Maria Lai, l’artista che tiene per mano il sole…

“Tenendo per la mano il sole” è il titolo della grande mostra che il MAXXI, il Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo di Roma, dedica all’artista sarda Maria Lai, nata nel 1919 a Ulassai, in provincia di Nuoro e morta nel 2013. Una mostra intrisa di paesaggi, tradizioni e volti di una Sardegna e di una umanità autentica, che mette in luce la potenza di una grande artista. Il curioso titolo è tratto da una “fiaba cucita”, raccontata dalla Lai con un filo, che cuce le parole, in un libro di tela. Una delle tante opere che l’artista ha realizzato nella sua lunga attività creativa, ricca di poesia, di storie e di rappresentazioni simboliche. La mostra del Museo di Roma, inaugurata il 18 giugno si protrarrà fino a gennaio 2020 e comprende oltre 200 lavori selezionati dai curatori della mostra, in collaborazione con la Fondazione Stazione dell’Arte di Ulassai, il paese natale dell’artista, che le ha dedicato un museo, e a cui Maria Lai ha donato gran parte delle sue opere.

Maria Lai, è oggi celebrata nel panorama dell’arte contemporanea come artista di fama internazionale. “Il suo messaggio civile e artistico è importantissimo – ha osservato Giovanna Melandri, presidente del MAXXI –  la sua è una poetica delle relazioni di cui il nostro tempo ha tanto bisogno. Molte sue opere sono entrate in importanti istituzioni come il Palazzo Grassi a Venezia, la Villa Borghese a Roma, alle Gallerie d’Italia a Milano. E in importanti istituzioni e musei europei come il Centre Pompidou di Parigi, e la Library Museum of Modern Art di New York.

Dopo un periodo di studi all’Accademia di Venezia, allieva dello scultore Marino Marini e diversi anni trascorsi a Roma, Maria Lai alla fine degli anni Sessanta è ritornata a vivere nella sua Sardegna a cui era fortemente legata. Aveva un grande studio a Cardedu, un paese dell’Ogliastra, vicino alla costa orientale, nella vecchia casa di famiglia, tra gli ulivi. L’edificio, dalla struttura contadina, era abbellito, ai bordi del tetto, dalle sue sculture di galli, scolpiti nella pietra. Lei chiamava le sculture ‘grida di galli’. Ed i galli avevano accanto delle mezze-lune di ferro, come fossero delle insegne nel cielo infinito.

Ho incontrato più volte Maria Lai, e le sono rimasta particolarmente affezionata e riconoscente per le tante forme dell’arte che mi ha aiutato a capire. Fin da quando, poco più che quarantenne, abitava a Roma, insegnava all’Accademia di Belle Arti, frequentava intellettuali e scrittori, fra cui l’amico del cuore Giuseppe Dessì, col quale ricordava alcune fiabe e leggende sarde, che poi ha rappresentato nei libri cuciti. Maria Lai allora lavorava soprattutto con la ceramica, faceva sculture, disegnava ritratti e inventava collage di tela, carta, filo. Inoltre sperimentava tante altre forme creative con materiali diversi, pur restando fuori dai movimenti della Pop Art e dell’Arte povera. L’ho rivista dopo molti anni quando, ritornata in Sardegna, viveva nel grande studio di Cardedu, e allora aveva quasi ottant’anni. Mi raccontava che l’arte le aveva dato certe chiarezze sui fatti della vita, ma nel suo lavoro si ritrovava ogni giorno di fronte a nuove avventure, a nuovi lavori che la portavano a sperimentare materiali e tecniche diverse. Gli anni non le avevano tolto energie ed entusiasmi.

 

I temi eterni dell’identità, delle origini, della femminilità e della memoria; i temi celesti, i motivi cosmici, le geografie di un universo parallelo, erano alla base del suo lavoro e di un nucleo di opere popolate di spiriti benigni, di donne e pastori della sua terra e di un ambiente sempre più vasto. Opere non solo figurative, ma anche astratte, realizzate nel tempo. Abilissima nel passare dal piccolo formato dei libri cuciti, con testi segreti e sacri, alla dimensione monumentale della land art, ha firmato installazioni e performance, soprattutto nella sua terra sarda. Come la celebre “Legarsi alla montagna”, del 1981, un rito collettivo per scongiurare frane e creare con la montagna, un patto di convivenzaIl suggestivo rito reinterpretava una antica leggenda del paese di Ulassai. L’opera è largamente documentata da diverse foto di Berengo Gardin e da un video. E rappresenta il primo intervento di arte relazionale compiuto in Italia.

L’artista e gli abitanti di Ulassai legarono le porte delle loro case e le vie con 27 chilometri di nastri di tela azzurra. Un intervento che mise alla prova le relazioni e i legami tra le persone del paese, in una sorta di grande performance corale.  L’opera aveva carattere non solo artistico, ma anche antropologico. Legare, cucire e tessere erano, d’altronde, alcuni aspetti delle abituali forme d’arte che Maria Lai, sperimentando giorno dopo giorno, aveva creato. Eccezionale e nuovo nella storia dell’arte di quegli anni, il valore simbolico che Maria Lai ha conferito al nastro e al tessuto, che erano diventati simboli di una comunione tra gli abitanti. In gran parte erano donne che diventavano, con quel gesto, testimoni del legame, sancito fra gli abitanti del paese di Ulassai, e del rapporto stretto con le case e il paesaggio in cui vivevano. Una solidarietà sancita dal tempo vissuto assieme, giorno dopo giorno.

 

Fra le avventure artistiche di Maria Lai realizzate sul territorio sardo, è da ricordare l’intervento compiuto nel 1993 in una vallata tra le montagne vicino a Ulassai, intitolato “La scarpata”. È una vasta opera realizzata per arginare una frana, situata non lontana dal paese. L’intervento si estende in un grande e suggestivo spazio verde, con sculture di metallo e grandi pietre poste nella piana, che alludono, nelle forme, alla preistoria e all’ era spaziale. Avventurarsi nel luogo è ancora emozionante.  Un altro importante intervento nel territorio della sua Sardegna è “La strada del rito “ , un percorso nel territorio del Comune di Ulassai che conduce a un santuario, in località Santa Barbara. Sui muri Maria Lai ha scolpito una serie di pani e di pesci di evangelica memoria, ricordando che un tempo davanti a quei muri, avveniva un pellegrinaggio dei paesani, diretti a piedi al santuario. L’opera è stata realizzata nel 1992. Più recente un’altra grande opera costruita nel Parco Eolico di Ulassai: una scultura d’acciaio intitolata “La cattura dell’ala del vento”. E, sempre nello stesso paesaggio, “La casa delle inquietudini”. Un’opera costruita con un enorme murale, dai forti colori, che rappresenta inaspettati e mostruosi draghi, e sembra dialogare con le strutture della grande scarpata. L’opera è ispirata da una favola del poeta Salvatore Cambosu, amico e maestro dell’artista fin dagli anni giovanili.

Nel lavoro quotidiano di Maria Lai sono tante le opere di impatto spaziale minore, e di grande contenuto in cui usava materiali, tecniche e forme di vario tipo, oltre quelle tradizionali della pittura e della scultura. Vanno ricordate le tante “geografie” che creava con la tela e i fili per raccontare spazi, a volte cosmici o stellati, e le mappe celesti di grande suggestione. Costanti da anni nel suo lavoro, sono gli straordinari “libri cuciti”, con scritture immaginarie realizzate sulle pagine di stoffa, ricami e disegni che raccontano storie e fiabe. Per Maria Lai i libri cuciti esprimevano “un bisogno di incontrare più da vicino, e attraverso il tatto l’interlocutore, colui che guarda il libro e lo prende tra le mani per leggerlo e sfogliarlo.“ E lei era sempre pronta a mostrare i suoi libri. “La stoffa suggerisce l’idea della pelle da toccare, il filo tiene il discorso. Il libro è’ un’opera che si percepisce secondo un ritmo, perché le pagine si toccano e si sfogliano una alla volta”. E allora è come seguire nel racconto il ritmo di una musica.

La Fondazione “Stazione dell’Arte” di Ulassai, in collaborazione con l’archivio Maria Lai ha inaugurato il 23 giugno 2019 un’altra mostra, curata dallo storico dell’arte Davide Mariani, dal titolo “Tenendo per mano l’ombra”. Lallestimento multimediale è firmato dal regista Francesco Casu. L’l’intento è mostrare ai visitatori e ai turisti l’intera produzione di fiabe, miti e leggende presenti nell’opera di Maria Lai, per svelarne i significati profondi, che si celano dietro le immagini metaforiche impiegate nei racconti dell’artista. Una buona occasione, se si va in vacanza sulla costa orientale della Sardegna, nella provincia di Nuoro, per vedere questi luoghi molto particolari e approfondirne la conoscenza, ma soprattutto per scoprire le opere di una grande artista, e le storie, i miti, le poesie, tramandate nel tempo, che sono un patrimonio culturale della collettività.

 

Laura Bolgeri:
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