Arriva, per primo in Italia, un nuovo farmaco per i dolori osteoarticolari

Si chiama Naprossene sodico 660 mg a rilascio modificato il nuovo farmaco che, caso assai raro, arriva in Italia come primo Paese al mondo e che permette di ottenere un rapido sollievo dal dolore in soli 15 minuti, mantenendo l’effetto analgesico per 24 ore. “Per ottenere rapidità di azione e sollievo dal dolore prolungato” –spiega Alberto Paredes-Diaz, responsabile Terapie Analgesiche, Affari Medici e Sviluppo Clinico Internazionale di Bayer – 660 mg di naprossene sodico sono stati inseriti in un sistema di rilascio modificato tecnologicamente avanzato a due strati, uno dei quali caratterizzato da una matrice idrofila di ipromellosa. Lo strato a rilascio immediato contiene circa il 40% di principio attivo complessivo e si dissolve entro pochi minuti, consentendo il raggiungimento di concentrazioni terapeutiche in tempi rapidi e un sollievo dal dolore in soli 15 minuti. Lo strato a rilascio prolungato contiene il restante 60% del principio attivo e, grazie a un rilascio controllato, lo mantiene in circolo a livelli terapeutici stabili per 24 ore”.

Le malattie osteoarticolari e il dolore che ne consegue, rappresentano un problema sanitario e sociale di crescente importanza, anche per il costante aumento delle aspettative di vita che comporta l’incremento di patologie degenerative legate all’invecchiamento. Non stupisce, quindi, che, secondo la valutazione Global Burden of Diseases, condotta nel 2013 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e pubblicata lo scorso anno sulla prestigiosa rivista Lancet, ai primi dieci posti tra le malattie che maggiormente riducono la qualità della vita, ben cinque siano condizioni primariamente caratterizzate da dolore, e il mal di schiena sia in assoluto la condizione più impattante, per via della sua larghissima diffusione.

Secondo un’indagine quantitativa realizzata a fine 2014 da GfK Eurisko emerge che 29 milioni di Italiani soffrono di dolori muscolo-scheletrici, in particolare il mal di schiena colpisce 21 milioni di individui. I dolori articolari e l’artrosi interessano 11 milioni di persone, in particolare donne. La ricerca rivela che a soffrire di mal di schiena si inizia dai 35 anni di età, mentre i dolori articolari colpiscono prevalentemente una popolazione più anziana con un picco oltre i 55 anni Alla base di entrambi i disturbi ci sono movimenti e posture sbagliate, vita sedentaria e l’invecchiamento. Nella metà dei soggetti il dolore tende a presentarsi tutti i mesi più volte al mese con intensità che varia da moderata a elevata.

Nonostante si tratti di disturbi frequenti, intensi, duraturi e pervasivi, che influiscono in modo importante sulla qualità di vita, le persone tendono a sopportare/resistere al dolore. Solo 1 sofferente su 2 cura il mal di schiena- dice ancora la ricerca GfK-Eurisko-  e 2 su 3 curano i dolori articolari, sottintendendo un bisogno di una soluzione più adeguata. Ci si cura prevalentemente con farmaci orali, anche in concomitanza con creme e cerotti (per un maggior beneficio), attribuendo al medico il ruolo fondamentale nella scelta del farmaco.

“Le malattie osteoarticolari sono tra le prime 10 cause di accesso di un paziente nello studio di un medico di medicina generale – dichiara Aurelio Sessa, presidente Regionale SIMG per la Lombardia – e, secondo l’Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali (OSMED), nel 2015 i farmaci per l’apparato muscolo-scheletrico si collocano al 9° posto in termini di spesa farmaceutica e al 6° posto in termini di consumo. Il medico di medicina generale – continua Sessa – di fronte a un paziente che lamenta dolori osteoarticolari deve svolgere un ruolo di ‘regista’ che, attraverso una valutazione complessiva della storia del paziente, possa raggiungere obiettivi quali ridurre il dolore e la disabilità che ne deriva, migliorare la qualità di vita e raggiungere un equilibrio tra le aspettative del paziente e le strategie terapeutiche. Strategie che devono partire dall’educazione del paziente circa i propri stili di vita, come controllare il proprio peso corporeo, svolgere attività fisica, evitare posture improprie, ridurre sforzi e traumi meccanici, fino alla prescrizione di un adeguato trattamento farmacologico, scegliendo una soluzione che possa coniugare al meglio efficacia e sicurezza, tenendo conto che oggi siamo nelle condizioni di poter personalizzare le terapie a seconda del tipo di dolore e del tipo di paziente”.

Gli antinfiammatori non steroidei (FANS) sono gli analgesici più comunemente prescritti per la gestione del dolore osteoarticolare e la loro efficacia è stata ampiamente dimostrata. “Il naprossene è uno dei principi attivi maggiormente studiati nel trattamento del dolore da osteoartrosi,che rappresenta una delle principali cause di disabilità in tutto il mondo – dichiara Giorgio Gandolini, responsabile del Servizio di Reumatologia dell’I.R.C.C.S. Santa Maria Nascente della Fondazione ‘Don Carlo Gnocchi’ ONLUS di Milano – Utilizzato da 40 anni nella pratica clinica, la sua efficacia è stata dimostrata in numerosi studi clinici, dai quali emerge l’efficacia del naprossene nell’alleviare i sintomi dell’osteoartrosi, non solo sul dolore, ma anche sulla disabilità che da esso ne deriva”. Nella lombalgia acuta (meno di sei settimane di durata) uno studio ha dimostrato una efficacia sostanzialmente paragonabile tra naprossene e diclofenac somministrati per 5 e 10 giorni; entrambi i principi attivi si sono dimostrati in grado di ridurre significativamente il dolore associato alla lombalgia.

“Partendo dal comprovato profilo d’efficacia, la nuova formulazione di naprossene sodico 660 mga rilascio modificato permette di ottenere un effetto analgesico per 24 ore con una sola somministrazione al giorno – continua Gandolini – La nuova formulazione è stata indagata in più di 600 pazienti in due studi randomizzati separati, entrambi creati per valutare l’effetto antalgico a seguito di un’estrazione dentale, un modello ben caratterizzato di dolore. In entrambi gli studi, l’efficacia della nuova formulazione è stata confrontata a placebo, e in uno di questi anche con una dose equivalente di naprossene sodico a rilascio immediato, formulato in compresse da 220 mg assunte tre volte al giorno. In entrambi gli studi, l’efficacia è stata significativamente superiore al placebo per tutti gli endpoint considerati, e in particolare la nuova formulazione ha determinato una riduzione del dolore già dopo 15 minuti dall’assunzione e per una durata di 24 ore,con una sola somministrazione, in maniera paragonabile alla formulazione a rilascio immediato, assunta però tre volte al giorno. Il vantaggio della mono-somministrazione giornaliera si sostanzia in un effetto antalgico costante nell’arco della giornata, minori occasioni di ricomparsa del dolore, e di conseguenza una maggiore aderenza terapeutica del paziente, soprattutto se anziano e politrattato”.

“Il dolore come epifenomeno di un processo degenerativo e infiammatorio delle articolazioni pone delle sfide al medico di medicina generale nei confronti dei propri pazienti, specialmente quelli anziani, che maggiormente presentano disturbi di questo genere – aggiunge Sessa – Se prendiamo, infatti, in considerazione la fascia di età degli ultra 65enni, dobbiamo tenere presente che circa il 50% di essi presenta comorbilità. Sono, dunque, pazienti politrattati, con molteplici fattori di rischio. Per questo motivo è importante prescrivere farmaci che interferiscano il meno possibile con la storia clinica del paziente stesso, favorendo l’aderenza al trattamento”. L’uso diffuso dei FANS è stato messo in discussione a causa della comparsa di complicanze a carico del tratto gastrointestinale superiore e, più recentemente, di eventi cardiovascolari. È importante precisare, tuttavia, che questa classe farmacologica è costituita da molecole che si differenziano anche per il profilo di sicurezza.

Per molto tempo si è sottovalutato il rischio cardiovascolare, puntualizzando e rimarcando prevalentemente quello emorragico del tratto gastrointestinale – continua Sessa – Partendo dalla premessa che la sicurezza dei FANS varia in dipendenza del dosaggio e della durata del trattamento, oggi il medico ha a disposizione un ampio arsenale terapeutico, con la possibilità di scegliere la molecola che espone a minori rischi. Nel caso specifico, naprossene oltre a essere noto da tempo e apprezzato per la sua efficacia analgesica presenta un rapporto benefici-rischi favorevole sia dal punto di visto gastroenterico che cardiologico”. Diversi sono gli studi che supportano la sicurezza gastrointestinale di naprossene sodico nel trattamento del dolore muscolo-scheletrico, quando impiegato per periodi di tempo compatibili con la normale pratica clinica. A riguardo della sicurezza gastrointestinale, sette giorni di trattamento con naprossene sodico al dosaggio di 660 mg ha confermato una tollerabilità gastrointestinale di questo principio attivo sovrapponibile a quella del paracetamolo. Per quanto concerne i rischi cardiovascolari, tematica emersa con la caratterizzazione degli inibitori selettivi della COX2 e successivamente estesa a tutti i FANS, Linee Guida a livello internazionali – NICE, American College of Gastroenterology, American College of Rheumatology, European Society of Cardiology, solo per citarne alcune – raccomandano il naprossene tra i FANS per i pazienti che presentano rischio cardiovascolare. Inoltre, numerosi studi epidemiologici sono concordi nel definire il naprossene come il FANS il cui utilizzo è associato al minor rischio di sviluppare eventi cerebrovascolari” conclude Sessa. (Fonte: Eugenia Sermonti-)

 

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