MANOVRA: redditti on-line e carcere per evasioni oltre i 3 milioni

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Conti correnti nelle denunce dei redditi. Le modifiche alla manovra: carcere per chi nasconde dai 3 milioni in su, le dichiarazioni saranno pubblicate online. Il capo del governo: opposizione criminale e anti-italiana, aizza la speculazione”. A centro pagina: “Conferenza a Parigi, mentre Gheddafi incita alla lotta”. Ieri infatti è stato diffuso un messaggio audio dell’ex dittatore libico.

La Repubblica: “Manovra, i redditi su Internet. Confindustria boccia le misure: deboli e inadeguate. Il capo del governo: criminali i giornali di sinistra, una rapina la sentenza Mondadori. In carcere chi evade e conti correnti nelle dichiarazioni dei redditi. Il premier: Iva al 22 per cento per tre mesi”. Di spalla la Libia: “Gheddafi minaccia ancora, ma i fedelissimi lo abbandonano”. Il reportage è firmato da Bernardo Valli: “Le milizie delle tribù si dividono Tripoli”.

La Stampa: “Il premier: opposizione criminale. ‘Alimenta le speculazioni contro l’Italia’. In cella gli evasori milionari. Palazzo Chigi: se serve l’Iva al 22 per cento per tre mesi. Online tutti i redditi. Confindustria: Finanziaria inadeguata”. Di spalla, la Libia: “Gheddafi: ‘Resistiamo, non siamo donnicciole”. In prima un editoriale di Vittorio Emanuele Parsi: “Tripoli, il mercato è aperto”.

Il Sole 24 Ore: “Contro gli evasori faro sui conti correnti. Il contribuente dovrà indicare al fisco gli estremi. Carcere per violazioni oltre 3 milioni. Redditi online. Berlusconi: se necessario Iva al 22 per cento per tre mesi. Tremonti: i saldi restano invariati. Sconto leggero agli enti locali, più tagli ai ministeri”. In prima una intervista al presidente della Bce Jean Claude Trichet: “L’Italia rispetti gli impegni, riforme per crescere”.

Il Foglio: “Tremonti prova in un giorno convulso a sfilare il Cav dal ‘pasticcio’. La manovra è pronta, ma resta qualche incertezza sui saldi. La deterrenza anti-evasione non convince tutti nel Pdl”.

Europa apre sul referendum sulla legge elettorale: “Il Pd amico del referendum, tavoli e firme in ogni festa. Ma niente adesione: Bersani punta ancora sulla riforma in parlamento. Franceschini per l’impegno pieno, da D’Alema durissimo attacco a Mattarellum”.

Il Giornale dedica il titolo di apertura alla intercettazione telefonica in cui Berlusconi si sfogava sull’Italia: “Berlusconi, nuova trappola. La manovra dei giudici. I Pm rendono pubblica l’intercettazione (illegale) del premier che dice ‘Paese di m…, me ne vado'”. Sulla manovra finanziaria, “riveduta e corretta”, un articolo di Vittorio Feltri: “Evasori in cella, redditi sul web: ci siamo”. Feltri scrive che “l’ultima novità è vecchia come il cucco, ma è stata presentata come un asso nella manica: la letta all’evasione e all’elusione, entrambe figlie dello stesso Stato pasticcione”.

Libero: “Lo sfogo di Silvio: ‘Basta! Lascio l’Italia. Berlusconi intercettato in un’indagine ‘creativa’ della procura di Napoli. Ecco tutte le sue parole rubete dai pm”.

L’Unità, con foto del premier della D’Addario: “Ricattabile”.

Il Fatto quotidiano: “Berlusconi giudica l’Italia, ‘un Paese di merda’. Nuove intercettazioni nel mandato di cattura per Tarantini e la moglie (arrestati ieri) e il faccendiere Lavitola (irreperibile). L’accusa del giudice: ricattavano il premier per tacere sulle escort a Palazzo Grazioli”. “B. costretto a versdare 500 mila Euro perché Giampi mentisse sugli incontri con la D’Addario e le altre ragazze. I due indagati al telefono: ‘Ad Arcore solo puttane. Lo dobbiamo tenere sulla corda, lui ha pagato sempre tutti”. La stessa notizia in prima su La Repubblica (“Soldi a Berlusconi, arrestato Tarantini. I Pm: lo ricattava per tacere al proceso”), con “analisi” di Massimo Giannini e articolo con le “carte” del processo di Dario Del Porto e Conchita Sannino. Sul Corriere della Sera: “Tarantini finisce in cella. ‘Ricattava Berlusconi’. Il premier: fantasie dei pm”. E “le carte”, articolo di Giovanni Bianconi e Fiorenza Sarzanini: “Gianpi, Valter e quei 500 mila Euro”.

Economia 

Ieri il governo ha presentato un emendamento alla manovra per coprire il “buco” da 3,8 miliardi che si è creato dopo la decisione di cancellare il contributo di solidarietà. “La caccia alle risorse punta sulla evasione”, sintetizza La Stampa. Spiega il Corriere della Sera che dall’inasprimento del sistema sanzionatorio penale-retributivo è atteso il grosso della manovra fiscale: un gettito di circa 1,1 miliardi in tre anni. La norma più pesante è quella che cancella la sospensione della pena per chi evade oltre i 3 milioni di euro. Si va dritti in galera. E scende la soglia oltre la quale scattano le pene per i reati fiscali. Ad esempio, nel caso di dichiarazione fraudolenta con uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, viene abolita la pena ridotta con reclusione da sei mesi a due anni, per importi inferiori a 300 milioni di lire.
I comuni incasseranno il 100 per cento di quanto recuperato con la lotta all’evasione fiscale, innalzando il limite che invece si fermava al 33 per cento. E gli stessi comuni potranno pubblicare le dichiarazioni dei redditi dei contribuenti online.

Nel retroscena de La Repubblica si descrive invece “l’ira del Cavaliere e dei ministri”, che considerano la manovra in terza versione maturata “in un blitz al Senato tutto targato Tremonti”, una somma di “misure da socialismo reale”. Per La Repubblica Berlusconi è convinto che la lotta all’evasione così impostata è “roba che neanche Visco”, come avrebbe affermato lo stesso premier. Sostiene di non averla autorizzata.
Per La Stampa invece il ministro Tremonti avrebbe chiamato Berlusconi, che era in partenza per Parigi al vertice sulla Libia, e ne avrebbe ottenuto il via libera.
Anche secondo Il Foglio Berlusconi sarebbe partito da Parigi dopo aver telefonato al suo ministro dell’Economia e aver concordato che “la strada da prendere è obbligata”. Dopo giorni di incertezze, per Il Foglio la manovra sembra aver assunto una fisionomia definitiva, ma rimangono dubbi sulla copertura finanziaria (cosa che Berlusconi smentisce). Tremonti è tornato ieri “protagonista unico della scena”, ha risolto “il pasticcio”, ma l’incertezza rimane: “La preoccupazione di ampi settori del Pdl, ma anche della Confindustria, è che non ci sia la copertura finanziaria, e che le stime sul recupero della evasione fiscale siano troppo ottimiste”. Ambienti della maggioranza storcono il naso di fronte a provvedimenti apparentemente così severi, ma ammettono anche perplessità sulla reale efficacia, che “si fonda soprattutto sull’effetto annuncio”: e non è accantonata del tutto l’ipotesi di un innalzamento dell’Iva, auspicata dal Cavaliere.
Secondo La Repubblica Berlusconi sarebbe orientato, se serve, ad una introduzione dell’Iva al 22 per cento per tre mesi.

Scrive in prima pagina l’editoriale del Corriere della Sera (Massimo Franco): “E’ assai poco berlusconiano l’emendamento con il quale ieri, per la terza volta in due settimane, il governo ritiene di aver trovato un compromesso sulla manovra finanziaria”. E’ un “rovesciamento della filosofia” di Berlusconi, si tratta di misure “che appena tre anni fa venivano rimproverate ad una sinistra accusata di vampirismo tributario”. La sensazione è che il governo si sia rassegnato a scegliere “l’impopolarità minore”, non avendo alternative, poiché serviva un segnale. Sembra una maledizione, per Berlusconi, quella di essere accompagnato ai vertici internazionali, da vicende giudiziarie, come avvenne nel 1994 a Napoli, con l’avviso di garanzia recapitatogli ad un vertice internazionale: “Rispetto a 17 anni fa, Berlusconi non è accusato di nulla, anzi, è vittima di una estorsione. Ma un premier ricattato porta a domandarsi: perché? Il meno che si possa dire è che “mentre lievitava una crisi finanziaria sottovalutata fino alla sua esplosione, Berlusconi sembrava distratto da altro”.

Il presidente della Bce Trichet, in una intervista al Sole 24 Ore, parla della crisi economica e finanziaria in Europa, e della situazione italiana. Sulla proposta di obbligazioni europee (Eurobond) dice che per ora ci sono le obbligazioni emesse dal fondo di stabilità (Efsf) che sono “obbligazioni garantite dall’Europa”. “Il messaggio principale del consiglio direttivo è di introdurre rapidamente, pienamente e totalmente le decisioni prese dai capi di stato e di governo europei il 21 luglio”. Sull’Italia: “L’economia italiana ha un potenziale straordinario, tenuto conto della qualità delle sue risorse umane e della sua cultura di impresa. Eppure la crescita economica è stata deludente. Per questa ragione credo che riforme strutturali siano necessarie per aumentare il potenziale di crescita di una economia ingessata da troppi ostacoli che le impediscono di esprimersi al meglio”. E sulle misure presentate dal governo italiano, quelle presentato il 5 agosto: “Sono estremamente importanti per ridurre rapidamente il deficit pubblico e migliorare la flessibilità dell’economia italiana. E’ quindi essenziale che gli obiettivi annunciati di miglioramento delle finanze pubbliche siano concretizzati”.

Libia

Un lungo reportage di Bernardo Valli da Tripoli descrive la stanchezza della città, e sposta alle aggressioni e alle “riconquiste”: la metropoli è presidiata da gruppi concorrenti se non proprio rivale, ognuno occupa un quartiere, una zona. Brigate che sembrano quasi indipendenti tra loro e che costituiscono piccoli feudi. Ognuna afferma con fierezza la propria provincia, che spesso coincide con il clan o la tribù. La guerra civile – scrive Valli – ha favorito i jihadisti libici, molti dei quali avevano alle spalle una lunga esperienza di lotta in Afghanistan e in Iraq. Ma la caratteristica di questi vecchi jihadisti è che hanno “subito riconosciuto l’aiuto decisivo della Nato, ne hanno usufruito senza esaltarlo, e hanno stretto alleanze, sia pur non sempre facili, con i gruppi laici e liberali”. E cita l’esempio emblematico di quello che ora è il governatore militare di Tripoli: è stato nominato a questa carica non dal consiglio nazionale di transizione, ma dagli uomini della “Brigata Tripoli”, da lui organizzata (con l’aiuto della Cia) e comandata fino alla conquista dei bunker di Gheddafi. Si chiama Abdel Hakim Belhahj, è tra i fondatori del gruppo combattente islamico libico, reduce dall’Afghanistan e dall’Iraq. Lo stesso presidente del Consiglio Nazionale di Transizione, Jalil, lo ha portato con sé in Qatar per l’incontro con la Nato.
Su La Stampa, l’inviato è Mimmo Candito: “le tribù si spartiscono la capitale, ‘Via gli islamisti o li cacciamo noi'”. “Ogni milizia ha il suo quartiere”, scrive Candito, sollecitando i leader internazionali a fare un salto a Tripoli per rendersi conto che se una guerra è finita “ce n’è già un’altra che sta acquattata dietro i muri”, “una guerra assai più drammatica di quella a Gheddafi”, perché sarà “una guerra di tutti contro tutti”. Perché è difficile negare che non si sappia chi comanda oggi a Tripoli. Le voci raccolte dall’inviato rivelano l’avversione, ad esempio, nei confronti del succitato comandante militare Belhahj: “Non ha combattutto per liberare Tripoli e non ci piacciono le sue frequentazioni del passato. O se ne va, o lo mandiamo via”, dice uno dei comandanti delle Brigate Tripoli, che hanno conquistato la capitale.
Intanto ieri al vertice sulla Libia di Parigi si è assistito -secondo Il Riformista– al “giorno del trionfo di Sarkozy e Cameron”: al centro della conferenza, lo scongelamento dei beni della famiglia Gheddafi. Ma a tenere banco -ovviamente- è la celebrazione del trionfo militare anglo-francese: “l’intervento in Libia -ha detto Sarkozy- ha riscattato la debolezza dell’Europa in precedenti occasioni e ci ripaga della decisione di integrare la Francia nel comando militare Nato”. Nelle intenzioni di Sarkozy, la guerra in Libia dovrebbe portare alla propria rielezione. E soprattutto, fruttare alla Francia cospicui contratti energetici: per tutta la giornata di ieri si sono susseguite smentite alle rivelazioni del quotidiano francese Libération, secondo cui l’Esagono avrebbe già stretto con il Consiglio nazionale transitorio un accordo per avere il 35 per cento dei contratti sul petrolio libico. La Total è sempre stata solo seconda all’Eni su questo versante. Il Consiglio transitorio ha smentito. e altrettanto ha fatto il ministro degli Esteri di Sarkozy, Alain Juppé.
Del vertice di Parigi si occupa anche La Stampa, dando conto delle dichiarazioni uscite dal “summit dei vincitori” che si è tenuto all’Eliseo. La Russia ha riconosciuto il nuovo governo, l’Unione Africana ha fatto sapere di non essere pronta, Sarkozy ha parlato anche del futuro del raiss riconoscendo ai libici il diritto di decidere se processarlo in proprio o farlo giudicare da un Tribunale internazionale.
Un articolo del Sole 24 Ore si occupa invece degli affari che le imprese italiane potranno fare in Libia sul versante della ricostruzione: ne parla il presidente della Camera di Commercio italo-libica Antonio De Capoa.
La Stampa: “Berlusconi: siamo in prima linea. E prepara l’assegno per Bengasi”. Il quotidiano evidenzia anche che già la prossima settimana il presidente del Cnt saràdi nuovo a Roma per ricevere i finanziamenti. L’Italia ha già nominato e inviato a Tripoli il nuovo ambasciatore, Giuseppe Maria Buccino, che ha fatto parte finora dello staff diplomatico di Napolitano.
Secondo La Stampa “Berlino prova a intralciare Francia e Italia”: se quello che si chiama “meccanismo interno per lo scambio di informazioni” fosse approvato, come sogna il commissario europeo all’Energia Oettingher, sarebbe necessario un esame preventivo in sede comunitaria di tutti i nuovi accordi su gas e petrolio che gli Stati europei faranno in futuro con i Paesi terzi. Scopo di questo testo breve che si dice spuntato all’improvviso sarebbe quello di ottenere un miglior coordinamento del mercato unico europeo. L’ultima bozza era circolata a febbraio, per contrastare accordi che minaccino in qualche modo il “castello energetico comune”: potrebbe valere per la costruzione di un gasdotto tra l’Italia e la Russia, così come per i possibili nuovi accordi con la Libia.
E il Rais, intanto, resiste e chiama alla resistenza: “il popolo libico non si inginocchia, non si arrende. Non siamo mica donne”, ha detto in un messaggio audio. Ma proprio ieri si è diffusa -come racconta La Repubblica– la notizia della defezione del suo premier, Al-Mahmoudi. E si conferma che il figlio Saad avrebbe preso la testa dei “moderati”: disponibili alla resa in cambio di un ruolo per la famiglia nella Libia di domani.

(Fonte: La Rassegna Italiana di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)

 

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