Da vedere al cinema: “Hasta la vista” di Geoffrey Enthoven

tit. orig. idem sceneggiatura Pierre De Clercq cast Robrecht Vanden Thoren (Philip) Gilles De Schryver (Lars) Tom Audenaert (Jozef) Isabelle De Hertogh (Claude) Kimke Desart (Yoni) Ketelijne Verbeke (mamma di Philip) Karel Vingerhoets (papà di Philip) Karlijn Sileghem (mamma di Lars) Johan Endelberg (papà di Lars) Marilou Mermans (mamma di Joseph) genere commedia lingua orig fiammingo, francese, inglese, spagnolo prod Belgio 2011 durata 113 min.

 

Philip, tetraplegico, Jozef, ipovedente, e Lars, malato terminale su una sedia a rotelle. Tre giovani di famiglie benestanti, tre amici amanti del vino tanto da frequentare corsi di enologia. Tre personalità diverse e un problema comune: non essere mai andati con una donna. E il desiderio impellente di colmare la lacuna. Girato nel 2011, arriva adesso questo piccolo film belga denso di significati e ben congegnato su una tematica non certo consueta. Anche se il contemporaneo, ma ben più fortunato al botteghino, “Quasi amici” di Nakache e Toledano aveva in certo modo aperto la strada. Sì, perché i tre amici della staffa hanno escogitato un piano niente male per sacrificare sull’altare di Venere il loro pesante fardello: un viaggio nelle regioni vinicole di Francia e Spagna per nascondere il vero obiettivo finale, un bordello di lusso nella regione di Murcia le cui “operatrici” sono specializzate in quel tipo di clientela.

Con il consenso dei genitori, i tre organizzano tutto e assoldano un infermiere con camper attrezzato se non che all’ultimo momento il sanitario è costretto a dare forfait. I giovani devono perciò ripiegare su una sorta di “PianoB” ingannando i parenti e affidandosi a una corpulenta infermiera, Claude, alla guida di uno scassatissimo furgoncino. Per giunta il viaggio comincia malissimo. I tre non si intendono con la donna al volante nemmeno sul piano linguistico essendo loro fiamminghi mentre lei, a quanto pare, parla solo francese. Insomma il viaggio va avanti di disastro in disastro e con i genitori alle calcagna i quali, ovviamente, non sono stati a guardare una volta scoperta la fuga. Col racconto della trama ci fermiamo qui, anche perché il punto della questione non è il “cosa” si dice, ma il “come”. E il regista riesce sempre a trovare il modo giusto, dalla delineazione dei caratteri, allo sviluppo dei momenti cruciali, all’intreccio di umorismo e dramma. Ne risulta un film gradevole a vedersi, ben recitato e ambientato. Un moderno apologo sulla diversità e la forza dell’amore, sull’amicizia e la forza della solidarietà, sui valori della vita e sulla loro affermazione anche in condizioni difficili. Abbiamo accennato alla bravura del cast. Va sottolineato che per un attore la difficoltà della parte è quasi sempre inversamente proporzionale alla libertà dei movimenti e certo una sedia a rotelle o un bastone bianco non sono vincoli da poco (vedi, per tutti, Javier Bardem in “Mare dentro”, 2004, di Alejandro Amenábar)

 

E allora perché vederlo?

Per un ripasso sui vari modi in cui si può declinare la parola “solidarietà”.

Auro Bernardi: Nel 1969, quando ero al liceo, il film La Via Lattea di Luis Buñuel mi ha fatto capire cosa può essere il cinema nelle mani di un poeta. Da allora mi occupo della “decima musa”. Ho avuto la fortuna di frequentare maestri della critica come Adelio Ferrero e Guido Aristarco che non mi hanno insegnato solo a capire un film, ma molto altro. Ho scritto alcuni libri e non so quanti articoli su registi, autori, generi e film. E continuo a farlo perché, nonostante tutto, il cinema non è, come disse Louis Lumiére, “un'invenzione senza futuro”. Tra i miei interessei, come potrete leggere, ci sono anche i viaggi. Lo scrittore premio Nobel portoghese José Saramago ha scritto: “La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro. Bisogna ricominciare a viaggiare. Sempre”. Ovviamente sono d'accordo con lui e posso solo aggiungere che viaggiare non può mai essere fine a se stesso. Si viaggia per conoscere posti nuovi, incontrare altra gente, confrontarsi con altri modi di pensare, di affrontare la vita. Perciò il viaggio è, in primo luogo, un moto dell'anima e per questo è sempre fonte di ispirazione.
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