A proposito di sessualità, della nostra sessualità

Quasi contemporaneamente, in questo mese di novembre, sugli schermi è apparso il film della regista Sophie Hyde, Il piacere è tutto mio”, con Emma Thompson protagonista, e sui palcoscenici di Milano Le nostre anime di notte con la regia di Serena Sinigaglia e con Lella Costa protagonista. Strana coincidenza perché entrambi parlano di sessualità degli anziani, con un evidente attenzione alla sessualità delle donne anziane.

In genere ne parlano poco sia i media sia le donne stesse, ad esempio nei gruppi di lavoro con donne dai 60 agli 80 anni che ho tenuto negli scorsi anni  ho notato una sorta di reticenza, come se fosse qualcosa che disturba condividere con l’altra. Forse perché sentono il peso di affrontare un argomento che la società, il senso comune considera ancora un tabù a questa età?  Un tabù che spesso irride e svalorizza, come se fare all’amore in vecchiaia fosse qualcosa di sgradevole, impudico. disturbante. Con immagini che vengono in mente a tutti: due vecchi rugosi e rinsecchiti che se la spassano con l’uso di lubrificanti.

O forse perché anche noi siamo reticenti a svelare qualcosa che ha a che fare con la parte più nascosta di noi? Forse perché non abbiamo una trama di esperienze da condividere? Non lo so. Resta il fatto che negli incontri e nelle interviste che ho fatto, anche se abbiamo affrontato il tema, la comunicazione era meno immediata, meno aperta, più allusiva. Da un lato, per quelle che vivono in coppia, questa spinta alla sessualità appare più debole, prevale in molte la constatazione che la sessualità ha preso altre strade, verso un desiderio di affettività, di vicinanza, di tenerezza senza rapporto sessuale, senza penetrazione, nella consapevolezza, tuttavia, che per gli uomini è difficile ottemperare a questo desiderio.

Quindi una forte divaricazione tra sessualità maschile e sessualità femminile. Dall’altro lato, per quelle che non hanno un compagno o un marito, per quelle che sono sole, forse è difficile ammettere che il desiderio – anche se, a volte, non sempre, resta vivo – si nutre più di sogni e di storie immaginate che di incontri reali. Poi naturalmente tutto può accadere…

Ed è accaduto, nel film e nella rappresentazione teatrale che ho citato. E quello che è accaduto è che sono e donne a prendere l’iniziativa, a volere qualcos’altro, a far vivere il proprio desiderio, a chiedere che il desiderio si trasformi in realtà. In due forme e con modalità diverse e in un certo senso opposte.

Nel testo teatrale, – trasposizione di un romanzo di Kent Haruf – il desiderio è quello di vicinanza, di affettività, di condividere la notte con un altro essere umano, per parlare, per tenersi la mano . E la forza di questo desiderio riesce a convincere anche l’uomo a condividere la novità di questa forma di vicinanza, senza sessualità esplicita. Solo alla fine si incontreranno anche sessualmente, ma avverrà perché hanno parlato.  Ma non è questa la fine, perché a intralciare il loro rapporto interviene la forza brutale del pregiudizio che non tollera la ribellione al senso comune, al tabù. uesta la finequesta

 Nel film è una donna vedova di 63 anni che improvvisamente sente che nella sua vita è mancato qualcosa, che lei non ha mai saputo, con il solo partner che ha avuto – il marito- che cosa possa veramente significare fare all’amore, esperienza che lei riassume  in un’affermazione categorica, “non ho mai avuto un orgasmo” e lo dice a un giovane uomo, un escort che lei, con il coraggio anche di esporsi brutalmente al giudizio dell’altro, ha “comprato” per un pomeriggio in una stanza d’albergo. Qui in un certo senso si ribaltano i ruoli: è lei che all’inizio elenca scolasticamente tutto quello che vorrebbe fare con lui, è lui che le fa capire che non è così che lei potrebbe “avere un orgasmo”. Che la sessualità è qualcosa di più complicato di un elenco di posture. E solo quando entrambi si rivelano nella loro umanità e fragilità, dopo una burrascosa rottura del rapporto, potrà avvenire il “miracolo”.        

Sono due modi diversi di interpretare la sessualità anziana, lontani dagli stereotipi imperanti che la condannano e la irridono, o ne fanno un imperativo dettato proprio dalla negazione della vecchiaia e legato a una impossibile giovinezza. E che spinge la scrittrice Susan Moon a scrivere: “Mi dà veramente fastidio il modo che ha la gente di dire sempre, senza educazione che anche gli anziani sono sexy e che possono avere una vita sessuale ricca e così via…a prescindere da ciò che una persona anziana ha voglia di fare nel proprio letto, e che mi va bene in ogni caso, non voglio avere l’impressione che ci sia qualcosa di sbagliato in me se non lo faccio. Rivendico il diritto di perdere l’abitudine a mano a mano che invecchio…ecco l’intimità mi manca, molto….quando faccio un respiro profondo, il vento entra in me e mi riempie di sé. Ho una profonda intimità con l’acqua, la terra, il fuoco e l’aria””

 

 

 

 

 

 

Marina Piazza: sociologia, femminismo, donne, studi sulla vecchiaia
Related Post