Al Quirino di Roma, “Luci della ribalta”, come Charlie Chaplin l’avrebbe voluto

da martedì 31 gennaio ore 21 fino al 12 febbraio

Antonio Salines   Marianella Bargilli

LUCI DELLA RIBALTA

di Charlie Chaplin

adattamento teatrale Eleonora Zacchi- scene Federico Cautero- costumi Chiara Aversano- musiche Roberto Fia

regia Giuseppe Emiliani

Dopo trattative durate alcuni anni, Antonio Salines ha ottenuto dalla famiglia Chaplin i diritti teatrali di Luci della ribalta, forse il film più famoso del grande comico e certamente il suo testamento spirituale. Come tutti sanno la trama narra la storia di un grande clown in declino, Calvero (Antonio Salines), e del suo incontro con una bella e sfortunata ballerina, Teresa (Marianella Bargilli). I due si incontrano, lui le salva la vita e, accogliendola in casa con pazienza e dedizione, riesce a restituirle l’uso delle gambe, ritrovando egli stesso una ragione di vita. Teresa sboccerà come un fiore in primavera e anche Calvero dopo tante vicissitudini tornerà al successo. Lei si innamorerà di lui e quel sentimento non nascerà dalla riconoscenza, sarà amore vero. Tutti ricordano le musiche del film (tra le colonne sonore più famose di sempre) e la scena finale del “concertino comico” tra Charlie Chaplin e Buster Keaton. L’operazione è un autentico evento culturale-teatrale e meta-cinematografico, si avvale di un grande cast, una regia prestigiosa e l’adattamento teatrale, fedele e creativo, di Eleonora Zacchi.
Il risultato è uno spettacolo di grande divertimento e commozione.

Note di regia

Ricordo perfettamente la prima volta che vidi il film Luci della ribalta di Chaplin. Ero  bambino. Erano i primi anni sessanta: gli anni in cui la RAI trasmetteva in bianco e nero, gli anni in cui, di sera, più famiglie su riunivano a casa di qualcuno che possedeva il televisore (ricordo il mitico Telefunken!) per passare una piacevole serata assieme vedendo un film o qualche teleromanzo. Ricordo, come fosse ieri, la commozione dei presenti durante la scena finale della morte di Calvero…

La seconda volta che  rividi il film fu in un vecchio cinema di periferia nel 1975, l’ultimo giorno in cui era consentito fumare al cinema. Ricordo la sala strapiena di spettatori avvolti da una fitta nebbia… Era percepibile una strana eccitazione: tutti i presenti si sentivano parte di  una comunità che celebrava per l’ultima volta il rito di fumare  in un luogo pubblico, assieme, guardando un film destinato a rimanere  nella loro memoria, perché legato a un evento fuori dell’ordinario.

Ecco: Luci della ribalta, per me, è legato a questi due episodi: al ricordo di una comunità che si riunisce per condividere una forte emozione. Mi affascina l’idea di mettere in scena, per la prima volta  in teatro, quest’opera di Chaplin. Mi emoziona l’idea di offrire l’opportunità al pubblico di rivedere a teatro una vicenda che appartiene all’immaginario collettivo.

Ho la sensazione che oggi gli spettatori abbiano il desiderio di lasciarsi accompagnare da storie capaci di emozionare e (perché no?) commuovere. È mia intenzione offrire al pubblico la possibilità di lasciarsi coinvolgere da una vicenda ricca di motivi che non hanno età: l’amore, le delusioni, la paura di non farcela, la voglia di riscatto, il desiderio di realizzare i sogni, lo sforzo di trovare un senso positivo all’esistenza e soprattutto il grande amore per il teatro che riesce a dare colore al grigiore della realtà.

Il pubblico assisterà a uno spettacolo che, sia drammaturgicamente sia visivamente, avrà un vivace montaggio cinematografico. Sarà come vedere una vecchia pellicola in bianco e nero in cui inaspettatamente irrompe, all’improvviso, il colore perché si accendono le luci della ribalta. E tutto, quasi per magia, si trasforma: la realtà riscopre la poesia, il divertimento, la leggerezza. E chi assiste assapora il coraggio di commuoversi.

Quando sulla ribalta si spegneranno le luci sull’ultimo ballo di Teresa restituita alla vita e all’arte da un atto d’amore puro e generoso di Calvero, resterà la sensazione forte che l’immaginazione è “il più grande giocattolo della felicità”. Solo l’immaginazione e  la fantasia creatrice accendono il desiderio e restituiscono il senso della vita, alimentano il fuoco sotto la cenere. Perché, in fondo, pur nelle angosce e le difficoltà del quotidiano, quando ogni speranza sembra solo una remota possibilità, un irraggiungibile approdo, la fantasia ci offre la consapevolezza che “nulla finisce, cambia soltanto” .

Non resta che esserne consapevoli e non smettere di credere che la vita possa sorprenderci ancora. Per una nuova, lucente, ennesima ribalta.

Giuseppe Emiliani

 

 

redazione grey-panthers:
Related Post