Uniti per Dio chi vincer ci può?

Sono passati più di 150 anni da quando con questo verso il giovane poeta mazziniano Goffredo Mameli, nella poesia che poi sarebbe diventata l’Inno ufficiale dell’Italia repubblicana, apostrofava i prìncipi degli stati e staterelli della penisola italica che si davano battaglia, favorendo i conquistatori stranieri. Innumerevoli cambiamenti sono occorsi da allora, ma Mameli, estrapolato dal contesto italiano e trasposto in quello europeo, può essere ancora estremamente attuale.

Ovviamente i problemi cui dobbiamo far fronte oggi sono differenti: non parliamo più di conflitti armati, bensì di questioni economiche, ma non possiamo dimenticare il fatto che i primi sono stati risolti solamente facendo coincidere gli interessi egoistici col bene comune.

E dunque il primo passo per risolvere le criticità attuali, come rilevato dal Presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy nel suo intervento al Forum Ambrosetti, appuntamento a cadenza annuale in cui imprenditori e manager incontrano Capi di Stato e rappresentanti delle Istituzioni europee nelle splendida cornice di Villa D’Este, è di comprendere che esse sono dettate da deficienze sistemiche, non di singoli stati, e che il solo modo per superarle è di individuare un fine collettivo, sintesi e superamento degli individualismi nazionali.

Quindi domando: è utile a qualcuno porre un aut aut tra la costruzione di una Federazione e lo smembramento dell’Unione? Ritengo che la risposta, per quanto semplice possa sembrare, racchiuda in sé l’importanza del momento storico che stiamo vivendo. Non abbiamo bisogno di rivoluzioni che ci riportino al passato o corse disperate verso il futuro, tutt’al più ciò di cui necessitiamo ora è di riforme graduali che s’inseriscano in un quadro la cui bozza sia già stata tracciata, abbiamo cioè l’opportunità ed il dovere di migliorare il sistema Europa, dotando l’Unione degli strumenti di cui ha bisogno per funzionare al meglio, cosicché possa aiutare uno Stato Membro allorché il caso lo richieda.

Ebbene, se le difficoltà odierne derivano da carenze sovranazionali, il rimedio non può essere ricercato che a quello stesso livello. Parte della soluzione potrebbe essere l’unione bancaria, già contemplata dai piani della CE e oggetto di una direttiva per soccorrere le autorità nazionali a fornire una risposta rapida ed efficace alle crisi bancarie. Questo strumento, di cui ha parlato anche Van Rompuy a Villa d’Este, tenderebbe a prevenire l’azzardo morale, malattia che rende fragilissimo il potente settore finanziario, tutelando in questo modo i correntisti dal fallimento della propria banca, ed aiutando inoltre gli altri settori economici ad uscire dalla crisi.

Proprio oggi a Strasburgo, riguardo la union banking, il Presidente della CE Barroso ha esposto la propria proposta, la quale deve essere letta nell’ottica di quella gradualità di cui prima accennavo, poiché il progetto cui mira è di giungere ad un più alto grado d’integrazione europea, e questo attraverso un lungo iter che prevede diverse tappe, tra cui la costituzione di un’unione fiscale, giovevole a quei Paesi che non riescono autonomamente a ridurre il proprio deficit e che presuppone il conferimento di poteri più estesi alle autorità centrali europee, nonché maggiore solidarietà tra Stati Membri.

Altri passaggi importanti saranno l’unione economica e quella politica, strumenti fondamentali rispettivamente per aumentare la competitività dell’area euro, e per assicurare che le misure adottate dalle Istituzioni siano sostenute e legittimate da organi democratici, in modo tale da implementare la responsabilità degli individui nei ruoli chiave.

Le riforme strutturali che i cittadini ed il mondo chiedono all’Europa, sono state fatte o sono in procinto di esserlo, però è necessario ricordarsi sin d’ora che l’evoluzione richiede tempo per compiersi, ma una volta completata i suoi risultati duraturi possono essere goduti anche dalle generazioni successive.

di Fabrizio Spada
Direttore della Rappresentanza a Milano


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