CD e altre musiche di settembre, di F. Nuzzo

In queste ultime e ancor torride giornate d’estate, tormentate da funesti movimenti tellurici, cosa può proporvi di più consolante e rinfrescante una rubrica musicale che le aeree volte di una cappella palatina, sublimate dalle inquietanti arditezze di musiche mai ascoltate?

La cappella è la Basilica di Santa Barbara, nel Palazzo Ducale di Mantova, le musiche sono di Giovanni Battista Dalla Gostena ed è Irene De Ruvo che ce le propone su un prezioso organo di Graziadio Antegnati della seconda metà del ‘500. Polifonista e legato alla scuola franco-fiamminga, Dalla Gostena fu maestro di cappella e organista alla cattedrale di San Lorenzo a Genova, la sua città natale.

Arcana pubblica questa prima integrale delle sue musiche per organo – delle poche che ci sono pervenute – in edizione esclusivamente digitale (non troverete, cioè, questo disco in negozio, ma potrete scaricarne il contenuto su internet). Irene De Ruvo è la raffinata ed intensa interprete delle 18 Fantasie  e delle trascrizioni che Dalla Gostena fece di noti madrigali di compositori suoi contemporanei: Susane un jour, Mais que sert la richesse a l’homme, Pis ne me peult venir (Susanna, un giorno, Ma che serve la ricchezza all’uomo, Peggio non può succedermi).

Sempre più frequenti sono le video che presentano le produzioni discografiche più interessanti, aggiungendo al fascino del suono la suggestione di immagini che – come in questo caso – ambientando le musiche nei luoghi in cui vennero create, evocano tutta la magia e l’atmosfera delle loro origini.

Dalla Gostena

Genus cromaticum – Irene De Ruvo: organo – Arcana (77’18)

  Genus cromaticum


Fabrizio Chiovetta   

Bach Keyboard Suites BWV 809, 825, 831 – Fabrizio Chiovetta: pianoforte – Aparté (71’)

Ancora un disco per alimentare l’eterna polemica sulla legittimità (o meno) dell’interpretazione delle musiche di Johann Sebastian Bach al pianoforte. Ed, ancora una volta, non cederò alla tentazione di andare a ripescare i soliti, mai esauriti, argomenti, ormai sclerotizzati dall’abuso che se n’è fatto, in un senso e nell’altro. La migliore, la sola risposta è nella verità di questo splendido cd, nella verità di un Bach che – se ne ha l’impressione – finalmente sottratto ai suoi doveri di pedagogo, si diverte – per non dire se ne frega – dell’autenticità o meno dello strumento adoperato. Questa verità è nella testa e nelle dita di Fabrizio Chiovetta e prende le sue radici in una libertà autorizzata dalla sua profonda, istintiva comprensione degli umori, dell’impulso melodico che nutrono questi capolavori al di là di ogni rigore formale.

Il giovane virtuoso ginevrino ha scelto l’Ouverture in stile francese BWV 831, la Partita n°1 BWV 825 e la Suite Inglese n°4 BWV 809 – per illustrare la sua visione del genere, il più adatto, certo, alla libertà ed alla vastità di respiro del suo fraseggio, ad una spontaneità che si illumina di un’illusione d’improvvisazione che mai turba, tuttavia, il rigore della fedeltà.

Non si può che sperare una prossima registrazione dell’integralità di questi capolavori.

  Fabrizio Chiovetta


David Oistrakh String Quartet  

Tchaikovsky & Shostakovich – String Quartets n° 2, op.22 e n°8, op.110 – Muso (65’21)

Occultata dallo splendore delle dalle Sinfonie, dalla musica dei balletti e dai Concerti per violino e per pianoforte, la musica da camera di Piotr Ilitch Tchaikovsky raccoglie cionnonpertanto tesori di ispirata invenzione. Sono opere che si giovano a pieno delle risorse di quel prodigioso strumento che è il quartetto d’archi – senza dimenticare il Trio con pianoforte «Alla memoria di un grande artista» o il Sestetto per archi «Souvenir de Florence» – per svolgere l’intima narrazione dei sentimenti più misteriosi e segreti del compositore, come rivestiti dal saio di un’austerità che rifugge dalle eclatanti e distraenti sonorità della grande orchestra.

In questo bel disco, il Quartetto n° 2, op.22, sobrio, quasi astratto, pudico nell’Adagio iniziale, ma sfrenato, martellante in una straordinaria empatia – che non avevo sino ad ora mai rilevato – con il Quartetto n°8, op.110  scritto circa un secolo dopo da Dimitri Shostakovich, che completa il cd. Un’opera maggiore, questa, dedicata «alle vittime del fascismo e della guerra», scritta in un periodo difficile per il compositore, tanto sul piano personale quanto nelle sue relazione con le autorità sovietiche, ed una pagina  evidentemente autobiografica nel suo pessimismo: «Mi son detto che dopo la mia morte nessuno penserà a comporre un’opera in mia memoria. Mi son dunque deciso a comporne una io stesso …».

Il cd è il debutto di un giovane quartetto, creato dal violinista Andrey Baranov, primo premio del Concorso Regina Elisabetta del Belgio ed intitolato a David Oistrakh che 75 anni prima aveva vinto lo stesso premio.

Al contrario della quasi totalità delle giovani formazioni di questo tipo, che riuniscono oggi musicisti delle più varie etnie, dall’Italia alla Cina, e dall’Olanda al Sud America, il David Oistrakh è formato da quattro riconoscibilissimi musicisti russi, che si esibiscono in copertina con il loro look severamente impegnato, emblematico del vigoroso approccio a queste musiche in un’intensa espressione dell’anima slava.

   David Oistrakh String Quartet


Les Musiciens et la Grande Guerre XIX  

Dispersion – Casella, Hindemith, Moulaert, Schulhoff, Vierne – Steven Vanhauwaert: pianoforte – Hortus (73’28)

Con la consueta regolarità, Hortus presenta un nuovo cd della sua ambiziosa collezione dedicata ai musicisti che hanno composto negli anni della prima guerra mondiale, più o meno impegnati nel conflitto dalle due parti del fronte. Questo volume XIX raccoglie composizioni per pianoforte, interessanti per la vastità dell’orizzonte percorso, dai 5 Grotteschi del céco Erwin Schulhoff alle Inezie di Alfredo Casella che con opposti ideali esplorano nuovi itinerari espressivi, lontani dal romanticismo, come il tedesco Paul Hindemith con il suo In Einer Nacht (In una notte). Egualmente distanti emotivamente la Sonata inedita del belga Raymond Moulaert, che ignora l’agitazione del conflitto, e Le glas dal Poème des cloches funèbres del francese Louis Vierne, immerso nelle profondità di un dramma umano che vive le lacerazioni della guerra attraverso il dolore personale.

Il pianista belga Steven Vanhauwaert è l’impegnato interprete di questo così variato programma, particolarmente attento ed efficace nella fredda complessità di Hindemith e negli angosciati tormenti di Vierne.

   Les Musiciens et la Grande Guerre XIX

Ferruccio Nuzzo: Dopo una lunga e distratta carriera di critico musicale (Paese Sera, Il Mondo), si è dedicato alla street photo, con una specializzazione ecclesiastica. Vive in campagna, nel sud-ovest della Francia, ove fiere e mercati hanno sostituito cattedrali e processioni. Continua, tuttavia, a mantenere contatti con il mondo della musica, soprattuto attraverso i dischi, e di queste sue esperienze rende conto nella rubrica "La mia Musica. Suggerimenti d'ascolto".
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