L’economia della crescita, un binomio per il Pianeta?

Economia e crescita sembrano essere condizioni fondamentali. Per molti non serve cambiare stili di vita: sostituire le fonti energetiche sarà sufficiente alla salvezza del Pianeta

Il cambiamento climatico, anche se molti non se ne rendono conto, è solo uno solo dei problemi che ci attendono, e che sono dovuti all’eccesso della popolazione, alla scarsità di risorse, all’inquinamento, ai consumi eccessivi, alla globalizzazione… Sembra però che ci siano due modi diversi di dipingere il futuro che ci aspetta: da una parte, molti prevedono catastrofi e disastri, soprattutto dovuti alla mancanza di risorse; al contrario molti economisti, anzi la maggior parte di loro, sono ottimisti. Anche per i più accaniti “difensori del Pianeta” sembra che la crescita sia una condizione fondamentale per il benessere dell’umanità, e quindi la maggior parte delle persone ritengono che possiamo, anzi dobbiamo, continuare così, senza cambiare stile di vita, perché cambiare le fonti energetiche sarà sufficiente.

Economia e crescita, un binomio per il Pianeta?

Analizziamo il punto di vista degli economisti che difendono la crescita, partendo da quanto detto dal dott. Paolo Pamini, economista dell’Istituto Liberale di Lugano, che il 23 settembre 2019 ha partecipato al convegno intitolato “Clima: il dibattito che non c’è”. Il titolo dell’intervento di Pamini era: “Il miglioramento delle condizioni di vita dell’umanità e l’importanza del consumo energetico pro capite”. È possibile vedere in rete le diapositive che ha mostrato in quell’occasione.

Nella storia dell’umanità, sostiene Pamini, non c’è stato momento migliore di oggi per vivere. Lo possiamo vedere da molti indicatori. La mortalità infantile (tra 0 e 5 anni), ad esempio, è un indicatore comprensivo di sviluppo, perché incorpora la qualità del sistema fognario, dell’approvvigionamento idrico, dei valori nutrizionali nella popolazione, del sistema sanitario, nonché la capacità economica delle famiglie di far fronte a spese impreviste, a sua volta possibile a fronte di un avvenuto risparmio personale. Oggi la mortalità infantile nei Paesi più poveri al mondo è paragonabile a quella in Europa negli anni 1930-1940. Non vi è nessun Paese con una speranza di vita alla nascita minore di 50 anni. La percentuale di persone che vivono in condizioni di estrema povertà, che era pari all’85% della popolazione mondiale nel 1800 e al 50% nel 1966, oggi è circa il 9%. Il benessere è correlato in modo chiaro con il prodotto interno lordo pro capite.

Per il futuro, si prevede che il benessere continui ad aumentare. Dividendo  la popolazione mondiale in 4 categorie – in funzione del livello di benessere, Pamini ha presentato lo sviluppo che si prevede per il 2040.

 

Materie prime e popolazione mondiale

Il Simon Abundance Index può essere calcolato per diverse materie prime e mette in relazione l’abbondanza delle risorse con la popolazione. Secondo questo indice, il prezzo delle materie prime è diminuito a un ritmo più veloce dell’aumento della popolazione, quindi l’umanità sta sperimentando una situazione di sovrabbondanza. Secondo questo calcolo, le risorse del pianeta sono diventate più abbondanti del 420% tra il 1980 e il 2022.

In economia la scarsità è un concetto relativo piuttosto che assoluto: per esempio, l’acqua è più scarsa nel deserto e meno scarsa nella foresta pluviale. Gli economisti vedono la scarsità di risorse come una sfida temporanea che può essere risolta attraverso la maggiore efficienza, l’ aumento dell’offerta, lo sviluppo di sostituti e così via. La scarsità relativa porta a prezzi più alti, i prezzi più alti creano incentivi per le innovazioni, e le innovazioni portano all’abbondanza. Il calcolo del Simon Abundance Index tende a dimostrare che le risorse non si esauriscono, anzi, tendono a diventare più abbondanti nel tempo. Quindi secondo gli economisti – o almeno, alcuni di loro – siamo nell’età dell’abbondanza, dove “la tecnologia ha il potenziale per elevare significativamente gli standard di vita per ogni essere umano sul Pianeta”. Anche il commercio, che è una caratteristica della specie umana e non viene praticato dalle altre specie animali, ci aiuta a superare l’eventuale mancanza di risorse.

Il costo delle risorse, come è spiegato in dettaglio nel link citato sopra si può misurare in termini di lavoro umano e di salario medio. I salari medi a livello mondiale sono in crescita. Tra il 1980 e il 2017, i prezzi delle principali materie prime sono diminuiti del 64,7%. Questo significa che il prezzo delle materie prime nello stesso lasso di tempo è diminuito dello 0,934 per cento per ogni aumento della popolazione dell’uno per cento.

Sulla base dell’analisi della relazione tra disponibilità di risorse e crescita della popolazione, gli autori del sito prevedono che il prezzo delle materie prime potrebbe scendere di un ulteriore 29% nei prossimi 37 anni. Molto dipenderà dalle istituzioni e dalle politiche nazionali. Quando i prezzi delle materie prime aumentano, dicono gli economisti, le persone sono incentivate a utilizzare le risorse in modo più efficiente, e a sviluppare sostituti più economici. Quindi si può prevedere che con l’aumento della popolazione, il prezzo della maggior parte delle merci diventerà più conveniente. Ciò che conta secondo loro non sono i limiti fisici del nostro pianeta, ma la libertà umana di sperimentare e re-immaginare l’uso delle risorse di cui disponiamo.

Visto così, questo approccio potrebbe anche essere corretto. Sembra forse più intuitiva però l’idea che in un Pianeta finito le risorse possano finire, e i prezzi aumentare. 

Giovanna Gabetta:
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