Il Papa: ‘No ai compromessi, non siamo un parlamento’”

La Repubblica: “Senatori sessisti, soltanto 5 giorni di sospensione”, “Puniti i 2 verdiniani. Sanzionato un 5Stelle. I grillini: ‘Ci hanno dato l’olio di ricino’. Bersani: mi preoccupa il Pd trasformista”.
A questo tema è dedicata la rubrica “Il punto” di Stefano Folli: “Condanne simboliche”.
In apertura a sinistra l’editoriale del direttore Ezio Mauro sul ruolo del gruppo dei verdiniani: “Le relazioni pericolose”.
In grande evidenza la foto di Xavier Broseta, responsabile delle risorse umane di Air France, in fuga e seminudo: “Rivolta contro i licenziamenti, assalto ai manager di Air France”.
A centro pagina: “La Nato avverte Putin: ‘Stop ai raid in Siria’”, “Mig russi volano nel cielo turco”.
Sulla colonna a destra, il richiamo all’intervista a Roberto Calasso, presidente e nuovo proprietario di Adelphi: “’Meglio solo, ecco perché mi ricompro l’Adelphi’”, “Calasso spiega l’uscita dal gigante Mondadori: ‘Non ho soci occulti’”.
Sul Sinodo, a fondo pagina: “Il Papa: il Sinodo non è come il Parlamento. Lite sui divorziati”.

Il Corriere della sera: “L’Italia bombarderà l’Isis”. “Nuove regole d’ingaggio nella coalizione a guida Usa contro i terroristi” “Tornado pronti ad azioni in Iraq. La Nato alla Russia: stop ai raid in Siria”.
In evidenza un retroscena di Fiorenza Sarzanini sul presunto riscatto pagato per liberare le due cooperanti Greta e Vanessa.
Nella parte alta della prima anche la foto del manager francese di Air France sfuggito all’ira dei dipendenti dell’azienda: “Air France, manager in fuga dai lavoratori”.
A centro pagina: “In pensione prima con gli assegni anticipati dall’azienda”.
E poi la politica: “Gesti sessisti in Aula. A Barani e D’Anna soltanto cinque giorni”.
A fondo pagina la cessione di Rcs a Mondadori, con “il sì della Borsa” e “i dubbi del ministro” e poi con una intervista a Marina Berlusconi: “’Atto di fiducia verso il Paese’”.
L’editoriale, firmato da Paolo Mieli: “L’Occidente e Assad. Un despota alleato inevitabile”.

La Stampa, con foto del direttore di Air France a Orly, Pierre Plissonnier, in fuga dopo che i dipendenti gli hanno strappato la camicia: “Air France taglia 2900 posti. Manager aggrediti in azienda”, “Abiti strappati e cancelli sfondati. Il premier Valls: scandalizzato”.
Sul tema, un’intervista al professor Amadieu, docente di Relazioni industriali alla Sorbonne: “In Francia esistono forme di radicalizzazione dei conflitti sociali sconosciute in Italia”.
E l’analisi di Cesare Martinetti: “La febbre alta di un Paese”.
In apertura a sinistra, sul Sinodo: “Il Papa: ‘No ai compromessi, non siamo un parlamento’”.
E il commento di Franco Garelli: “Una chiesa più madre che matrigna”.
In taglio basso: “La Nato alla Russia: fermate i raid. Un caso con la Turchia”, “Duello nei cieli di Siria”.
Sulla colonna a destra: “Bauman a Expo: ‘La grande bellezza è qui’”.
E un’analisi di Stefano Stefanini, dopo la firma del Tpp (Partnership Tras-Pacifica): “I trattati per una libera economia”.
Sulla politica italiana: “Incontro Berlusconi-Salvini. Azzurri e Lega distanti su tutto”.

Il Fatto: “Il Pd salva i pornoverdini”, “Sentenza farsa sulle oscenità a Palazzo Madama”, “Barani e D’Anna hanno mimato atti sessuali alle senatrici M5S: fuori per 5 giorni (e non 10 grazie ai neo-alleati Dem). I 5Stelle che gridavano ‘Onestà’ ebbero un mese di squalifica”.
E più in basso: “Che curriculum. 5 processi e 4 inchieste”, “Bancarotta, corrruzione, truffa e finanziamento illecito: tutti gli assi si Denis Loch Ness”.
E un richiamo all’intervista del quotidiano a Luciana Castellina: “Questo Pd partito giusto per Verdini, non per la sinistra”.
In prima anche le foto dei manager Air France in fuga: “Francia, licenziati furiosi. Il capo fugge in mutande”.
Sotto la testata: “Scontro al Sinodo. Il cardinale Bassetti: ‘Mica è un talk’”, “Famiglia e gay. ‘Cambiare’, ‘no’: duello tra Forte e Ving-trois”.
Poi l’inchiesta per le 17 morti per amianto sugli ex manager Olivetti: “Carlo De Benedetti a Passera a giudizio: ‘Omicidio colposo’”.

Il Giornale: “La liberazione di Greta e Vanessa: Renzi ha pagato i terroristi: 11 milioni a chi ci vuole morti”. “E il ministro Gentiloni giurò il falso alla Camera: nessun riscatto”.
Di spalla la vicenda Rcs-Mondadori: “Marina, investiamo nel futuro del Paese. E la Borsa brinda”.
A centro pagina: “Doppiopesismo. Se sei verdiniano ti scontano le offese. Se sei un sindaco rosso puoi scroccare le cene”.
Sotto: “L’Ingegnere a processo per morti di amianto”. Si parla di Carlo De Benedetti e della Olivetti di Ivrea.
In prima anche un richiamo per l’apertura del Sinodo e per le parole del Papa di ieri: “Non è un Parlamento”.

L’Unità intervista la direttrice dell’Agenzia delle Entrate Rossella Orlandi e titola: “Pagare meno, pagare tutti”, “Primi risultati della lotta all’evasione fiscale ed emersione dei capitali all’estero. Orlandi: ‘All’agenzia delle Entrate meno spot, più prevenzione e tecnologie’”.
A centro pagina, foto di un aereo da combattimento russo SU-24M: “Il meteo dei russi: un sole perfetto per bombardare”.
E sulle riforme costituzionali: “Senato, la maggioranza supera un altro voto segreto”, “Gesti sessisti: Grasso squalifica Barani, D’Anna e Airola del M5S”.

Il Sole dedica il titolo di apertura al via libera all’accordo di libero scambio (TPP) tra gli Usa e i Paesi del Pacifico. “La nuova area commerciale copre il 40 per cento del Pil mondiale”. “Stati Unit, Giappone e altri 10 Stati firmano lo storico patto che toglie i dazi su 18 mila prodotti”.
Di spalla: “Si cercano le coperture per i tagli Ires, un miliardo ai super ammortamenti”. “Pensioni, allo studio il prestito aziendale”.
A centro pagina: “Su Rcs Mondadori pesa l’esame Antitrust”.
A fondo pagina: “Il Papa: niente compromessi, il Sinodo non è il Parlamento”.

Senato

Su La Repubblica, alle pagine 6 e 7: “’Incivili e volgari’, sospesi i verdiniani D’Anna e Barani”, “Cinque giorni ai due senatori per i gesti sessisti in aula e uno al grillino Airola. Riforme, passa l’articolo 6”. Il quotidiano intervista lo stesso D’Anna, che dice: “Non mi devo scusare, ricordavo alla Lezzi che non è un’orsolina”. E Gianluca Castaldi, M5S che ha ricevuto una “censura” , e che, riferendosi anche alla sanzione nei confronti del compagno di gruppo Airola, dice: “Sanzione ingiusta, olio di ricino contro il Movimento”. A pagina 7, un articolo sulle sanzioni ai senatori verdiniani: “La linea morbida Pd: ‘Non i soli da punire, la pena minima è ok’”.

A pagina 9 “Il punto” di Stefano Folli su quelle che definisce le “condanne simboliche”: “Il fattore Denis svuota la destra e può disarmare la minoranza Pd”, “Dalle punizioni simboliche al ruolo di sostegno al governo: ma il nuovo gruppo è anche un rischio per renzi”.

Inizia in prima e prosegue a pagina 35 l’editoriale del direttore Ezio Mauro, che parla di “relazioni pericolose”, riferendosi alla figura “ingombrante” di Denis Verdini, “pluri-inquisito, sbrigafaccende plenipotenziario del Cavaliere, e ora migrante -si spera non economico- nella terra di nessuno, dove sostiene il governo sulle riforme senza far parte della maggioranza”. Più avanti scrive Mauro: “In politica, la realpolitik è una virtù, e Renzi in questo ha ereditato la tecnica dal Pci, che ne ha sempre fatto largo uso. Ma a questo punto deve chiarire se dopo la riforma del Senato i forzisti verdiniani restano per lui una forza di complemento alla maggioranza, in una sorta di ‘convergenze parallele’ permanenti che nessun congresso ha discusso e approvato”. E anche sul “partito della nazione”, secondo Mauro, sono necessari chiarimenti, per capire se si tratti di una costruzione politica “con le radici e il tronco ben piantato nel territorio del centrosinistra con le fronde che arrivano ad intercettare il centro”, cosa che “il Pd voleva essere fin dalla sua nascita”, o se invece raccolga “gruppi di interesse contraddittori”, poiché in questo caso diventerebbe “un partito pigliatutto”.

Il Fatto, pagina 4: “Sex in the Senate, 5 giornate e non 10: Grasso si piega al Pd”.
Su Il Fatto, la pagina 6 è dedicata al “curriculum” di Denis Verdini: “Denis fra un tribunale e l’altro: un ‘mostro per cinque processi’”, “Imputazioni per tutti i gusti, il 26 novembre rischia il sesto rinvio a giudizio. Agenda fitta di impegni davanti ai giudici”. A pagina 7, intervista a Luciana Castellina: “Il Pd: un pastrocchio non di sinistra, casa naturale per Verdini”.

L’Unità: “Punizioni per tutti: 5 giorni ai senatori di Verdini”, “Gesti sessisti al Senato: un giorno ai M5S, censura alla Lega. Grasso: ‘Mai più’”.
Su La Stampa: “Gesti osceni al Senato, Barani e D’Anna sospesi per cinque giorni”, “Rivisti i video delle sedute, Grasso avrebbe voluto pene più severe. La senatrice offesa: ‘troppo poco’” (si tratta di Barbara Lezzi, M5S).

Su Il Giornale si legge che nel video visionato dal presidente Grasso “non tutto è chiaro” ma “il gestaccio del senatore Barani c’è”, come si vede l’altro gesto del senatore D’Anna. Quella di Grasso non è “proprio la punizione esemplare che volevano i grillini”, anche perhé il Pd era “preoccupato di non calcare troppo la mano con il gruppo di Ala, i cui voti sono preziosi per la riforma del Senato. Qualcuno dice che i dem avrebbero voluto che la sospensione decorresse dopo il 13 ottobre, a giochi fatti. Ma ufficialmente il Pd smentisce. Comunque, deve intervenire Grasso che precisa: la sanzione è già scattata”.

Sul Mattino una intervista a Vincenzo D’Anna. “La verità è che volevano inc..rmi, far mancare due voti a Renzi”, “la verità è che gli brucia il culo e sono parecchi, dal Ncd alla sinistra a Fitto” e poi “Grasso è stato vergognoso contro di me e il mio collega”.

Intanto sulla riforma del Senato proseguono le votazioni. Il Sole si sofferma su altri nodi del testo, dalla questione della elezione del presidente della Repubblica e dei quorum necessari per eleggerlo e del federalismo, ovvero sulle maggiori competenze legislative al Senato e sul passaggio di alcune materie dallo Stato alle Regioni, su cui ci sono molti emendamenti del senatore Calderoli.

Berlusconi e Salvini

Su La Repubblica: “Incontro segreto Berlusconi-Salvini. Scontro su tutto”, “Vertice domenica sera a Arcore. Lite anche su Milano”.
La Stampa: “Berlusconi vede Salvini. Nessun accordo su chi guiderà il centrodestra”, “Divergenze anche sulle candidature a sindaco di Milano”.
Anche sul Corriere si racconta dell’incontro “segreto” nel quale “la prima pietra sul cantiere della nuova coalizione di centrodestra è stata posata”.
Il Giornale scrive che “la comune opposizione al governo Renzi” favorisce la definizione di un “percorso comune con lo storico alleato leghista. Tanto più che Berlusconi confessa di essere quasi sollevato dalle defezioni utili a depurare il partito da quelli che lui chiama ‘i mestieranti della politica’”. Il Giornale scrive che domani Berlusconi presiederà una riunione di senatori e poi “accoglierà a Palazzo Grazioli le ‘truppe di Nunzia’, ovvero i cento amministratori locali campani che hanno seguito Nunzia De Girolamo nel suo ritorno sotto le insegne di Forza Italia”. Il quotidiano scrive anche che domani Berlusconi “sentirà al telefono Vladimir Putin per gli auguri di compleanno”.

Isis, Siria, Iraq

La Stampa: “Duello fra caccia russi e turchi. La Nato: Putin fermi gli attacchi”, “Un Sutkhoi sconfina in Turchia, si alzano gli F-16 di Ankara e lo ‘scortano’ indietro. Altri 15 blitz contro i gruppi anti-Assad. Al Qaeda mette una taglia sui soldati di Mosca”. Ne scrive Anna Zafesova, che sottolinea come “la coalizione internazionale onnicomprensiva, proposta da Putin appena una settimana fa all’Onu, è diventata un’alleanza Mosca-Damasco (con l’appoggio di Iran e Iraq) contro tutti”.
A pagina 7 il “retroscena” di Maurizio Molinari: “Offensive di terra e alleanze fra i ribelli. Ecco l’effetto dei raid”, “Usa pronti a sostenere un blitz curdo a Raqqa. E l’Iran invia truppe nel cuore di Damasco”.
La Repubblica: “La Nato contro Mosca: ‘Fermi i raid in Siria, sta colpendo i civili’”, “Due caccia sconfinano, tensione con la Turchia. ‘Volontari russi pronti’. L’Is abbatte l’arco di Palmira”. E “lo scenario” tracciato da Federico Rampini: “Curdi e arabi per l’attacco di terra. Obama risponde a Putin”, “L’ironia di Mc Cain: ‘Il Pentagono ha speso 500 milioni di dollari per addestrare cinque ribelli anti-Stato islamico, speriamo siano cinque Terminator”.

Sul Corriere si legge di “Americani furiosi” con Mosca e del rischio “per la prima volta da molto tempo a questa parte” di uno “scontro tra forze russe e della Nato”. Sulla stessa pagina, in alto: “Jet russi sconfinano, monito Nato. I Mig di Mosca avvistati e intercettati nello spazio aereo turco. Ankara convoca l’ambasciatore: ‘Abbatteremo gli intrusi’”.
Il Sole: “La Nato avverte Mosca: stop ai raid. E’ già alta tensione per lo sconfinamento di un jet russo nello spazio aereo turco: ‘violazione inaccettabile’. L’ira di Ankara: considereremo la Russia responsabile di qualsiasi incidente”
La Stampa si occupa anche della proposta che il presidente turco Erdogan farà oggi a Bruxelles: una zona protetta in Siria per i profughi. E riferisce le sue parole: “Pochi aiuti dall’Ue, il Pkk curdo p terrorista come l’Isis”. “Noi -ha detto- ospitiamo oltre due milioni di profughi. Abbiamo speso 17,8 miliardi per ospitarli e ricevuto solo 417 milioni di aiuti”. Ma Marco Zatterin, corrispondente da Bruxelles, sottolinea che i Ventotto hanno stanziato almeno un miliardo per Ankara, anche se Erdogan fa finta di nulla: vuole chiaramente che l’Ue faccia di più, vuole che la sua prospettiva di adesione all’Ue sia trattata seriamente.

Il Corriere della sera, con Franco Venturini, scrive a pagina 3: “Dalle prossime ore Tornado in azione in Iraq. Ma l’Italia non allargherà i raid in Siria”. “La presenza dell’Italia nella coalizione compie così un salto di qualità che il Corriere aveva auspicato”, “i Tornado, configurati inizialmente per la ricognizione e la ‘illuminazione’ degli obbiettivi, assumeranno le loro piene caratteristiche di cacciabombardieri e dunque colpiranno direttamente i bersagli individuati in base alle nuove regole di ingaggio. Come fanno peraltro, in Iraq, gli aerei di Paesi ben più piccoli del nostro”. Solo in Iraq, perché gli iracheni “ci hanno chiesto” di farlo “mentre il governo siriano, piaccia o non piaccia, ha rivolto questa richiesta soltanto alla Russia. La distinzione ha un valore legale che l’Italia non ha ritenuto di ignorare”.

Il Sole: “Più Tornado italiani contro l’Isis”. “Ash Carter torna a Roma. Il segretario Usa alla Difesa visiterà Sigonella insieme al ministro Pinotti”. Carter chiederà un maggior impegno di aerei Tornado in Iraq, l’Italia “non potrà far altro che confermare quanto ribadito dal premier Renzi”, ovvero che non parteciperà a missioni in Siria “anche per i vincoli costituzionali del nostro Paese e per evitare di creare una situazione simile a quella venutasi a creare in Libia”.

Sul Corriere Paolo Mieli parla di Bashar Al Assad e della strategia anti Isis dell’Occidente, dove ci sarebbe “qualcosa che non torna”, perché se definiamo l’Isis “nuovo nazismo” “la logica imporrebbe di considerare alleati pro tempore o in ogni caso non nemici tutti quelli che si oppongono all’Isis. A cominciare dal despota siriano Bashar al Assad”. Fare diversamente sarebbe come se “ai tempi dell’assedio di Stalingrado (luglio 1942-febbraio 1943) inglesi e statunitensi avessero sotto sotto tifato per la contemporanea sconfitta del generale von Paulus e del maresciallo Zukov”.

Greta e Vanessa

Libero: “Per le pacifesse abbiamo pagato 11 milioni”. “La Farnesina definì ‘illazione’ la notizia del versamento”.
Sul Corriere Fiorenza Sarzanini – parlando del presunto riscatto pagato ai terroristi – ricorda che davanti ai magistrati della procura di Roma “erano state invece Greta Ramelli e Vanessa Marzullo – le due giovani sequestrate ad Aleppo il 31 luglio del 2014 e segregate per cinque mesi e mezzo – a confermare di aver saputo dagli stessi rapitori che la contropartita per il loro rilascio era il denaro”. Sarzanini spiega che la notizia ieri è stata diffusa dall’agenzia Ansa che “prima parla di ‘fonti giudiziarie’ poi spiega che ‘il tribunale islamico’ del Movimento Nureddin Zenki, una delle milizie già indicata come coinvolta nel sequestro, ha condannato Hussam Atrash, descritto come uno dei signori della guerra locali, capo del gruppo Ansar al Islam. Nessun organo ufficiale, dunque, ma l’esito di una resa dei conti interna ai gruppi fondamentalisti”. Ufficiosamente non risulta ai servizi segreti italiani che Hussam Atrash fosse uno dei mediatori, scrive il Corriere.

Air France

La Stampa dedica le prime tre pagine a quanto accaduto ieri nella sede della Air France: “La rabbia dei lavoratori per i tagli. Aggrediti i manager di Air France”, “Protesta nella sede della compagnia contro il piano di 2900 esuberi: vergogna, andatevene. Sette feriti, due dirigenti assaliti dalla folla. Il premier Valls ai sindacati: sono scandalizzato”. E il quotidiano intervista il professor Amadieu, docente alla Sorbona di Relazioni industriali. Conosce benissimo Xavier Broseta, responsabile delle risorse umane di Air France, aggredito ieri e fuggito con la camicia strappata e il torso nudo: “viene spesso nel nostro dipartimento a insegnare agli studenti come gestire le relazioni con i sindacati. E’ una persona ragionevole, conciliante”. Com’è potuto accadere? “In Francia esistono forme di radicalizzazione dei conflitti sociali che sono sconosciute negli altri Paesi, in Germania e anche in Italia. Emersero la prima volta nel 1995, quando vivemmo una fase socialmente difficile. Iniziarono i sequestri dei dirigenti, soprattutto i responsabili delle risorse umane”. Perché la situazione in Air France è degenerata? Amadieu ricorda che prima dei Mondiali di calcio del 1998 i piloti e i dipendenti di Air France minacciarono di bloccare il traffico al momento dell’evento: “allora si risolse il problema all’americana, offrendo azioni ai dipendenti e un posto ai piloti nel consiglio di amministrazione: cercando di responsabilizzarli. Funzionò”. Interpellato poi su chi siano gli aggressori di Broseta, Amadieu si dice convinto che i dirigenti della Cgt abbiano “perso il controllo su quei dipendenti”. A pagina 3 una lunga analisi di Cesare Martinetti, che parla di “un Paese smarrito che ha perso i riferimenti”: “un Paese che vive sull’orlo di un precipizio culturale e politico che si chiama Marine Le Pen”. Che si tratti delle proteste degli allevatori o di quella dei tassisti Uber, “il denominatore comune è sempre riconducibile alla perdita di identità e di sovranità”.
Anche La Repubblica dedica le pagine 2 e 3 alla “Rivolta per i 2900 tagli all’Air France. I lavoratori aggrediscono i manager”. E sul tema “il retroscena” di Ettore Livini: “Dall’ipotesi Alitalia all’effetto low coast, storia di una crisi nata in Europa”. Livini dà conto anche dei “mugugni ad Amsterdam, dove Klm rischia di scontare le difficoltà del gruppo controllante”. Secondo Livini “il peccato originale del management è il ritardo con cui ha affrontato la sfida di RyanAir e Easyjet. Dieci anni fa -quando Air France si specchiava ancora nella sua grandeur- solo il 16% del traffico continentale era in mano ai vettori a basso costo” (oggi i low-coast nei cieli europei sono al 40%).

Sul Sole Marco Moussanet (“I molti nodi di un Paese corporativo”) ricorda che la Francia non è nuova a episodi di questo genere, “basti pensare ai numerosi sequestri di manager degli anni scorsi, da Caterpillar a Goodyear. Ma a questo non si era mai arrivati. E la foto di Broseta a torso nudo che scappa scavalcando una griglia rimarrà a perenne testimonianza delle difficoltà che ha la Francia a costruire delle relazioni industriali degne di un Paese moderno”. Si ricorda che i sindacati hanno una bassissima adesione (solo il 4 per cento dei lavoratori è iscritto al sindacato nel privato, l’8 per cento compreso il pubblico) e che sono arretrati: “è un sindacato moderno quello che impedisce l’apertura domenicale e serale dei negozi in una delle capitali mondiali del turismo? O si rifiuta di prendere in considerazione il superamento delle 35 ore, una delle follie tutte francesi? O di portare a 64 anni l’età pensionabile?”.
Sul Corriere si spiega che “nel groviglio di corpi dai quali i due dirigenti di Air France usciranno malmenati e seminudi” non si capisce bene se i partecipanti all’aggressione siano militanti dei sindacati Cgt, di Fo o di Sud (Solidaires, Unitaires, démocratiques). Il quotidiano offre anche un ritratto delle posizioni di Erick Derivry, presidente del sindacato piloti ‘Snpl Alpa’ che si oppone ai “sacrifici crescenti richiesti ai dipendenti” e cita la battuta di Olivier Besancenot del Npa (Nuovo partito anticapitalista), già candidato alle presidenziali: “sans culottes 1 / sans chemises 0”.

Trans Pacific Partnership

Il Sole dedica il titolo di apertura alla notizia della firma, all’alba di ieri, dopo una maratona negoziale, dell’accordo di libero scambio della regione del Pacifico, il TPP o Trans Pacific Partnership.Un patto voluto da Obama per arginare “la crescente influenza della Cina, fuori dall’intesa, premendo perché acceleri il suo cammino verso trasparenza e free market”. “La disputa risolta in extremis ha riguardato la protezione di brevetti farmaceutici, sulla quale insistevano gli americani e che vedeva invece la resistenza di nazioni guidate dall’Australia interessate a velocizzare l’introduzione di prodotti generici. Il compromesso prevede ora una protezione tra cinque e un massimo di otto anni per farmaci biologici, rispetto alla richiesta statunitense di dodici anni. Difficili trattative in chiusura hanno avuto luogo anche sul settore auto, sui latticini e sull’insieme della proprietà intellettuale”. I capisaldi: riduzione progressiva di dazi e barriere, liberalizzazione dei mercati agroalimentari, norme comuni su brevetti (“ vantaggio sia di società farmaceutiche e di Tlc”), apertura delle frontiere per Internet. L’accordo è tra Usa, Giappone, Australia, Canada, Cile, Perù, Nuova Zelanda, Messico, Malesia, Vietnam, Singapore e Brunei.

Sul Corriere Massimo Gaggi scrive che l’Ue dovrà riflettere, perché il Ttip, il Trattato Trans-Atlantico che dovrebbe essere il gemello del Tpp (e bilanciarlo), è finito da qualche mese su un binario morto per la difficoltà di colmare le distanze che rimangono tra Europa e Stati Uniti in diverse aree” e ricorda che ora però la parola passa ai Parlamenti nazionali: opposizioni ci saranno in Giappone, Vietnam e soprattutto Usa, dove Obama “ha contro quasi tutto il suo partito (Hillary Clinton compresa), i sindacati, alcuni grandi gruppi industriali come la Ford e anche Donald Trump che, cavalcando una deriva populista, prende le distanze dal suo partito e definisce il Tpp un pessimo accordo”.

Sullo stesso quotidiano si dà anche notizia che l’Italia proprio ieri “ha aperto ieri un fronte di discussione (scontro) internazionale che nei prossimi mesi sarà molto caldo”. Riguarda la Cina e la possibilità per Pechino di accedere allo status di “economia di mercato”. “Roma è contraria: lo ha detto il viceministro per il Commercio Carlo Calenda. Sarebbe ‘un disarmo unilaterale’ nei confronti di un’economia che non soddisfa le condizioni per essere definita tale ma che, se quello status le venisse concesso, godrebbe dei privilegi che esso comporta”.

Mondadori

Sul Corriere Marina Berlusconi, intervistata, spiega di ritenere che sia “interesse di tutti che uno dei protagonisti della nostra storia culturale, Rcs con i suoi libri, resti italiano, e che l’editoria nazionale non diventi terra di conquista per i concorrenti stranieri”. Ricorda che nel resto del mondo “Random House ha comprato in Gran Bretagna Penguin e in Spagna Santillana, Gallimard in Francia ha acquisito Flammarion, Pearson vende le quote nel Financial Times e nell’Economist per investire nell’editoria scolastica”. Sulle dimensioni: “Naturalmente ci rimetteremo al giudizio dell’Antitrust. Vorrei però far notare che l’acquisizione comprende sia i libri trade, cioè narrativa, saggistica, varia, ecc…, sia la scolastica”. Sui libri “trade”, “la nostra quota sarà un po’ più alta, poco sopra il 34%, ma dipende dal fatto che quello italiano è un mercato molto ristretto”, visto che in termini di fatturato nel mondo “sia Mondadori che Rcs sono sotto il trentacinquesimo posto”. Berlusconi parla anche dell’ebook, ricorda che “negli Stati Uniti e in Gran Bretagna si è fermato sul 25%. In Italia siamo ancora attorno al 5%”, e non ha fatto scomparire il libro di carta. E in ogni caso “l’ebook non è altro che la versione digitale del libro cartaceo. Il mestiere dell’editore non cambia, i suoi margini aumentano, gli autori incassano di più, i lettori risparmiano, il mercato si allarga”.

Sinodo

La Stampa: “Il Papa al Sinodo: niente compromessi”, “Al centro dell’assise sulla famiglia le diverse posizioni su divorzio, eutanasia e aborto. Francesco: ‘Serve uno spirito di collegialità. No a negoziati, non siamo un Parlamento”. E a pagina 5 un’analisi di Andrea Tornielli: “’No alle aperture’. Il primo round va ai conservatori”, “Sui sacramenti ai divorziati prevale la linea del ‘no’”.
Sulla stessa pagina anche un “retroscena” dello stesso Tornielli: “Il Vaticano e la questione gay: ‘Ci sono circoli che vogliono imporci la loro agenda’”, “Dall’incontro con l’impiegata Usa al caso Charamsa: per la Santa Sede c’è stata troppa enfasi mediatica”.
La Repubblica: “Francesco: il Sinodo non è un parlamento. Scontro sui divorziati”, “Il Papa: qui non si cercano accordi o compromessi. Erdo: no alla comunione. Forte: cercare nuove strade”. E il quotidiano intervista Reinhard Marx, capo della conferenza episcopale tedesca, che dice: “Non possiamo guardare indietro. Bergoglio ci chiede cose nuove”. A pagina 18, un’inchiesta firmata da Maria Novella De Luca e Paolo Rodari: “’Dobbiamo scusarci con i gay’. Le voci del dissenso dentro la Chiesa”.
Il Fatto: “Il Papa: ‘Non siamo in Parlamento’. Primo scontro fra i cardinali al Sinodo”, “Il francese Vingt-trois: ‘La dottrina non cambierà, sarete delusi’. L’italiano Forte: ‘Non ci riuniamo per nulla’”.
E Gianluca Roselli descrive alcuni dei protagonisti del Sinodo: “Il duro allievo di Ratzinger e l’eretico’ di Germania”, “L’africano Sarah e il campione degli integralisti, Kasper apre ai divorziati”.
A pagina 3 un’intervista a al cardinale che, secondo il quotidiano, il Papa vorrebbe a capo della Cei: Gualtiero Bassetti, arcivescovo metropolita di Perugia. Dice: “L’omosessualità è una cosa seria, non se ne parla in enoteca”, “Nella chiesa c’è un confronto, non è un talk show. Charamsa ha sbagliato”, “I vescovi non fanno politica, annunciano il Vangelo. E la Chiesa non è, non è mai stata, il sindacato dei cattolici”.

Sul Corriere una intera pagina firmata da Nando Pagnoncelli su un sondaggio sulle unioni omosessuali. Favorevoli tre italiani su quattro ad un qualche riconoscimento, “divisi a metà tra matrimonio e unioni civili”. Il 50 per cento degli intervistati, leggermente in calo rispetto all’anno scorso, definisce famiglia “una qualunque coppia legata da affetto che intenda vivere insieme”. Il 52 per cento del campione ritiene la legislazione italiana arretrata (era il 56 per cento un anno fa). Favorevole al matrimonio omosessuale il 37 per cento, alle unioni civili il 39, contrari sia all’uno che all’altro il 22 per cento. Quanto al Sinodo e alle sue decisioni, “secondo il 48% prevarranno le posizioni più tradizionali e conservatrici mentre il 41% si aspetta l’affermazione di quelle più aperte e innovatrici”. Questo dato secondo Pagnoncelli evidenzia il “ rischio di uno scollamento tra i credenti, sempre più vicini al papa e in sintonia con le sue posizioni, e la Chiesa identificata con la gerarchia ecclesiastica”.

E poi

Su L’Unità, intervista al direttore dell’Agenzia delle Entrate Rossella Orlandi: “Contro l’evasione controlli ma anche nuovi strumenti”, “Cambia l’azione di contrasto: incrocio dei dati e scambi di informazione con altri Paesi”, “Nel 2014 abbiamo recuperato la cifra record di 14,2 miliardi di tutte le imposte, una cifra enorme, certificata”.
Sul Corriere Mario Sensini si sofferma sui meccanismi allo studio del governo per consentire una uscita anticipata dal lavoro rispetto ai parametri stabiliti dalla legge Fornero “ma non sembrano esserci grandi margini per un intervento di sostegno dello Stato. L’ultima ipotesi, non a caso, è quella che permetterebbe ai lavoratori di uscire prima ottenendo dall’azienda in cui lavorano un prestito in attesa dell’assegno previdenziale, da restituire successivamente attraverso l’Inps”. In pratica le aziende dovrebbero anticipare ai lavoratori i contributi mancanti per arrivare alla pensione anticipata e presterebero al dipendente la pensione, in attesa dell’età.

redazione grey-panthers:
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