La “Carta dei Diritti” dei figli di ottuagenari

I grandi anziani hanno i loro diritti, ci mancherebbe altro. Diritti che devono far valere, e anche in questo caso ci mancherebbe altro. Bene, ora non stiamo parlando di coloro che si sacrificano fino all’estremo limite e non vogliono mai arrecare disturbo a nessuno. Non ci riferiamo ai nonni che accudiscono i nipoti mentre i figli lavorano o vanno in vacanza in Thailandia e che alla fine, quando non servono più, si mettono in un angolo in silenzio e neanche degli anziani che ringraziano per il poco tempo che la famiglia dedica loro, centellinandolo come fosse oro. E nemmeno intendiamo riferirci a coloro che si spendono per gli altri finché le forze li sostengono. No, ci riferiamo a quelli che hanno ben chiaro ciò che ritengono sia loro dovuto e lo chiedono apertamente.

Dobbiamo continuare a fare finta che la categoria dei genitori viziati non esista? Invece c’è e prospera, ammettiamolo francamente. Il sospetto è che questi vecchietti terribili non siano diventati egoisti con l’età, ma che lo fossero anche prima. Le loro vittime preferite sono i figli single, perché “tanto non hanno famiglia” e quindi possono immolarsi alla causa della madre e del padre ottuagenari. Sono disposti ad abbassarsi a ogni ricatto morale per ottenere tempo e attenzione.

Tali soggetti si sentono autorizzati a chiamare i figli a ogni ora del giorno e della notte per prodursi in lacrimevoli geremiadi. Domandano al figlio, che veleggia tra i quaranta e i cinquanta (e oltre), come sta, ma solo per sentirsi dire che va tutto bene: non è contemplato alcun altro genere di risposta, perché non hanno alcuna intenzione di prendere in considerazione problemi altrui. Chiedono tanto per apparente cortesia, giacché la loro primaria intenzione è raccontare ciò che hanno fatto, visto e soprattutto sofferto durante la giornata. Danno per scontato che il figlio (o la figlia) stia bene, e se così non fosse, preferiscono ignorarlo e passare oltre.

Sono capaci di uscirsene con frasi orrende: per esempio, tu arrivi da tua madre trafelato dopo una giornata terrificante, sei fradicio perché sei uscito senza ombrello, e lei, che ti aveva fatto preoccupare perché ti aveva telefonato dicendoti che aveva uno strano mal di stomaco (e invece si sta mangiando un chilo di gelato), ti accoglie con un “Ma che faccia orrenda hai stasera! A proposito, non sarebbe ora di andare dal parrucchiere? E, già che ci sei, di comprare dei vestiti meno smorti?”

Chiedi se per cortesia può evitare di chiamarti di continuo in ufficio e lei, dopo averti ricordato come la tua professione sia in realtà più assimilabile a uno spasso che a un lavoro vero, ti descrive le sue fatiche passate che al confronto l’epopea del Klondike pare una vacanza ai Caraibi. Se osi dire che te l’ha già detto un milione di volte esclama “Con tutti i sacrifici che abbiamo fatto io e tuo padre per darti un’educazione guarda qui che modi!” Ah, la più grande arma della storia: il ricatto morale! Intanto il papà, quando c’è, è in salotto che si finge più sordo di quanto non sia.

Ti accasci sulla sedia sfinito e lei, dopo averti detto “Ma mangi abbastanza?”, ti offre una coppetta di gelato al pistacchio. Sa benissimo che detesti il gusto pistacchio, ma vaniglia e cioccolato ha visto bene di finirseli lei, mentre ti faceva i suoi commenti salaci.

Alle 19,30 ti accompagna alla porta perché comincia il suo programma preferito (non lo confesserà mai nemmeno sotto tortura, ma il tuo tempo è scaduto e ora la disturbi). Torni a casa distrutto, mangi una pizza surgelata e ti abbatti sul cuscino dopo aver visto dieci minuti di un film che hanno già dato otto volte in tivvù nelle scorse due settimane. La sentirai di nuovo alla una e trenta di notte, quando ti farà cadere dal letto per chiederti se stavi dormendo.

Questo quando la grande anziana è di buon umore. Altrimenti ti fa schiumare, lei piange, tu urli, lei ti rinfaccia le cose più assurde, tu scleri, lei fa la faccina triste e tu sei indeciso se garrotarla o sentirti in colpa.

Oltre alla “Carta dei Diritti dell’anziano” bisognerebbe pensare a una “Carta dei Diritti dei figli degli ottuagenari”. È tempo di rifletterci seriamente. Intanto ogni giorno va in scena il dramma ibseniano di vecchi genitori che hanno smarrito l’empatia e figli di mezza età che hanno dimenticato la tenerezza.

(-continua)

 

Clementina Coppini: scrive più o meno da quando aveva sei anni, un po’ come tutti. Si è laureata in lettere classiche ma non si ricorda bene come ci sia riuscita. Scrive su Giornalettismo, il Cittadino di Monza (la sua città), El-Ghibli, www.grey-panthers.it e su un paio di giornali cartacei. Ha pubblicato tanti libri per bambini, qualche romanzo come feuilleton su Giornalettismo, un romanzo con Eumeswil e adesso le è venuta questa idea del romanzo in costruzione. Ha una famiglia, due figli, un gatto e si ritiene, non è chiaro se a torto o a ragione, una discreta cinefila e una brava cuoca. Va molto fiera delle sue ricette segrete, che porterà con sé nella tomba.
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