OSAMA BIN LADEN E’ MORTO. AL QAEDA FORSE NO.

Le aperture

Corriere della Sera: “Gli ultimi 40 minuti di Bin Laden”, “L’attacco di 14 uomini delle forze speciali Usa al suo fortino in Pakistan. Non s’arrende, due colpi in testa. Una delle mogli sarebbe stata usata come scudo umano. Il cadavere identificato dal Dna e seppellito in mare”.

La Repubblica: “Bin Laden, l’incubo è finito”, “Obama: ora il mondo è più sicuro. Il corpo sepolto in mare. Al Qaeda: ci vendicheremo”. “Lo sceicco ucciso con le armi in pugno in Pakistan da un commando Usa. ‘Si faceva scudo con la moglie’. In un video il funerale islamico sulla portaerei. L’America in festa”.

Il Giornale, con una bandiera stelle e strisce in prima: “Festeggiamo anche noi”, “Siamo tutti americani: Osama ci aveva dichiarato guerra e per questo ora brindiamo. Ma gli islamici italiani non esultano”. E si riproduce una vecchia analisi di Oriana Fallaci sotto il titolo: “La profezia di Oriana: ammazzarlo non ci salverà, migliaia come lui”.

Avvenire: “Muore Bin Laden, non il terrore”.

Europa: “Che farà l’Islam?”. “La morte di Bin Laden può chiudere la guerra di civiltà”.

Il Foglio, con bandiera stelle e strisce in prima: “Domenica, benedetta domenica”, “Un atto di giustizia. Cattura ed esecuzione di Osama, il leone jihadista”. L’Elefantino firma un commento in prima dal titolo: “Apologia dell’America che celebra un atto di giustizia”.

La Stampa ha avvolto la prima pagina in una copertina con due foto a confronto sotto il titolo: “Ground Zero 2001-2011”. Nella prima la piazza devastata, nella seconda la gente in festa ieri sui cantieri della ricostruzione, con sventolìo di bandiere Usa. E all’interno, le tappe del terrore di questi anni, dall’11 settembre a Guantanamo, da Saddam agli attentati di Madrid e Londra, con dorso di chiusura che riproduce le prime dei grandi giornali del mondo sulla morte di Osama. Il tutto sotto la dicitura: “La rivincita dell’America”.
Il titolo di apertura vero e proprio de La Stampa: “Obama: ‘Giustizia è fatta’”.

Osama

La Repubblica offre ai lettori il testo integrale del discorso alla nazione di Obama subito dopo l’uccisione di Bin Laden. E intervista l’analista Usa Fareed Zakaria: “Antiterrorismo e obiettivi mirati, vince la nuova strategia degli Usa”, “Così Obama è riuscito dove aveva fallito Bush”. Spiega Zakaria che una spiegazione cruciale sta nel fatto che Obama “ha spostato nettamente le priorità: dall’ambizioso piano di nation building di Bush è passato a una strategia di coerente antiterrorismo”, potenziando l’uso dei droni in Pakistan, le cui missioni sono addirittura quadruplicate, convincendo il Pakistan ad accettare questa escalation. Obama ha agito con realismo. Che effetti avrà nel mondo arabo? Devastanti per Al Qaeda, secondo Zakaria, perché si sommano ai movimenti in atto dall’inizio di quest’anno, visto che il “grande risveglio del mondo arabo è avvenuto in termini diversi da come avrebbe voluto Al Qaeda”. E Obama sa che questo risveglio non è un fenomeno di ispirazione americana, gli Usa hanno tendenza a dimenticare che “l’orgoglio nazionale può essere una fonte di motivazione formidabile” e Obama questo lo ha capito.
Sullo stesso quotidiano, si spiega la scelta dei funerali in mare, dove è stato gettato il corpo di Osama per evitare pellegrinaggi sulla sua tomba.
La Stampa ha come inviato nell capitale pakistana Valerio Pellizzari: “Il grande ricercato era a 60 chilometri dalla capitale”. I vicini raccontano che viveva nella casa più grande, circondata dal filo spinato, senza telefono e tv. L’avevano cercato ovunque, era in un paese di montagna accanto a una base militare. Secondo molti analisti, le trattative con i talebani ora saranno molto più facili. “Non è stato catturato nelle grotte di Tora Bora, né tra le valli aspre del Waziristan, ma a poca distanza dalla capitale dell’unico Paese islamico che possiede la bomba atomica”, scrive Pellizzari.
Un retroscena, ancora su La Stampa, spiega che i servizi pachistani “si difendono” e dicono, tra l’altro, che il loro ruolo nella cattura è stato occultato per tutelare il Pakistan dalle rappresaglie.
Il quotidiano intervista Ahmed Rashid, massimo esperto di Afghanistan e terrorismo: dice che Al Qaeda non è sconfitta, che la rete è viva e vegeta e colpirà. Rashid spiega che è sorprendente che Osama fosse nella città di Abbottabad “perché è una città di trecentomila abitanti, costruita dagli inglesi con specifici compiti militari. L’esercito è padrone del territorio. C’è la sede della brigata pachistana e anche quella, importantissima, del collegio per cadetti”. E aggiunge: “Tra la base militare e l’edificio in cui è stato trovato il leader di Al Qaeda ci sono poche centinaia di metri. E in quel complesso vivono agenti dei servizi militari. era una casa nota. La villa di Bin Laden vale 1 milione di dollari in una zona di case basse. Impossibile non conoscerla. Da ogni punto di vista”. Dunque le autorità di Islamabad sapevano? “Sono sicuro. Quella villa era qualcosa di speciale, anche se probabilmente il capo di Al Qaeda si era trasferito lì da non molto tempo”. Rashid è preroccupato e si aspetta una reazione dura da Al Qaeda, che negli anni ha cambiato strutturazione: ora la filosofia è “un uomo, una bomba”, non c’è più bisogno di una strage come quella dell’11 settembre. La reazione dura si abbatterà soprattutto su Afghanistan e Pakistan. Ma l’Occidente “deve alzare il livello di guardia”, perché “le cellule dormienti sono ovunque”. In Pakistan Al Qaeda punterà ad allargare la propria sfera di influenza anche tentando di accentuare le divisioni con l’India, con un nuovo attacco stile Mumbai.
Ancora su La Stampa, intervista all’ex-stratega di George W. Bush, Paul Wolfowitz, che dice: il successo è merito di Guantanamo. “Mi pare di capire che le informazioni che hanno consentito di arrivare al rifugio dove si trovava Bin Laden sono frutto degli interrogatori condotti nel carcere di Guantanamo nei confronti di più detenuti, incluso Khalid Sheik Mohammed”. Sulle critiche al Pakistan per il fatto che il leader di Al Qaeda vivesse nei pressi della capitale: “Sappiamo ancora troppo poco di questao operazione. Il ruolo avuto dai pakistani potrebbe essere ben superiore a quanto appaia adesso”.
Il Corriere della Sera, sul ruolo del Pakistan: “l’ambiguo alleato che nascondeva il nemico”. E si sottolinea il timore di rappresaglie contro i cristiani nel Paese. Ne parla anche un intervento di Andrea Riccardi, tra i fondatori della Comunità di Sant’Egidio: “Quelle minoranze facile obiettivo dei gruppi jihadisti”.
Sul Sole 24 Ore Alberto Negri scrive che la fine di Bin Laden può significare l’inizio della svolta, della exit strategy dall’Afghanistan, che “può essere solo militare , ma anche politica, e il Pakistan ha un ruolo decisivo nel convincere i Taliban a imboccare la strada del negoziato”. Bin Laden è stato “sacrificato dai pakistani sull’altare della realpolitik”.

(Fonte: La Rassegna Italiana di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)

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