Il patto per l’euro spinge le borse

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Il progetto per salvare l’euro. Verso un controllo più stretto dei conti pubblici nella Ue. L’appoggio di Obama. Successo del Btp day. Borse fiduciose: Milano + 4,6 per cento. Ma l’Ocse: Italia in recessione nel 2012”. Nella parte alta della prima pagina si dà conto della nomina di 25 sottosegretari da parte del premier Monti, che ha anche nominato il ministro per la Funzione Pubblica (Filippo Patroni Griffi). “Monti nomina un ministro in più e Grilli come vice all’Economia”.

La Repubblica: “Ue: subito manovra da 11 miliardi. Il rapporto di Bruxelles a conclusione della missione a Roma. ‘Bloccare gli automatismi sulle pensioni se il Pil è negativo’. Giù lo spread, vola la Borsa. Ma l’Ocse avverte: nel 2012 Italia in recessione”. A centro pagina la notizia del “suicidio assistito” di Lucio Magri, fondatore del Manifesto: “Ho deciso di morire’, l’addio di Magri ai compagni”.

Il Sole 24 Ore: “Il patto per l’euro spinge le Borse. Balzo dei listini dopo la modifica del Trattato ma lo spread resta a quota 500. Junker: pericoloso dividere l’eurozona. L’opzione di acquisti massicci della Bce. Obama: pronti a fare la nostra parte”. Di spalla: “Grilli viceministro all’Economia, Martone al Lavoro”. Il punto di Stefano Folli parla di “nomine ben calibrate”, e definisce quella di ieri “una prova di stabilità”.

Il Giornale: “Mandiamo fuori la Merkel. La Germania in Europa fa solo i suoi comodi. Agli altri Paesi non resta che isolarla. A costo di escluderla dall’euro. Berlusconi: ‘Lasciate lavorare Monti’. Polemica sui sottosegretari. Sfida per sopravvivere”. A centro pagina il quotidiano si occupa della situazione della giunta Pisapia a Milano: “Pisapia, miracolo finito: scoppia la giunta. Boeri rimette le deleghe al sindaco. Il ‘sogno arancione’ naufraga nelle lotte di potere”.

Su tutti i quotidiani notizie le elezioni in Egitto: “Code alle urne”, scrive La Repubblica. “Tutto l’Egitto si mette in fila per votare. Le prime elezioni libere del dopo Mubarak: 40 milioni alle urne, risultati a gennaio”.

Ocse

Ieri l’Ocse ha diffuso le previsioni aggiornate relative all’economia mondiale: su tutto il globo l’economia frena, ma in Europa si ferma e in Italia addirittura va in retromarcia, secondo il Corriere. La crescita complessiva dei Paesi industrializzati sarà per l’Ocse dell’1,9 per cento nel 2011, dell’1,6 nel 2012, contro il 2,8 delle stime precedenti, e del 2,3 nel 2013. Per l’Italia sarà recessione con una contrazione del Prodotto interno lordo dello 0.5 per cento, in compagnia di Grecia (-3 per cento), Portogallo (-34,23 per cento) e Ungheria (-0,6 per cento).
Oggi il premier italiano Monti sarà a Bruxelles, per la prima volta come titolare dell’Economia, alle riunioni dell’Ecofin e dell’Eurogruppo. Dovrà spiegare ai colleghi le misure che il suo governo si appresta a varare, ed assistere alla prima relazione che la Commissione farà sullo stato delle nostre finanze, dopo esser venuta a Roma a controllare l’avanzamento delle misure economiche. E’ lo stesso Corriere a sottolineare come i dettagli delle misure economiche e delle riforme continuino a restare riservatissime, con disorientamento dei vertici Pd e Pdl, che saranno chiamati ad approvare il piano in Parlamento nelle prossime settimane.

La Stampa offre un “colloquio” con il ministro delle Finanze tedesco Schauble, che ieri ha incontrato la stampa estera a Berlino. Torna sul contestato direttorio franco-tedesco, e spiega che i due Paesi non vogliono prendere da soli le decisioni in Europa ma, se Parigi e Berlino non trovano una posizione comune, è “ancora più difficile” arrivare a un consenso nella Ue. Conferma che il governo tedesco vuole coinvolgere gli altri partner e, ricordando il vertice trilaterale della scorsa settimana, dice: “Siamo contenti che ora ci sia anche l’Italia”. Conferma anche la sua opposizione a utilizzare la Bce come prestatore di ultima istanza e all’introduzione degli eurobond senza prima accordarsi su una Unione della stabilità: “nessun Paese avrebbe più la tripla A, visto che anche la Germania è troppo piccola per sostenere il peso dell’intera eurozona”. La Germania preferirebbe una maggiore integrazione delle politiche fiscali in Europa agendo nell’ambito dei trattati, ma – dice Schauble – “in caso di necessità” è pronta a scegliere strade alternative come il metodo degli accordi intergovernativi.
Sulla stessa pagina, intervista all’ex capo economista del Fondo Monetario Internazionale Simon Johnson, che dice: “L’Italia potrebbe essere costretta a uscire dall’eurozona”. Assieme ad alcuni altri Paesi periferici della moneta unica.

Sulle ipotesi di avviare accordi intergovernativi per modificare il Patto di stabilità aggirando i lunghi tempi delle modifiche dei Trattati, ieri si è espresso il Presidente dell’eurogruppo Jean Claude Juncker: “Non troviamo questo metodo particolarmente buono”, ha detto, sottolineando i rischi di “dividere artificialmente” la zona euro, come scrive Il Sole 24 Ore. E al di là del metodo (accordi intergovernativi o Trattati), resta da capire a chi dovrà andare il nuovo potere di controllo delle politiche economiche nazionali: alla Commissione, al Consiglio dell’Ue o ad entrambi?

Intanto il FMI, per bocca della sua direttrice, Christine Lagarde, smentisce le ipotesi circolate di un prestito da 400-600 miliardi di euro all’Italia: “on abbiamo ricevuto richieste di prestiti dall’Italia, né dalla Spagna, né siamo in trattative con loro”, ha detto, come riferisce Il Sole 24 Ore.


Governo, partiti 

Ieri il premier Monti ha nominato 28 sottosegretari ed un ministro, Filippo Patroni Griffi, alla Funzione Pubblica. Lo stesso neoministro, intervistato da La Repubblica, si dice “frastornato”, non se lo aspettava, al massimo pensava ad una nomina a sottosegretario. Dice: “Ritengo che la Pubblica Amministrazione non debba essere considerata solo un settore da tagliare. Al contrario, un fattore di sviluppo, se riusciremo a realizzare l’apparato amministrativo e le poche risorse a disposizione”. Dice che sfrutterà le competenze acquisite come capo di Gabinetto di Brunetta, ma anche come capo dell’Ufficio legislativo con Cassese, Bassanini, Frattini, sempre alla Funzione Pubblica. Viceministro dell’Economia sarà Vittorio Grilli, che andrà in aspettativa dall’incarico di Direttore generale del Ministero del Tesoro, perdendo il 70 per cento dello stipendio. Marco Rossi Doria, noto come il “maestro di strada” a Napoli, sarà  sottosegretario all’Istruzione. Sottosegreteri agli affari esteri la direttrice generale di Aspen Marta Dassù e il diplomatico italo-svedese Staffan De Mistura. Sottosegretario al Lavoro l’economista emiliana Cecilia Guerra, de La Voce.info. Viceministro al Lavoro Michel Martone.

Scrive Il Foglio che molti dirigenti del Pdl ritenevano necessario un presidio maggiore in alcuni dicasteri (giustizia ed economia) che dovranno decidere sulla patrimoniale e sul ritorno dell’Ici. Il suggerimento che arrivava forte da ampi settori del partito berlusconiano riguardava l’opportunità di insistere su sottosegretari e viceministri sui quali poter fare affidamento diretto, uomini non di partito (ma di area) che fossero in grado di contrastare (anche solo in parte) provvedimenti economici, come Ici e patrimoniale, così difficili da accettare per il centrodestra che sulla defiscalizzazione e sull’abbassamento delle tasse aveva stravinto le ultime elezioni nel 2008. L’incarico a Vittorio Grilli (al Tesoro), la riconferma di Vincenzo Fortunato a capo di gabinetto del ministero, la nomina di altri due membri di governo vicini a Banca Intesa al ministero del Welfare, hanno invece offerto l’idea di un cedimento totale della logica e della coerenza politica”. Il ministro del Welfare, Corrado Passera, è riuscito a rafforzare la componente bancaria (Intesa) nel governo con due sottosegretari: Mario Ciaccia, ad di Biis (controllata da Intesa Sanpaolo); e il presidente di Biis Francesco Micheli. Ad Alfano viene un po’ rimproverato di non essere ancora un buon negoziatore; mentre a Letta viene imputato di essere Letta, ovvero di incarnare un trasversalismo molto lontano dalle necessità della contesa politico-parlamentare. “Avremmo dovuto insistere per gente su cui potevamo contare, almeno all’Economia e al Welfare”, dice al Foglio un ex ministro del governo Berlusconi. “E invece assistiamo al passaggio in blocco di Grilli e Fortunato dal tremontismo al montismo, tutto con la benedizione di Letta. Adesso sarà complicatissimo riuscire a contrattare modifiche o emendamenti di qualsiasi tipo. Finirà che dovremo inghiottire tutto, qualsiasi cosa ci venga proposta a scatola chiusa’”.

Berlusconi ieri, intanto, ha rilasciato ieri alcune dichiarazioni a margine dell’udienza del processo Mills. Il Corriere riassume nei titoli: “Berlusconi: lasciate lavorare il premier”. Ha parlato di sostegno “leale” al governo Monti sulle misure contro la crisi già approvate dal suo esecutivo ed ha aperto a quelle iniziative che “di volta in volta giudicheremo nell’interesse di tutti e del Paese”. Ha detto anche che farà di tutto per convincere Bossi che la Lega “non può votare contro provvedimenti che insieme a noi ha votato ed io ho concordato e garantito all’Europa”. E ancora: “Questo governo, che noi sosterremo lealmente, potrà durare anche fino alla data finale della legislatura”. Anche su Il Giornale, sintetizzate nei titoli, le dichiarazioni di Berlusconi: “Il nuovo premier? Lasciatelo lavorare”.

Su tutti i quotidiani, ma in prima su Il Giornale e Libero, le rivelazioni dell’ex direttrice de L’Unità Concita de Gregorio, che qualche giorno fa, ad una assemblea, ha raccontato quanto le aveva detto un alto dirigente Pd, all’epoca delle elezioni regionali che videro contrapposte Renata Polverini ed Emma Bonino. Queste le parole del dirigente, nel racconto della giornalista: “A noi questa volta nel Lazio ci conviene perdere, perchè siccome la Polverini è una candidata di Fini, ed è l’unica sua candidata della tornata, se vince, Fini si rafforza all’interno della sua posizione critica nel centrodestra e, finalmente, si convince a mollare Berlusconi e a fare il terzo polo, insieme a Casini. A quel punto noi avremmo le mani libere per allearci con Fini e Casini e andare al governo”.

Egitto

“L’Egitto si mette in coda alle urne. Fronte islamico grande favorito”, titola Il Corriere della Sera, scrivendo che i militanti islamici hanno presidiato in forze, dalla mattina alla sera, ogni singolo seggio dei governatorati dell’Egitto chiamati alle urne. Il partito espressione dei Fratelli Musulmani, Libertà e giustizia, potrebbe superare la soglia del 30 o 35 per cento. Si prevede una buona affermazione del principale partito dei salafiti, Al Nour, che potrebbe capitalizzare la partecipazione aperta alle proteste di piazza Tahrir.
Anche Il Sole 24 Ore insiste su quanto sia stato chiaro l’invito della Fratellanza Musulmana ad andare a votare. L’inviato si trova a Nasser City, quartiere del Cairo, dove abitano ufficiali dell’esercito ed egiziani che sono tornati con i soldi dal Golfo (medici, ingegneri, liberi professionisti). Qui c’ il più alto tasso di consumi del Paese, e qualche giorno fa i due ordini professionali più potenti, medici ed avvocati, hanno fatto una dichiarazione di voto a favore di Libertà e Giustizia, il cui simbolo non sono le due sciabole incrociate in campo verde della fratellanza, ma la bilancia della giustizia. All’inizio lo slogan era “Dio è la soluzione”, è stato cambiato nel meno militante “benessere per tutti”.
L’inviato de La Repubblica, Bernardo Valli, sottolinea soprattutto la delusione dei giovani che contestano le elezioni e il lato paradossale della situazione: “Il potere autoritario, incarnato dai militari, ha avuto la meglio sulle forze innovatrici, usando lo strumento democratico del voto”, “quelle masse assiepate davanti alle urne hanno demoralizzato coloro che denunciavano e denunciano l’elezione programmata dai generali”. Alcuni gruppi si sono recati alle urne vestiti di nero, in segno di lutto per i manifestanti uccisi in piazza Tahrir. In quasi tutti i quartieri del Cairo, gli esponenti di Libertà e Giustizia, “armati di computer, guidavano gli elettori smarriti verso le scuole in cui dovevano votare. Aiutavano le persone anziane. Insegnavano come riempire le schede, abbastanza complicate”.
Il Corriere della Sera si sofferma anche sulla paura dei copti, minoranza cristiana in Egitto stimata tra il 10 e il 18 per cento. Sono in allerta e dicono che i Fratelli Musulmani sono fortissimi e infidi, i salafiti violenti. “Avranno molti voti e sono un pericolo per tutti, ma per noi di più”. Anche la Chiesa teme l’avanzata islamica: in assenza di un vero partito cristiano, visto che Liberi Egiziani, del magnate Sawiris, ha una forte componente copta ma non può dirsi tale, i vertici religiosi hanno fatto circolare una lista con nomi di candidati “favorevoli”, tanto cristiani che musulmani. Anche se è stata sconfessata dalla massima autorità copta, papa Shenuda.
Il quotidiano si sofferma anche sulla scelta di Amin Iskandar: copto, nasseriano, laico, è tra i cofondatori del partito Karama, che insieme al “Ghad” del liberale Ayman Nur, si trova nella coalizione della Fratellanza. “Perché l’ho fatto?”, dice. “Per costruire ponti. Fino alla rivoluzione puntavo all’unione tra forze laiche, ma poi ho capito che per cambiare e uscire dalla crisi dobbiamo stare con chi nell’islam è moderato e rifiuta il passato”.
La Stampa intervista Abdel Abul Fotouh, medico e politico egiziano, ex membro del direttivo dei Fratelli Musulmani, moderato e riformista, espulso per non aver voluto rinunciare a candidarsi alla Presidenza. Molto apprezzato dai giovani di piazza Tahrir, spiega così la rabbia dei dimostranti in questi giorni: “La giunta militare e il governo non hanno fatto nulla per dieci mesi. Il processo democratico era slittato”, “il rancore è soprattutto nei confronti della polizia, il simbolo più odioso del passato”. Dice anche che i giovani si sono ribellati quando hanno visto la polizia uccidere i loro fratelli come mosche, “se avessero processato i responsabili dei morti della rivoluzione di gennaio ciò non sarebbe successo”. Sulla sua rottura con i Fratelli Musulmani: “Sono stato sempre contrario a mescolare politica e religione, il movimento dei Fratelli Musulmani doveva conservare la sua natura iniziale di gruppo che si occupava di predicazione e di assistenza sociale, lasciando la politica ai partiti. Mi considero un candidato che rappresenta larghi settori della società, compresi i cristiani”.

E poi

Il Corriere della Sera racconta che è morta negli Stati Uniti, nel Wisconsin, dove viveva dal 1967, la figlia di Josif Stalin. Il suo vero nome era Svetlana, ma l’aveva cambiato, scegliendo quello di Lana Peters. Aveva due fratelli: il primo morì di alcolismo, il secondo in un lager nazista.
E’ La Stampa il quotidiano che dedica più attenzione alla morte di Svetlana, la figlia prediletta di Stalin, che fuggì il padre tutta la vita. E’ morta a 85 anni in un ospizio degli Stati Uniti. Nei suoi due libri autobiografici aveva descritto un padre tutto sommato affettuoso, una vita dorata tra banchetti dove scherzava con Churcill. Che la gente venisse mandata nei gulag probabilmente non lo seppe fino a che il padre non ci spedì il suo primo fidanzato, colpevole di essere ebreo e non troppo affidabile politicamente. Riuscì a sposare il secondo, nonostante il padre l’avesse schiaffeggiata alla notizia che la figlia si era invaghita di nuovo di un ebreo. Prese il cognome della madre, la Allilueva, che era morta suicida. La Repubblica e Il Manifesto sono gli unici due quotidiani a riportare la notizia della morte di Lucio Magri. Ed è La Repubblica a raccontare come si sia trattato di un suicidio assistito, in Svizzera. 79 anni, fondatore del Manifesto, morto perchè “vivere gli era diventato intollerabile”, secondo quanto riferiscono entrambi i quotidiani. Una depressione incurabile, dovuta tanto a quello che considerava un fallimento politico, che alla morte della moglie, Mara. Che, secondo La Repubblica, era “il suo filtro con il mondo”. Non sapeva usare né il cellulare, né il bancomat, racconta un’amica. Ed è La Repubblica a tracciarne anche il percorso politico, con Nello Ajello: “Dai cattolici allo strappo con il Pci, una storia a sinistra fuori dagli schemi. Cominciò con la Dc e poi incontrò il comunismo”.

DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo, Paolo Martini

redazione grey-panthers:
Related Post