Anche dal dentista, farmaci antiaggreganti per i pazienti con stent coronarico

Si chiama Surgery After Stenting Registry (SAS) il primo registro multicentrico italiano, frutto di un’attività multidisciplinare che ha coinvolto cardiologi clinici, cardiologi interventisti, anestesisti in accordo con 12 società nazionali di chirurgia (tra cui per esempio chirurgia generale, otorinolaringoiatria, ginecologia, ortopedia, neurochirurgia) e che ha valutato la fattibilità e la sicurezza nella pratica clinica delle Linee Guida SICI-GISE .  Se ne parla nel corso del 36° Congresso Nazionale della Società Italiana di Cardiologia Invasiva (SICI-GISE) che vede riuniti più di 1.600 esperti italiani (Porto Antico di Genova, Centro Congressi – 27-30 Ottobre 2015).

“Il registro è di particolare rilevanza poiché fino ad ora nella prassi clinica è sempre stato consigliato al paziente con stent coronarico di interrompere la terapia antiaggregante, come per esempio l’aspirina, nel momento in cui doveva sottoporsi ad un intervento per evitare eccessivi rischi o complicanze di sanguinamento, trombosi o per esempio infarto peri-operatoriospiega Sergio Berti, Presidente della Società Italiana di Cardiologia Invasiva SICI-GISE. I dati emersi dal registro hanno invece dimostrato che è possibile gestire la terapia antiaggregante, senza interromperla, valutando il profilo di rischio dei pazienti.”

Il registro ha coinvolto 19 centri italiani per un totale di 1.082 pazienti (82% maschi, età media 71 ± 9 anni) già con impianto di stent che si sono sottoposti a vari tipi di intervento chirurgico e ha evidenziato che l’aderenza alle linee guida basate sulla necessità di continuare la terapia antiaggregante nella fase peri-operatoria ha generato una percentuale molto limitata di eventi avversi cardiovascolari maggiori: un tasso di mortalità ospedaliera e infarto miocardico peri-operatorio inferiore al 2%; trombosi dello stent a circa zero (senza ulteriori eventi nei successivi 30 giorni di follow-up) e un tasso di sanguinamento che rimane ben all’interno degli standard chirurgici accettati.

In Italia ogni anno si effettuano circa 142.000 angioplastiche coronariche (di cui 32.000 in corso di infarto acuto) e 12.000 angioplastiche periferiche. Su 142.000 angioplastiche una media del 10-20% dei pazienti può andare incontro nel corso dei 3-8 mesi successivi ad un intervento chirurgico (es. prostata, implantologia dentale, etc.) per un totale di circa 14.000 persone. “Questi dati – commenta Gennaro Sardella, Presidente Comitato Scientifico della Società Italiana di Cardiologia Invasiva SICI-GISE danno l’idea della grande quantità di pazienti in cura con farmaci che inibiscono l’aggregazione piastrinica, che si possono trovare ad affrontare un intervento chirurgico anche banale, come quello di natura odontoiatrica, ma che deve essere gestito per evitare possibili sanguinamenti più importanti rispetto ad un comune paziente. Il SAS suggerisce che non è necessario sospendere la terapia, anzi continuarla è una procedura sicura oltre che fortemente consigliata. Ci auguriamo che queste nuove linee guida verranno applicate sempre di più nella pratica clinica, in modo da evitare inutili rischi.”“Con queste linee guida SICI-GISE si fa capofila a livello internazionale, confermando il ruolo guida della ricerca nel nostro Paese. – precisa Berti – Oggi la Cardiologia Interventistica italiana, anche attraverso tecnologie innovative, è in grado di trattare pazienti sempre più complessi e sempre più anziani con plurime comorbilità e che vengono esclusi dalla chirurgia per elevato rischio di mortalità operatoria. Un approccio di valutazione multidisciplinare e di gestione del paziente in team work è fondamentale al fine di ridurre i rischi e le possibili complicanze procedurali”. 

I numeri della cardiologia interventistica in Italia

In Italia si effettuano ogni anno circa 277.000 procedure diagnostiche tra cui coronografie, angiografie periferiche, cateterismo cardiaco destro e sinistro; 142.000 angioplastiche coronariche (di cui 32.000 in corso di infarto acuto); 12.000 angioplastiche periferiche; 2.600 vulvoplastiche; 600 riparazioni percutanee di insufficienza valvolare mitralica; 2.300 chiusure percutanee di difetti cardiaci congeniti.

Sono oltre 270 i centri di emodinamica presenti su tutto il territorio nazionale e che permettono oggi di trattare pazienti con molteplici patologie cardiovascolari ed elevato rischio (si tratta di pazienti per lo più anziani (21% > 65 anni), 32% donne, 20% diabetici, ad alto rischio di sanguinamento per copatologie associate e con malattia multivasale e calcifica). Il 19% dei laboratori interventistici ha una sala ibrida on-site per il trattamento di patologie strutturali complesse come per esempio l’impianto valvolare aortico per via transcatetere; la terapia percutanea mitralica ed il trattamento percutaneo di insufficienza tricuspidale.

Le malattie cardiovascolari

Le malattie cardiovascolari in Italia provocano il 35% dei decessi maschili e il 43% di quelli femminili. Le malattie del sistema circolatorio causano 240.253 morti (104.987 uomini e 135.266 donne), pari al 41,1% del totale dei decessi. Per le malattie ischemiche del cuore (infarto del miocardio, altre forme acute e subacute di cardiopatia ischemica, infarto miocardico pregresso, angina pectoris e altre forme croniche di cardiopatia ischemica), si registrano 81.429 decessi (41.029 uomini e 40.400 donne), pari al 32% circa del totale delle morti per malattie del sistema circolatorio. Negli uomini la mortalità è trascurabile fino all’età dei 40 anni, emerge fra i 40 e i 50 anni e poi cresce in modo esponenziale con l’età. Nelle donne il fenomeno si manifesta a partire dai 50-60 anni e cresce rapidamente.

LA TERAPIA ANTIAGGREGANTE

COSA E’

Gli antiaggreganti piastrinici sono farmaci che rendono il sangue più fluido impedendo alle piastrine di aggregarsi e quindi di formare trombi. Questo può accadere soprattutto quando nelle coronarie è stato inserito uno stent che, per un certo periodo viene percepito come un “corpo estraneo” dal nostro organismo, e quindi può essere causa di formazione di trombi nel vaso.

COME AGISCE

I farmaci antiaggreganti o antipiastrinici possono agire attraverso tre meccanismi:

  1. Interazione con i recettori piastrinici per sostanze prodotte all’esterno delle piastrine, come il collagene, la trombina, alcune prostacicline e le catecolamine.
  2. Interazione con i recettori piastrinici per sostanze prodotte all’interno delle piastrine come l’ADP, la serotonina e le prostaglandine D2 e E2.
  3. Interazione con i recettori piastrinici per sostanze prodotte all’interno delle piastrine come il trombossano A2, cAMP, cGMP e gli ioni calcio.

 QUANDO PUO’ ESSERE UTILIZZATA

Diminuendo l’aggregazione piastrinica, la terapia antiaggregante può inibire la formazione di trombi nel distretto arterioso della circolazione dove gli anticoagulanti hanno scarso effetto.

Gli antiaggreganti sono usati in soggetti a rischio, o che abbiano avuto un episodio ischemico cardiaco o cerebrale. Nello specifico:

  • dopo un infarto del miocardio, per prevenirne un secondo
  • dopo l’angioplastica, con o senza stent
  • dopo un intervento di by-pass
  • dopo un TIA (attacco ischemico transitorio) cerebrale
  • dopo un Ictus cerebrale ischemico
  • per prevenire l’infarto miocardico nei pazienti con angina stabile o vasculopatie periferiche, soprattutto nei pazienti con multipli fattori di rischio
  • per prevenire degli eventi cardiaci in chi è stato sottoposto a bypass nell’angioplastica coronarica percutanea transluminale (PTCA)
  • nella cura e nella prevenzione delle Arteriopatie periferiche
  • dopo un intervento di disostruzione delle carotidi
  • in presenza di fibrillazione atriale in pazienti giovani o che non possono utilizzare anticoagulanti per diverse ragioni
  • nei pazienti anziani con fattori di rischio aterotrombotico (fumo, sedentarietà, diabete, ipertensione)
  • nei pazienti con elevato rischio di malattie da Trombosi arteriosa (es. diabetici)

QUANDO NON PUO’ ESSERE UTILIZZATA LA TERAPIA ANTIAGGREGANTE

L’utilizzo di questi farmaci è sconsigliato per i pazienti che assumono già anticoagulanti, salvo diversa e specifica indicazione del medico e in pazienti allergici o intolleranti; in pazienti con ulcera gastrica o gastrite che abbiano emorragie in corso o abbiano subito un intervento chirurgico molto recente; in pazienti che hanno avuto emorragie gravi in precedenza. Alcuni di questi farmaci possono, anche se raramente, provocare un calo del numero delle piastrine e dei globuli bianchi circolanti e causare sintomi gastrici e intestinali, come dolori allo stomaco o diarrea: nelle prime settimane di cura è bene eseguire periodicamente un prelievo di controllo per l’emocromo e segnalare al medico eventuali sintomi sospetti.

CATEGORIE DI ANTIAGGREGANTI

I più utilizzati sono:

CHE COSA DEVE FARE UN PAZIENTE PORTATORE DI STENT PRIMA DI SOTTOPORSI AD UN INTERVENTO CHIRURGICO O A INTERVENTI DIAGNOSTICI INVASIVI  

  • MAI sospendere la terapia antiaggregante prima di aver consultato il cardiologo curante
  • Consultare il cardiologo curante o l’emodinamista che ha eseguito la rivascolarizzazione coronarica prima di un intervento chirurgico, per la definizione della gestione della terapia antiaggregante piastrinica in funzione del rischio trombotico ed emorragico, relativi alla specifica situazione clinica del paziente

 

 

 

redazione grey-panthers:
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