Da vedere in DVD: “Dolor y gloria” di Pedro Almodóvar

titolo orig. id. sceneggiatura Pedro Almodóvar cast Antonio Banderas (Salvador Mallo) Penélope Cruz (Jacinta giovane) Asier Etxeandia (Alberto Crespo) Leonardo Sbaraglia (Federico) Nora Navas (Mercedes) Julieta Serrano (Jacinta anziana) César Vicente (Eduardo) Asier Flores (Salvador bambino) genere commedia prod Spagna 2019 durata 108 min.

 

Salvador Mallo è un bambino sensibile, portato per lo studio e le arti, affezionatissimo alla mamma Jacinta. Siamo nella Spagna bigotta e fascista dei ‘50 e per studiare Salvador deve entrare in seminario perché la sua è una famiglia povera. Sessant’anni dopo Salvador è un regista cinematografico in crisi creativa, con una serie di acciacchi psicosomatici legati al “blocco dello scrittore”. Vive autorecluso nel suo lussuoso appartamento madrileno in compagnia dei quadri di Guillermo Pérez Villalta, sporadicamente visitato dalla vecchia amica-badante Mercedes. Erotomane ed eroinomane, Salvador riannoda a fatica i legami con il passato. Che sia quello remoto di un’infanzia difficile, ma tutto sommato felice, quello più prossimo di una giovinezza scapestrata o quello ancor più recente di amicizie precarie e silenzi dell’anima. Il tutto riversato in un monologo teatrale per l’amico-nemico Alberto Crespo che ha il singolare effetto di far riemergere dalle nebbie dei tempi andati il lontano amore di Federico.

Doppiata la boa dei 70 anni, Almodóvar gioca con il teatrino dei burattini almodovariani e rimescola abilmente le carte tra realtà e finzione. Sceglie come alter-ego il Banderas-feticcio che lui stesso ha contribuito a creare e si riveste degli abiti del vecchio saggio per insegnarci come bisogna prendere la vita. E come uscire dalla tossicodipendenza. Detto questo, ossia che Dolor y gloria è un film che si merita tutto intero il prezzo del biglietto, non ci uniamo però ai peana del resto della critica che lo ha lodato senza riserve… riservando, in aggiunta, gli elogi più vibranti alla performance del protagonista. A noi il film è parso un po’ troppo compiaciuto e Banderas un filino leziosetto. Peccati veniali, senza dubbio, ma che appannano un po’ lo smalto generale. Tutto sommato preferiamo ancora l’Almodóvar regista di donne a questo auto-Almodóvar che aggiunge poco al talento che già gli conosciamo e aggiunge anche poco al ritratto in nero di una Spagna conformista e bigotta che pure già conosciamo a menadito. Doverosa la citazione finale per la grafica e le animazioni di Juan Gatti, piccolo film nel film.

 

E allora perché vederlo?

Perché tutti, tra i 60 e i 70, siamo portati a fare bilanci. E non sempre i conti tornano.

Egidio Zanzi:
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