Sono passati settanta anni dalla scomparsa di James Dean, uno dei divi più amati di Hollywood. Ancora oggi mito ineguagliato, è la vittima di un mondo incapace di trasmettere nuovi valori morali, simbolo di una generazione difficile e sofferta di giovani che non riescono a inserirsi in una società caratterizzata da valori tradizionali ormai superati
La notte dell’8 febbraio 1931 a Marion, nell’Indiana, alle ore 2.11 del mattino, nasce James Byron Dean. L’America dopo il crollo della borsa di Wall Street sta attraversando uno dei periodi più bui della sua storia. Per fortuna il cinema è lo svago maggiore in grado di aiutare la gente (dodici milioni di disoccupati) ad aspettare tempi migliori. ”Ma il cinema ‘tira’ – scrive Goffredo Fofi nel suo libro “Il secolo dei giovani e il mito di James Dean”, La nave di Teseo – la grande novità è che ormai ‘parla’, e la gente fa le code per distrarsi sognando. Ammira Greta e Marlene, ride con i fratelli Marx– ride e piange con Charlot (“Luci della città”), freme con “Frankenstein”, canticchia con Ruby Keeler e Dick Powell guardando i musical caleidoscopici di Busby Powell. Poche le storie che alludono alla grande miseria che attanaglia il Paese, che raccontano la crisi. La parola d’ordine è ‘evasione’ e il cinema, arte fondamentale’ sia per la Russia da poco bolscevica sia per l’America della libera impresa, è un’arte fondamentale’ per far pensare ad altro”.
In apertura: “La valle dell’Eden”
Il timido, miope e piccolo di statura James trascorre un’infanzia sofferta a causa della morte della giovane madre, avvenuta quando lui aveva solo 9 anni, a Fairmount nell’Indiana, una tranquilla cittadina, dove oltre a praticare diversi sport, studia musica e recitazione, incoraggiato dagli zii Ortense e Marcus che lo hanno adottato. Trasferitosi poi in California riesce presto ad apparire in alcuni tv movie e film presso gli studi di Santa Monica e di Los Angeles, prima di andare a vivere nel 1952 a New York, entrando nel prestigioso Actor’s Studio di Lee Strasberg.
Dean, dal teatro di Broadway allo schermo
La sua recitazione sofferta e la sua capacità di calarsi nei personaggi gli permettono di farsi notare a Broadway nel primo ruolo importante della sua carriera teatrale in “See the Jaguar”, per poi riprendere a lavorare in televisione, sempre in parti di giovane sbandato e poi nuovamente in teatro nel 1953 con “Immoralist”, una pièce tratto dal romanzo di André Gide. Una sera il regista Elia Kazan, l’autore di “Un tram che si chiama desiderio” e “Fronte del porto”, lo nota e decide di affidargli il ruolo Carl Trask, l’adolescente selvaggio e tormentato di “La valle dell’Eden”, un film che sarà poi molto apprezzato dal pubblico giovanile pronto a fare la fila in molte sale americane per vedere sul grande schermo questo nuovo idolo dei teenagers. “Era Carl in persona. Jimmy era l’ideale. Lui provava un profondo rancore per tutti i padri. Era vendicativo. Soffriva di un senso di solitudine e di persecuzione”. Così Trask spiega le ragioni della scelta di Dean per “La valle dell’Eden”.
Sono gli anni nei quali Hollywood sta profondamente cambiando anche per merito di tre grandi attori fuori classe come Marlon Brando, Montgomery Clift e anche il giovane James Dean, che mettono in discussione il modello della recitazione praticato fino ad allora. In particolare tramonta lo star-system “che manipola l’attore secondo le regole del Divismo (spesso cominciando a dargli un nome falso), e mentre lo costringe per contratto a rispettare nella vita privata certe norme di comportamento con abili campagne pubblicitarie, ne mette a frutto i gusti eccentrici, le rare comparse in pubblico, le avventure sentimentali, sì che la sua immagine assuma una carica d’attrazione sufficiente a fascinare lo spettatore dei film in cui appare”. (“Le mille parole del cinema Dizionario portatile dello spettatore” di Giovanni Grazzini- Universale Laterza)
Dean e la “Gioventù bruciata”
Nel 1955 il regista Nicholas Ray lo sceglie tra gli interpreti di “Gioventù bruciata”, una acuta riflessione sul malessere, sul disagio e sulle incertezze dell’America in profondo cambiamento e dei suoi protagonisti, i teenagers dal ciuffo ribelle, con i blu- jeans, con le motociclette, con il loro scatenato rock and roll, con i drive- in. Uno spaccato anche sociologico sul fenomeno della devianza minorile (i teddy -boy), che sarà poi portato più volte sugli schermi. L’ultima settimana di maggio del 1955 terminano le riprese del film: la lavorazione è risultata piacevole e rilassante, soprattutto per merito del regista, rendendo meno difficoltoso l’approccio a un tema sociale d’attualità, la ribellione dei giovani americani, i “Ribelli senza causa” (titolo originale dell’opera) che non riescono a inserirsi in una società caratterizzata da valori tradizionali ormai superati, quei valori però che avevano permesso all’America di uscire vincitori dal secondo conflitto mondiale.
Nicholas Ray e i suoi sceneggiatori si sono documentati sull’argomento intervistando decine e decine di ragazzi bordeline e ascoltando il parere di numerosi criminologi. Gli interpreti principali James Dean, Sal Mineo, Dennis Hopper e la sedicenne Natalie Wood, sono affascinati dalla personalità del regista e la loro recitazione ne risente positivamente contribuendo a rendere la pellicola un’acuta anticipazione della ribellione giovanile che esploderà poi alcuni anni più tardi non solo negli Usa. Il successo arriva anche in Europa, dove il fenomeno dei teddy boys sta prendendo piede.
Nel suo terzo e ultimo film, Il gigante (1956) di George Stevens, Dean si concesse un ruolo negativo (per il quale avrebbe ricevuto la seconda nomination all’Oscar), quello di Jett Rink, l’allevatore texano che scopre il petrolio nel suo terreno, ma che verrà rovinato dal successo. Quasi al termine della lavorazione, il 26 settembre 1955, James Dean avendo ancora solo poche scene da girare, decide di passare il suo week end libero partecipando a una corsa automobilistica a Salinas (città che ha dato in natali allo scrittore Steinbeck) insieme al suo meccanico di fiducia Rolph Wutheric.
Il 30 settembre al tramonto (sono esattamente le 17,50) sulla strada per Salinas a sud di San Francisco presso Paso Robles nel deserto della California, all’incrocio tra la statale 446 e la 41, la Porche 550 Spyder lanciata a folle velocità dall’attore che è al volante, si scontra con una Ford Tudor guidata da uno studente di nome Ronald Turnupseed. L’impatto è devastante per la Porsche, ridotta a un ammasso di lamiere. L’attore muore quasi subito per le lesioni interne, mentre il meccanico Rolf Wutherich, seduto al suo fianco, verrà catapultato in un fosso riportando ferite gravissime.
Praticamente illeso è invece il guidatore dell’automobile investitrice che però sarà costretto a portare sulla coscienza la responsabilità dell’accaduto (per anni dovrà eclissarsi per non dover subire il continuo assalto dei giornalisti, a caccia di nuove improbabili versioni dell’accaduto).
Scompare così a soli ventiquattro anni James Dean, ancora oggi un mito ineguagliato, pari a quello di Marilyn Monroe nel versante femminile, destinato a entrare per sempre nella storia del cinema con sole tre pellicole: “Gioventù bruciata”, presentato a New York poco prima della sua morte, il 3 settembre 1955 e nelle sale alla fine di ottobre, “La valle dell’Eden”, uscito con ottimi incassi nel 1954 e “Il gigante”, sugli schermi americani più di un anno dopo il terribile incidente, il 10 ottobre 1956.
Una carriera breve come una meteora, ma in grado comunque di lasciare un’eredità: la nascita di un’altra grande star, Paul Newman, che interpreterà al suo posto nel 1956 “Lassù qualcuno mi ama” di Robert Wise.
James Dean è il simbolo di una generazione di americani, quella degli anni Cinquanta, non coinvolta nel dramma della Seconda guerra mondiale, ma sofferente per la povertà culturale ed affettiva di una società disturbata dal clima sociale e politico causato dalla Guerra Fredda e soprattutto soffocata da un perbenismo ormai insopportabile, appena mascherato da un consumismo in grande espansione.
Il ribelle senza causa incarnato da James Dean è la vittima di un mondo incapace di trasmettere nuovi valori morali. Con i suoi gesti, con i suoi tic, con i suoi sguardi disperati, entra di prepotenza nell’immaginario collettivo. Il suo mito, alimentato da una drammatica e troppo rapida conclusione della sua esistenza, a settant’anni di distanza è più che mai vivo e ancora celebrato con documentari, fotografie, filmati, spettacoli teatrali e anche canzoni. Nel pomeriggio dell’8 ottobre 1955 nella Black Creek Friends Church di Fairmount, Indiana, si tengono le esequie dell’attore che sarà sepolto vicino a sua madre nel cimitero locale. Xen Harvey, uno dei ministri che officiano la cerimonia funebre dirà una frase rimasta celebre: “La carriera di Dean non è finita. È appena cominciata. E questa volta è Dio stesso il regista”.