Le imponderabili leggi delle reazioni umane: reagisco ergo sum? oppure no?

Tempo di reazione: un parametro importante per valutare lo stato del nostro cervello. Se reagisci rapidamente va tutto bene. Altrimenti? Altrimenti… passiamo oltre.

Il nostro é anche il tempo della reazione. Reazione in tempo reale é uno dei must dell’epoca, anche se questa espressione indica in fondo che il tempo si appiattisce fino a non esistere più. Tutto accade nel presente.

Internet e i social che utilizzano la Rete giocano un ruolo fondamentale: chiunque può reagire a prescindere e la reazione si diffonde e si amplifica raggiungendo il mondo intero. Una notizia ti stimola? Reagisci: non importa che la notizia sia vera o meno, né che tu sia competente o meno, reagisco ergo sum.

Ecco una notizia: un turista, a Venezia, essendo oggetto di un’osservazione da parte di un gondoliere che vuole far valere le proprie giustificate ragioni, reagisce in modo “vigoroso”, illogico verrebbe da dire, considerando come egli avesse evidentemente torto. Per contro, il gondoliere mantiene la calma, non reagisce alla violenza dell’altro, ma resta tranquillo: mite e forte, almeno così egli appare a un osservatore che commenta la scena.

 

Non si deve reagire alle provocazioni, dunque, ma é veramente così? Reagire é davvero un male e chi reagisce é un debole o un incivile o un cretino? Restare tranquilli di fronte alla violenza non é esso stesso una reazione, una delle tante possibili reazioni che gli esseri umani, a differenza della materia e degli stessi animali, hanno a disposizione?

A volte ci si chiede il perché di certe reazioni, ma ci si potrebbe anche chiedere, più in generale, perché gli esseri umani reagiscano. O meglio come accade che si reagisca ossia di che tipo sono le nostre reazioni, i nostri comportamenti reattivi?

Si tratta di reazioni biologiche? chimiche? oppure di reazioni animali? e poi ancora: reazioni organiche o inorganiche?

Ogni reazione presuppone sempre un’azione che funga da stimolo: accade in natura e lo sanno la fisica, la chimica, la biologia e altre branche del sapere scientifico. Tuttavia, niente può essere definito se non in relazione al contesto in cui accade. Occorre sgombrare il campo da tutto quello che impedisce di capire. Si tratta di riuscire a definire sempre i contorni di una ricerca, quindi darle dei limiti per definirne l’estensione e coglierne la forma. Gli scienziati, i logici razionali per eccellenza almeno secondo una certa visione abbastanza standardizzata, lavorano in questo modo: avanzano senza pretendere di avere subito il senso esatto delle cose. Quando sorge un problema del quale non colgono la logica, ossia che non possono risolvere almeno sul momento, lo spostano, gli danno un nome, lo battezzano letteralmente, per poter continuare il loro lavoro di ricerca.

In questo senso, forse la parola reazione indica che l’essere umano é un problema difficile da cogliere.

Nel fatto accaduto a Venezia colpisce che vi siano due reazioni: una materiale, corporea e l’altra che lascia intravvedere anche qualcos’altro, lo spirito, l’anima, il cuore. Insomma si vede una differenza, ma come la individuiamo? come facciamo a classificarla? Ha senso poi cercare di classificarla, visto che in fondo non si sa neppure se prendere in considerazione, per fare questo, le cause di una reazione oppure i suoi effetti? Quale logica sostiene una determinata situazione, ammesso che ve ne sia una?

Qui sta il bello: la psicoanalisi, unica fino a non molto tempo fa, sostiene che vi sia sempre una logica nelle cose dell’umanità anche se essa non ci appare immediatamente, anche nelle situazioni poco “razionali” come appunto certe reazioni.

Basterebbe individuare dunque di quale logica si tratta pensando che normalmente tendiamo a qualificare come illogica qualsiasi azione (e anche le reazioni lo sono) che ci sembri presentare almeno un certo grado di incongruenza fra presupposti e risultati, ovvero fra effetti cercati e risultati ottenuti.

Usare un cannone per abbattere una zanzara che ci infastidisce oppure cacciare il leone con una fionda sarebbero comportamenti egualmente illogici. Certamente però non privi di una motivazione. E allora dove si trova la logica delle reazioni umane? Quale é il campo dove dobbiamo cercarla?

Quando l’oggetto della nostra osservazione é l’essere umano é sempre molto difficile delimitare un campo di osservazione preciso. Noi esseri umani parliamo e la parola devia continuamente il corso di quelle definizioni che si vorrebbero univoche, pulite, definite una volta per tutte. La parola inganna, fa emergere sempre, più o meno apertamente, il tipo reattivo che é in ciascuno di noi.

Mi sembra, opinione del tutto personale e valida solo in una linea molto generale, non per ogni caso specifico quindi, che quelle che chiamiamo reazioni siano il risultato dell’articolarsi fra di loro di una serie di elementi che tutti noi possediamo in misura variabile da persona a persona:

  • fattori naturali, genetici e quindi materiali, corporei,
  • fattori culturali, ambientali, di evoluzione ed educazione, spirituali si potrebbe anche dire,
  • infine fattori imponderabili che mettono alla prova le qualità emotive e intellettuali di una persona ossia il modo nel quale ciascuno ha plasmato la propria personalità imparando a usare le proprie caratteristiche di partenza, con il sostegno dell’ambiente, della cultura.

Per cui se alla domanda “perché reagiamo?” si può rispondere “perché qualcosa ha funzionato da stimolo”, alla domanda successiva “ma perché quello sì e quell’altro no?” e ancora “perché in questo modo e non in un altro?” si può rispondere che l’equilibrio dei fattori che ci caratterizzano individualmente é diverso dall’uno all’altro, che esso non é qualcosa di stabile ma é soggetto alle contingenze della vita delle quali noi continuamente subiamo il racconto, alla cui costruzione peraltro partecipiamo.

Oggi me la prendo e domani no: anche quella del gondoliere é una reazione, semplicemente meno clamorosa di quella del suo interlocutore del momento.

Anzi, in fondo, quello che il gondoliere mostra, é che egli é in grado di usare meglio l’insieme di quei tali fattori di cui dicevo: in genere noi la chiamiamo intelligenza. C’é chi ne ha di più e chi di meno, però tutti siamo a rischio. Se si danno le circostanze appropriate possiamo sempre avere i nostri lampi di stupidità come quel tale turista.

 

 

Giorgio Landoni:
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