oren era del tutto ignaro. Da tempo, infatti, padre e figlio non si parlano e continuerebbero a farlo se Luke non dovesse scontare qualche mese di prigione per un piccolo reato e non potesse affidare la bimba a nessun altro eccetto suo padre. È la molla che innesca l’azione, con Leah e Oren forzatamente alleati nello spupazzarsi la piccola e tutta una serie di ritrovati affetti familiar-sentimentali che parevano morti e sepolti con i rispettivi coniugi.
Per certi versi siamo dalle parti del Lago dorato, ma Douglas non è Henry Fonda (né Keaton Katharine Hepburn), e soprattutto i rispettivi personaggi sono troppo esili perché i due pur bravi attori ne cavino qualcosa di più che figurine Liebig.

Auro Bernardi: Nel 1969, quando ero al liceo, il film La Via Lattea di Luis Buñuel mi ha fatto capire cosa può essere il cinema nelle mani di un poeta. Da allora mi occupo della “decima musa”. Ho avuto la fortuna di frequentare maestri della critica come Adelio Ferrero e Guido Aristarco che non mi hanno insegnato solo a capire un film, ma molto altro. Ho scritto alcuni libri e non so quanti articoli su registi, autori, generi e film. E continuo a farlo perché, nonostante tutto, il cinema non è, come disse Louis Lumiére, “un'invenzione senza futuro”. Tra i miei interessei, come potrete leggere, ci sono anche i viaggi. Lo scrittore premio Nobel portoghese José Saramago ha scritto: “La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro. Bisogna ricominciare a viaggiare. Sempre”. Ovviamente sono d'accordo con lui e posso solo aggiungere che viaggiare non può mai essere fine a se stesso. Si viaggia per conoscere posti nuovi, incontrare altra gente, confrontarsi con altri modi di pensare, di affrontare la vita. Perciò il viaggio è, in primo luogo, un moto dell'anima e per questo è sempre fonte di ispirazione.
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