La famiglia Vanzina: l’arte di far ridere

Steno ci ha lasciato nel 1988. Con lui scompare il capostipite della ditta Vanzina, quella dei suoi figli Carlo, regista ed Enrico, sceneggiatore

 

Piccolo di statura, magro, elegante, nervoso, ma educato con i suoi baffetti caratteristici, Steno, al secolo Stefano Vanzina, ci ha lasciato la mattina del 12 marzo 1988 colpito il giorno prima da un ictus. Con lui scompare il capostipite della “ditta Vanzina”, quella dei suoi figli Carlo, regista ed Enrico, sceneggiatore. Steno, un cineasta che per 40 anni ha saputo fare ridere con i suoi film il pubblico italiano, nasce ad Arona sul lago Maggiore il 10 gennaio 1917. Nel 1930 quando Alberto, il padre del piccolo Vanzina, muore, la madre Giulia si trasferisce con il suo bambino a Roma. Dopo il liceo classico Stefano consegue la laurea in giurisprudenza, ma i suoi orizzonti sono di altro tipo. Prima dello scoppio della guerra frequenta il Centro Sperimentale di Cinematografia e poi entra come vignettista, disegnatore e redattore nel prestigioso periodico “Marc’Aurelio”. Lì lavora al fianco di Zavattini, Metz, Marchesi, Maccari e poi più tardi con Scola, Fellini, Age, Scarpelli, che diventeranno scrittori di cinema di alto livello. Dopo l’8 settembre 1943, è costretto a fuggire da Roma insieme al regista Mario Soldati, al giornalista Leo Longanesi e al famoso pugile Enzo Fiermonte. Attraverso i campi e trovando generosa ospitalità presso alcuni contadini, i fuggitivi arrivano fino a Napoli ormai liberata dalle truppe alleate. Nel giugno 1944 Steno può ritornare a casa, nella Roma dalla quale finalmente le truppe nazifasciste sono fuggite incalzate dalle armate angloamericane, accolte con gioia dalla popolazione felice per la fine di un incubo.

Vanzina riprende a lavorare nel cinema anche se Cinecittà, occupata dagli sfollati dei bombardamenti, è ancora inagibile. In poco tempo scrive oltre 30 sceneggiature sia di film d’azione che di commedie. Nel ’49 esordisce dietro la macchina da presa con Al diavolo la celebrità e poi dirige sette pellicole in collaborazione con Mario Monicelli (Totòcerca casa, Vita da cani, Èarrivato il cavaliere, Guardie e ladri, Totò e i re di Roma, Totò e le donne, Le infedeli). Nel ’52 firma da solo Totò a colori, il primo film a colori italiano che propone i migliori sketch delle riviste del grande comico napoletano. Steno, che si distingue per la leggerezza del suo tocco, diventa il maestro della commedia, della sublime arte di far ridere, ma capace anche di raccontare il nostro paese con i suoi pregi  e con i suoi difetti.

“Guardie e ladri”

Cralo Vanzina

Straordinario direttore di attori (Chiari, Tognazzi, Rascel, Sordi, Vitti, Melato, Dorelli, Villaggio, Montesano, Abatantuono e tanti altri), il regista ci regala anche un delicato affresco storico, Le avventure di Casanova, 1954, con il bravissimo Gabriele Ferzetti, che sarà massacrato dall’ottusa censura dell’epoca, ma poi molti anni dopo restaurato e riproposto con grande successo alla Mostra del Cinema di Venezia. Nel 1971 gira La polizia ringrazia, che ha il merito di inaugurare il nuovo filone di grande popolarità detto “poliziottesco”. Vanzina senior è sempre stato un assertore convinto dell’importanza strategica della sceneggiatura di ferro, su cui costruire il successo di un film.  “Per dirla come René Clair – dice in un’intervista all’Unità del 24 gennaio 1985 – sono ancora convinto che la regia è la difesa della sceneggiatura. Bisogna tornare alle sceneggiature “scritte”, alle storie, alle idee. Il cinema italiano è in crisi anche perché, per tanti anni i produttori hanno creduto di guadagnare miliardi solo mettendo insieme due comici di grido. La storia veniva dopo. Ovviamente non devi mai dirigere un film contro l’attore, ma puoi guidarlo, assecondarlo con misura, fargli notare l’eccesso inutile”.

Steno e i figli

Nel ’76 firma il mitico Febbre da cavallo, un vero e proprio film di cult amato da intere generazioni di spettatori, che dopo aver fatto centro al botteghino, sarà apprezzato attraverso molti passaggi televisivi da un pubblico sempre più numeroso. Un successo che porterà il figlio Carlo a realizzare un remake nel 2002 dal titolo Febbre da cavallo – La mandrakata, con Luigi Proietti e Enrico Montesano richiamati nei loro vecchi ruoli del primo film. Nel 1979 Vanzina, con la sceneggiatura da lui scritta insieme a Giorgio Arlorio e al figlio Enrico, firma La patata bollenteprotagonista Massimo Ranieri nel ruolo di Claudio, un gay salvato da un agguato neofascista da Bernando, interpretato da Renato Pozzetto, un operaio comunista super sindacalizzato. Tra i due, dopo una iniziale diffidenza, nascerà un’amicizia sincera e rispettosa di ogni forma di “diversità”.  Il film delicato e intelligente, ottiene una buona accoglienza da parte della critica e del pubblico.

La scomparsa di Stefano Vanzina ha pesato molto sul cinema italiano e sulla nostra commedia, quella che mette in risalto l’italiano medio e il suo modo di approcciarsi alla vita. “Ha dei rimpianti?” chiede Michele Anselmi su l’Unità del 24 gennaio 1985 al regista. “No, non mi pare – risponde -. Sono però un po’ stanco di fare film comici perché-come dicono i produttori- la gente vuole fare solo quattro risate. So fare anche altre cose. Per questo fui molto contento quando un critico romano, Cosulich, ai tempi di La polizia ringrazia, citò, tra i possibili ispiratori, Fritz Lang. Lui non lo poteva sapere. Ma M è da sempre uno dei miei film preferiti”.

“Toto a colori”

Enrico Vanzina

Figli di Steno, Enrico nato il 26 marzo 1949 e Carlo nato il 13 marzo 1951, cresciuti anche sotto l’occhio vigile della loro mamma Maria Teresa Nati, una bellissima donna molto intelligente e attiva, frequentano la prestigiosa scuola Chateaubriand e si formano assorbendo l’atmosfera magica del mondo del cinema. Enrico a due anni viene portato sul set del film diretto dal padre, Guardie e ladri e viene fotografato sulle ginocchia di Totò e Aldo Fabrizi. Tre anni dopo i due fratelli sono immortalati insieme ad Alberto Sordi sul set di un’altra pellicola famosa di Steno, Un americano a Roma (la foto di quell’incontro è ancora sopra la scrivania di Enrico). Ben presto i Vanzina, circondati dall’affetto, oltre che dei loro genitori, anche da quello di tanti attori, registi, attrici e registi italiani, non tradiranno il loro dna cinematografico.

Dopo un lungo apprendistato a Cinecittà e dintorni, Enrico, sceneggiatore e Carlo, regista, si impongono nel 1982 con il film Eccezziunale… veramenteseguito l’anno dopo da Sapore di mare, due successi strepitosi che danno vita a una nuova commedia all’italiana, lo specchio della società italiana degli anni 80, fatta di tv, moda, pubblicità, ma anche caratterizzata da una certa volgarità frutto dei mutamenti sociali di quell’epoca.

“Eccezziunale… veramente”

“Con mio fratello Carlo – racconta Enrico nel suo bel libro Una famiglia italiana – Mondadori entriamo al cinema Adriano dove proiettano Eccezziunale…veramente – C’è una bolgia infernale. La proprietaria del cinema, la signora Anna Amati, ci dice: ‘Il vostro film ha battuto tutti i record d’incassi di questo cinema!’.  È un trionfo. Pochi mesi dopo al cinema Empire, esce un altro nostro film, Sapore di mare. Carlo e io, all’uscita, veniamo letteralmente abbracciati dagli amici e dal pubblico. Stavolta l’accoglienza è commovente. Passo un anno e sugli schermi arriva Vacanze di Natale. Il successo dura ancora oggi”.  La “ditta Vanzina” proseguirà a sfornare altri film campioni d’incassi, spesso ritratti feroci della nuova borghesia italica, come Yuppies- I giovani di successo e Le finte bionde. Anche il loro modo di interpretare il genere thriller piace al pubblico che apprezza pellicole quali Mystère (1983), Sotto il vestito niente (1985), Tre colonne di cronaca (1990) Squillo (1996), Sotto il vestito niente-L’ultima sfilata (2011). La coppia regista-sceneggiatore si impegna ancora nel disegnare con una certa abilità e sensibilità l’ambiente familiare con le sue gioie e i suoi dolori in Il pranzo della domenica (2003) e Un matrimonio da favola (2014).

Prolifici, i due fratelli, che hanno assorbito la lezione del padre, geniale maestro d’ironia, continueranno a realizzare  altre pellicole quasi sempre premiate al botteghino, come il già citato remake Febbre da cavalloLa mandrakata (2002) e Il ritorno del monnezza (2005), fino alla prematura scomparsa di Carlo avvenuta l’8 luglio 2018 a 67 dopo una lunga malattia. I loro film, all’epoca stroncati dalla critica cinematografica, oggi sono visti come ritratti non privi di interesse, dell’Italia del disimpegno sociale e politico degli anni ’80. Il cognome dei Vanzina rimarrà per sempre impresso sugli schermi per aver saputo farci sorridere con l’arte della commedia, forse un privilegio tutto italiano.

 

“Sotto il vestito niente”

 

Pierfranco Bianchetti:
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