Le donne e la loro capacità di essere diverse con scelte e modalità proprie

Ne avevo già accennato a gennaio, ma voglio riprendere il tema delle donne perché mai come quando si parla di loro, si presenta un quadro a tinte contrapposte: bianco e nero. Poche sfumature, poco grigio. Donne in difficoltà con il lavoro, con la vita quotidiana, difficoltà acuite e rese più visibili dal Covid, come avevo descritto, donne dimenticate persino nel Recovery Plan. In fondo niente di nuovo. Ma proprio in quest’anno maledetto – e forse proprio per questo- donne in primo piano nella gestione della vita sociale. Donne vincenti. Un bianco luminoso, accecante. Angela Merkel, Ursula von der Leyen, Kamala Harris, Christine Lagarde, Jacinda Arden rappresentano un’autorità femminile presente in tutto il mondo che influisce su come orientare il futuro. E nei Paesi nordici in questo ultimo anno sei donne premier. E in Estonia una donna Presidente della Repubblica, una donna premier e sei ministre su quattordici.

Ma non solo, un altro dato è importante sottolineare. Statistiche recenti dimostrano che le aziende guidate da donne sono quelle che vanno meglio, che realizzano maggiori profitti, anche in questo periodo, anche se a volte risentono del fatto che sono soprattutto aziende di servizi, penalizzate dalla pandemia. E anche un’altra osservazione si può fare: emerge tra le donne che esercitano la leadership la volontà e l’obiettivo di definire l’agenda delle priorità, sulla base del proprio ragionare da donna. Insomma mettere ordine e pulizia nel mondo sporcato e messo in disordine, con la stessa tenacia  che le donne mettono nel mettere ordine e pulire la propria casa. Esercitando il senso del pulito, dell’estetico, del bello, dell’etico, del mite in tempi di virilità feroce. Con determinazione e competenza. Non facendosi fermare dalla grande massa di avversità che trovano sulla loro strada, soprattutto dall’essere immerse e respinte – a priori –  da un insieme di stereotipi sotterranei, ma potentissimi che le fanno sentire estranee  a quel mondo  cui vorrebbero partecipare. La posizione di una donna di potere spesso è definita stridula, stridente. Ma definire le donne stridule o stridenti è un altro modo di togliere loro il benché minimo diritto al potere perché prima ancora di arrivarci al potere devono affrontare lo stress eccessivo determinato dal dover lavorare in ambienti dominati da forte competitività e aggressività segnate dal maschile.

Dunque donne al potere, oggi. Forse perché  il mondo è sull’orlo del baratro e gli uomini si ritraggono dal potere e proclamano le massime virtù femminili, nell’attesa che anche loro, le donne, cadano nel baratro? Forse, ma intanto ci sono. E ci sono in quanto donne, non stampelle del potere maschile.

Sono sempre stata abbastanza diffidente verso una dichiarata e incondizionata ammirazione per le capacità delle donne, wonder woman. Mi è sembrata una trappola per rinchiuderle in un altro stereotipo, un modo per sfuggire, solo a parole, alla constatazione inequivocabile che  la fedeltà al modello male oriented e la cooptazione dei propri simili  non hanno portato a una dignitosa leadership, sia pubblica sia privata , proprio per l’eccesso di omogeneità, per  quel meccanismo perverso per cui biografie sostanzialmente sovrapponibili (maschio bianco cerca maschio bianco) portano a soluzioni sostanzialmente convergenti. Mi sembra che avesse ragione Alessandra Bocchetti quando diceva: “Il fatto che ci siano molte donne in Parlamento è un primo importante passo, ma questa non è la rivoluzione delle donne, sia chiaro. La vera rivoluzione sarà quando le donne saranno capaci di parlare con la loro voce, quella della loro storia, se non se ne dimenticheranno, se non se ne vergogneranno”.

E’ quello che ha detto Kamala Harris nel suo primo discorso da vicepresidente quando ha ricordato da dove viene:”Penso a mia madre e alla generazione di donne…che nel corso della storia del nostro Paese hanno aperto la strada a questo momento. Stasera rifletto sulla loro lotta, la loro determinazione e la forza della visione nel credere in ciò che poteva essere, tolto il peso di ciò che era stato. Io sono sulle loro spalle” E anche quando ha detto dove vuole andare: “Anche se sono la prima a ricoprire questa carica non sarò l’ultima. Ogni bambina, ragazza che adesso ci guarda vede che questo è un Paese pieno di possibilità. Il nostro Paese vi manda un messaggio: sognate con grande ambizione, guidate con cognizione….noi saremo lì con voi”.

Non ha detto: sono più brava di voi, ha detto: sono diversa e eserciterò il potere in modo diverso.  Piccole donne stanno dunque diventando grandi donne in molte parti del mondo. Fuorché in Italia, dove celebrazioni roboanti sulle virtù femminili sono smentite dalla invasiva pratica quotidiana del potere maschile. Ovunque. Ma qui si apre un altro discorso sulla nostra miseria. Magari si potrà riprenderlo nei prossimi mesi. Se non saremo già caduti nel baratro.

 

Marina Piazza: sociologia, femminismo, donne, studi sulla vecchiaia
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