La fontana della giovinezza

LA FONTANA DELLA GIOVINEZZA

Ho portato in gita a Roma i miei suoceri, 67 e 68 anni, dopo l’influenza suina, il mal di schiena, il gelo. Non erano mai andati da nessuna parte, eccetto un viaggio di nozze a Venezia e un week end ad Assisi dopo essere sopravvissuti a un tumore maligno. Mia suocera ricordava di un lontano giorno a Firenze in quarta elementare, mentre mio suocero in teoria ha girato il mondo per lavoro, ma in pratica il suo girare era tra gli aeroporti e le ditte in cui veniva spedito per sistemare i macchinari progettati da lui. Ha visto tanti bulloni e tanti cacciaviti stranieri, più che altro.

La settimana prima i due soggetti parevano una dependance del nosocomio geriatrico, poverini. Poi gli è presa la preoccupazione per il viaggio, che nelle loro ansie iniziava a diventare una gita su Marte. Riusciremo a prendere il treno? Esisterà ancora la linea Milano-Roma venerdì prossimo? Non è meglio rimandare visto che tra otto mesi è Natale e bisogna portarsi avanti con i preparativi? Riusciremo a camminare o ci stancheremo dopo dieci minuti? E se cade l’aereo? Ah, certo, andiamo in treno. E se cade un aereo sul treno?

Se ci rubano il portafoglio? Se ci rubano le valigie? Se ci rubano i vestiti che abbiamo addosso? Se ci rubano il treno e noi rimaniamo con i sedili sulle rotaie? E se finisce il mondo il giorno prima, facendoci sprecare i soldi dei biglietti? Non è meglio che ci abbandonate sul pack e ci andate voi che siete giovani con i bambini? Il fatto è che siamo troppo vecchi. A cosa serve a due carcasse come noi visitare una città? Non ci ricorderemo niente e ormai è troppo tardi.

Tutte preoccupazioni condivisibili, ovviamente, a parte quella circa il fatto che sia tardi. Ho detto loro che è tardi per chi non è curioso, per chi dà per scontato il concetto del cambiare cielo, per chi va in giro numerando i posti che visita giusto per contarli e non per amarli. Comunque siamo partiti, il treno non è stato rapito dagli alieni e Roma c’era ancora, tant’è che l’abbiamo trovata lì dove era previsto fosse.

Serafina e Zaccaria erano stanchi, una volta alla Stazione Termini, come se si fossero all’improvviso pentiti di non essere rimasti a casa. Avanzavano a testa bassa, demotivati. Poi svoltiamo un angolo e si presenta la Fontana di Trevi. Visione banale e scontata, di nessun palpito per noi che a Roma ci siamo già stati più volte e non vedevamo l’ora di essere in albergo. Loro invece erano estasiati, come se questa benedetta fontana fosse chissà che meraviglia. Cosa che è, quando la si guarda con occhi nuovi. Vecchi quanto si vuole, ma nuovi a quell’emozione. Ammirarla attraverso il loro stupore l’ha resa una rivelazione anche per noi.

Poi, arrivati al Pantheon, il miracolo si è rifinito. Di fronte a quel solido ancestrale edificio sono cambiati, come mutati geneticamente per il peso dell’età di ciò che stava davanti ai loro occhi stupefatti. La vista di un oggetto bimillenario li ha fatti ringiovanire all’improvviso. Forse solo per similitudine con un vecchio energico tempio che porta così bene gli anni, anche loro si sono sentiti pieni di forze.

Quattro giorni su e giù per i sette colli, tra cose arcinote e nuove scoperte, tra fori cadenti e pitture scintillanti. Abbiamo camminato una media di nove ore al giorno, arrancando dietro i due anziani rinati. Due persone felici, dal primo all’ultimo momento e anche dopo, una volta tornati a casa.

A giugno andiamo a Firenze, poi vedremo. Abbiamo rotto il ghiaccio della decadenza con questa terapia di ringiovanimento cellulare che è l’andare a vedere cose belle. Terapia per loro, gli ex-vegliardi, ma anche per noi, che attraverso di loro abbiamo avuto l’occasione di apprezzare Roma con lo sguardo primigenio e innocente che avevamo perso. Portare a spasso i nonni ci ha aperto un orizzonte.

Mia suocera adesso ogni sera sfoglia l’album delle foto. Dice che le foto digitali da guardare al computer sono stupende, ma le ha fatte stampare perché per lei poterle toccare è un po’ come essere ancora lì. Le guarda e legge le guide e i libri che ha comprato, per fissare nella memoria le cose belle che ha avuto la fortuna di vedere. Per ricordare quando, da ragazzina qual era la settimana scorsa, ha visto la Cappella Sistina. Lei sogna ancora, quando ci pensa. Mi sono fatta la convinzione che nella Fontana di Trevi ci siano momenti in cui scorre l’acqua della giovinezza. Trovare una sorgente da cui sgorghi qualcosa di bello: forse viaggiare serve a questo.

 Contributo di Clementina Coppini

Clementina Coppini: scrive più o meno da quando aveva sei anni, un po’ come tutti. Si è laureata in lettere classiche ma non si ricorda bene come ci sia riuscita. Scrive su Giornalettismo, il Cittadino di Monza (la sua città), El-Ghibli, www.grey-panthers.it e su un paio di giornali cartacei. Ha pubblicato tanti libri per bambini, qualche romanzo come feuilleton su Giornalettismo, un romanzo con Eumeswil e adesso le è venuta questa idea del romanzo in costruzione. Ha una famiglia, due figli, un gatto e si ritiene, non è chiaro se a torto o a ragione, una discreta cinefila e una brava cuoca. Va molto fiera delle sue ricette segrete, che porterà con sé nella tomba.

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  • Quando si parla di vecchiaia come di una decadenza totale, senza più desideri o sogni, mi arrabbio. "Quanto più siamo vecchi, tanto più grandi sono i nostri desideri" ha scritto Marina Cvetava, una acuta letterata. E poi ricordo un saggio di un illustre gerontologo, il prof Francesco Antonini che ha fatto uno studio sulla vecchiaia degli artisti ( Michelangelo, Monet, ecc) deducendo che la grande età può essere "l'età dei capolavori" quando le esperienze sono filtrate in una luce nuova. La cosa importante da ricordare (anche ai meno giovani) è che i vecchi - specie le donne- non siano messi da parte come ruderi ma se ne riconosca ancora il valore, meglio se con affetto e dolcezza.

  • "Le anziane , dai capelli bianchi, che san miti parole,
    son fiori della vecchiaia per i mortali",

    scritto da Erinna , una poetessa romana del IV secolo a.C.

    auguriamoci che questa osservazione valga anche ai nostri giorni, in tempi in cui imperversa una immagine della donna come eterna "velina", meglio se adolescente.

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