Al Quirino per “L’Uomo, la bestia e la virtù”

Quale miglior recensione della commedia di quanto scriveva Pirandello al grande attore brillante Antonio Gandusio il 22 febbraio 1919, poco dopo avergli spedito la commedia: “Ella avrà certamente notato il riposto senso di essa, pieno d’amarezza beffarda, che la fa una delle più feroci satire contro l’umanità e i suoi astratti valori. La comicità esteriore della favola non è che la maschera grottescamente arguta di questa amarezza: l’avrei voluta anche, se non avessi temuto d’offender troppo il pubblico e gli attori che debbon recitare le parti, più sguajata, per una superiore coerenza estetica. Deve avere per forza una faccia di buffoneria salace, spinta fin quasi alla sconcezza, vorrei dire una faccia da baldracca, questa commedia ove l’umanità è beffata così amaramente e ferocemente nei suoi valori morali. L’espressione di questo senso riposto culmina chiara, lampante, nella scena del secondo atto, in cui l’uomo, cioè il signor Paolino, trucca la signora Perella, cioè la Virtù, come una baldracca appunto. Perché questo senso riesca esplicito, tutta l’impostazione delle singole scene (…) dev’essere caricaturale, per modo che la commedia appaja veramente un apologo (…)”.

La messa in scena attuale al “Teatro Quirino” rispecchia le parole di Pirandello: una grottesca beffa al falso perbenismo del prof. Paolino che, approfittando dell’assenza del marito legittimo, il capitano Perrella, seduce la signora Perrella che resta incinta e rischia le ire di un marito che non ha più interesse fisico per la sua scialba moglie, ma che resta pur sempre sua moglie.

Nella prima parte della commedia i ruoli sembrano esattamente definiti: la signora Perrella è la virtù, il Capitano è la bestia che insegue solo il suo istinto e Paolino è l’uomo che si fa amico della Virtù maltrattata.

Un inatteso bimbo in arrivo sconvolge le carte in tavola. L’uomo perde tutta la sua etica e, per paura, cerca di trasformare la virtuosa amante in una tentatrice. Con l’aiuto del medico e del farmacista, prepara una torta energetica afrodisiaca destinata a risvegliare l’interesse del capitano per la moglie che e lo farà diventare “presunto padre ufficiale” del nascituro.

Nella seconda parte i ruoli, che erano ben definiti, sono rimescolati e la commedia si trasforma in una grottesca farsa: il Capitano rientra nel suo ruolo di uomo e focoso marito, la Signora smette di essere Virtù e torna ad essere donna soddisfatta e Paolino che ha ordito l’imbroglio, un po’ per falso perbenismo e molto per paura, è l’immagine di un povero cane bastonato.

Geppy Gleijeses è Paolino, Lello Arena è il Capitano Perrella, Marianella Bargilli la signora e con loro Renata Zamengo, Mimmo Mignemi e Vincenzo Leto. I costumi sono di Adele Bargilli, le scene di Paolo Calafiore, le musiche di Mario Incudine, le luci di Luigi Ascione e le foto di Federico Riva.

La regia di Giuseppe Dipasquale.

Molte risate “in corso d’opera” e tanti applausi alla fine. Gli spettacoli continuano al Quirino sino al 15 marzo.

Attilio A. Romita: il mio anno di nascita, 1938, coincide con la nascita di Z1, il primo vero Elaboratore Elettronico programmabile, realizzato dall’ing. Tedesco KonradZuse (1910-1995). Ventisette anni dopo, nel 1965 ho iniziato a trafficare con bit e byte. Mi sono occupato di grandi calcolatori e reti di medi e piccoli macchine. Ho scritto programmi, disegnato procedure e progettato soluzioni per assicurazioni, banche, telemedicina, telco. Mi sono occupato di organizzazione, marketing e controllo di gestione ed ho coordinato progetti europei. La mia carriera di dipendente è terminata nel 2003 ed è iniziata la mia carriera di consulente durante la quale ho tentato di aiutare gli altri ad utilizzare le molte nozioni ed esperienze raccolte in tanti settori diversi dello ICT (Information Communication Tecnology) Roma Aeroporto Fiumicino
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