Seniority più serena anche per il paziente HIV?

Il raggiungimento di una viremia non rilevabile non è più il solo obiettivo nel trattamento dell’HIV. La nuova sfida oggi è quella di accompagnare il paziente verso una gestione proattiva delle comorbidità associate all’infezione per assicurargli una strada verso la longevità e un invecchiamento con la migliore qualità di vita possibile. Ecco perché nasce oggi HIV: GUARDIAMO OLTRE, la prima Campagna internazionale di sensibilizzazione del paziente con HIV, focalizzata sul tema dell’invecchiamento e delle comorbidità associate.

“Le terapie hanno fatto passi da gigante e oggi un paziente che riceve una diagnosi di HIV ed è in trattamento con i nuovi antiretrovirali ha un’aspettativa di vita paragonabile a quella della popolazione generale. – afferma Massimo Andreoni, Direttore U.O.C. Malattie Infettive e Day Hospital Dipartimento di Medicina, Policlinico Tor Vergata, Roma. – Uno studio recente ha valutato che nel 2010 l’età media dei pazienti era di 43,9 anni mentre nel 2030 sarà di 56,6 anni, con una percentuale di pazienti con età superiore ai 50 anni che passerà dal 28% al 73%. Tuttavia, ci sono ulteriori sfide da affrontare: invecchiare con l’HIV espone a un maggior rischio di sviluppare patologie correlate, come tumori, osteoporosi, problemi al fegato, cardiaci e neurologici.”

È da queste premesse che nasce la Campagna HIV: GUARDIAMO OLTRE: informazioni specifiche su come “invecchiare bene”, risposte alle domande più frequenti sull’HIV, video-interviste con i consigli degli esperti e delle Associazioni coinvolte nel progetto. “Da una parte i pazienti devono comprendere che trattare la malattia non implica solo la soppressione della quantità di virus nel corpo (carica virale) ma prevede un approccio “multidimensionale” da condividere sul lungo periodo con il proprio medico; dall’altra lo specialista deve essere in grado di offrire screening di primo livello per le comorbidità più frequenti.” – conclude Andreoni.

“Nel paziente con HIV patologie come il diabete, l’ipertensione, le malattie cardiovascolari, le nefropatie, l’osteoporosi, disturbi cognitivi e la steatosi epatica aumentano la loro prevalenza con l’età, ma anche a causa dell’aumentata infiammazione che il virus stesso provoca. – afferma Antonella D’Arminio Monforte, Direttore Clinica Malattie Infettive e Tropicali Dipartimento di Scienze della Salute ASST Santi Paolo e Carlo, Polo Universitario di Milano – Rispetto agli individui non infetti, nei pazienti HIV positivi le comorbidità possono insorgere più precocemente. In particolare questi hanno maggiori probabilità di sviluppare CVD (patologie cardiovascolari), fratture ossee e insufficienza renale”

Le malattie cardiovascolari sono più comuni, con un rischio di ipertensione che raggiunge il 43%, e quello di infarto il 5% (contro l’1% della popolazione generale).Aumentano anche l’incidenza dell’osteoporosi, che comporta il 50% di rischio in più di subire fratture, i disturbi neuro-cognitivi che insorgono nel 52–59% dei pazienti, mentre ansia e depressione colpiscono fino al 26% di persone affette da HIV in Europa rispetto al 7% della popolazione generale. La probabilità di sviluppare tumori è in media il doppio rispetto alla popolazione generale, il rischio di epatite cronica è superiore di otto volte, e quello di insufficienza renale di cinque volte.

È necessario, dunque, cercare di occuparsi non tanto di invecchiare, ma di ‘come invecchiare’.

“La vera sfida, oggi, è quella di fissare nuovi obiettivi, che vadano oltre il raggiungimento di una viremia non rilevabile, fino a includere la gestione proattiva delle comorbidità associate, in modo che le persone con HIV possano godere di una buona qualità di vita, piuttosto che semplicemente vivere più a lungo.– precisa Simone Marcotullio, Vice Presidente Associazione Nadir – Per questo è importante che il paziente si senta protagonista del suo percorso di salute, che contempli sia impegno nella prevenzione, ma anche attenzione alla diagnosi e alle strategie terapeutiche, in accordo con il proprio medico”.

Oggi si stima che in Italia circa S120.000 persone convivano con una diagnosi di HIV, mentre ci sono 23.000 persone con diagnosi di AIDS. In Italia vengono diagnosticati 6,1 nuovi casi di positività all’HIV ogni 100.000 residenti. L’incidenza più elevata è stata registrata nel Lazio, in Lombardia ed in Emilia Romagna.

Anche nella cura delle comorbidità esistono differenze di genere che vanno tenute in considerazione?

“Effettivamente ci sono tutta una serie di patologie proprie della donna, come ad esempio le malattie neoplastiche a carico dell’utero che nella donna HIV positiva sono molto più frequenti rispetto alla donna HIV negativa, a causa dell’infezione da papilloma virus. Inoltre è importante uno stretto controllo dello stato delle ossa per la prevenzione dell’osteoporosi. Infine le donne affrontano spesso l’infezione da HIV in maniera diversa dagli uomini: sono più angosciate nell’affermare la propria HIV positività al proprio partner, incorrono più facilmente in depressione e spesso antepongono la cura dei figli e della famiglia alla cura di se stesse.”– conclude D’Arminio Monforte.

L’HIV

CHE COS’È?

Il virus dell’immunodeficienza umana (HIV, Human Immunodeficiency Virus) è un virus che infetta le cellule CD4, uno specifico tipo di globuli bianchi che svolge un ruolo importante nella risposta immunitaria dell’organismo.

Una volta all’interno di una cellula CD4, l’HIV si replica e usa la cellula per produrre nuovi virus, causando infine la distruzione delle cellule stesse e rendendo le persone infette suscettibili a gravi infezioni e tumori.

La sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS, Acquired Immune DeficiencySyndrome) è la fase finale dell’infezione da HIV, durante la quale l’organismo non riesce più a combattere le infezioni potenzialmente letali, con un conseguente aumento del rischio di infezioni opportunistiche e di morte.

EPIDEMIOLOGIA

Oggi si stima che nel nostro Paese circa 120mila persone convivano con una diagnosi di HIV, di cui circa il 15-20% non è consapevole della propria sieropositività, mentre vi sono 23mila persone con diagnosi di AIDS.

Sorveglianza delle infezioni da HIV

La sorveglianza delle nuove diagnosi di infezione da Hiv riporta i dati relativi alle persone che risultano positive al test Hiv per la prima volta. I dati riferiti da questo sistema di sorveglianza indicano che nel 2014 sono stati diagnosticati 6,1 nuovi casi di Hiv positività ogni 100.000 residenti. L’incidenza più elevata è stata registrata nel Lazio, in Lombardia ed in Emilia-Romagna.

Le persone che hanno scoperto di essere Hiv positive nel 2014 sono maschi nel 79,6% dei casi. L’età mediana è di 39 anni per i maschi e 36 anni per le femmine.

Nel 2014 continua a crescere la quota di nuove diagnosi attribuibili a rapporti sessuali non protetti che costituiscono l’84,1% di tutte le segnalazioni (eterosessuali 43,6%; men who have sex with men, Msm 40,9%). Inoltre, il 27,1% delle persone diagnosticate come Hiv positive è di nazionalità straniera. L’incidenza è di 4,7 nuovi casi di Hiv per 100.000 italiani residenti e 19,2 nuovi casi di infezione da Hiv per 100.000 stranieri residenti. Tra gli stranieri, l’incidenza dell’Hiv è più elevata in Lazio, Campania, Molise e Sicilia. Tra gli stranieri, la quota maggiore di casi è costituita da eterosessuali donne e eterosessuali maschi mentre tra gli italiani da Msm, che costituiscono quasi la metà delle nuove diagnosi tra gli italiani. Nel 2014 oltre la metà dei casi segnalati con una nuova diagnosi di Hiv era già in fase avanzata di malattia: il 53,4% è stato diagnosticato con un numero di linfociti CD4 inferiore a 350 cell/μL.

Nel 2014 il 26,4% delle persone con una nuova diagnosi di infezione da Hiv ha eseguito il test per la presenza di sintomi che facevano sospettare un’infezione da Hiv o l’Aids, il 21,6% in seguito a un comportamento a rischio non specificato e il 2,7% per controlli specialistici legati alla riproduzione sia nella donna che nel partner.

Sorveglianza dell’AIDS

La sorveglianza dell’Aids, riporta i dati delle persone con una nuova diagnosi di Aids. Dall’inizio dell’epidemia, nel 1982, a oggi sono stati segnalati oltre 67.000 casi di Aids, di cui circa 43 mila deceduti. Nel 2014 l’incidenza è stata di 1,4 casi per 100.000 residenti.

È diminuita negli ultimi dieci anni la proporzione di persone che alla diagnosi di Aids presentano un’infezione fungina, mentre è aumentata la quota di pazienti che presentano un’infezione virale o un tumore.

Nel 2014 poco meno di un quarto delle persone diagnosticate con Aids ha eseguito una terapia antiretrovirale prima della diagnosi. Il fattore principale che determina la probabilità di avere eseguito una terapia antiretrovirale prima della diagnosi è la consapevolezza della propria sieropositività: tra il 2006 e il 2014 è aumentata la quota di persone che è arrivata allo stadio di Aids ignorando la propria sieropositività. Nel 2014 questa proporzione è del 71,5%.

LE COMORBILITA’

Negli ultimi due decenni sono stati fatti importanti passi in avanti nella gestione dell’HIV. Oggi la maggior parte dei pazienti che ricevono una diagnosi precoce e seguono correttamente la terapia con antiretrovirali riesce ad arrivare a una viremia non rilevabile, una situazione che porta moltissimi benefici dal punto di vista clinico: bassissimi rischi che l’infezione degeneri nella fase conclamata della malattia (l’Aids), di sviluppare resistenza ai farmaci, o di trasmettere il virus.

In molti casi dunque, iniziare precocemente il trattamento, permette ai soggetti di vivere più a lungo, con un’aspettativa di vita simile alla popolazione generale.

La convivenza con il virus e le terapie aumentano però il rischio di contrarre patologie associate (comorbidità). La probabilità di sviluppare tumori infatti è in media il doppio rispetto alla popolazione generale, il rischio di epatite cronica è superiore di otto volte, e quello di insufficienza renale di cinque volte[3]. Anche le malattie cardiovascolari sono più comuni, con un rischio di ipertensione che raggiunge il 43%, e quello di infarto il 5% (contro l’1% della popolazione generale)3 Aumentano anche l’incidenza dell’osteoporosi, che porta al 50% di rischio in più di subire fratture, i disturbi neurocognitivi, che insorgono nel 52-59% dei pazienti[5], mentre ansia e depressione colpiscono fino al 26% di persone affette da HIV in Europa rispetto al 7% della popolazione generale

 Malattie cardiache: il cuore e i vasi sanguigni normalmente si modificano con l’età e, invecchiando, il cuore deve lavorare di più. Il rischio di malattie cardiache aumenta indipendentemente dall’HIV, ma alcuni farmaci (non tutti) utilizzati per il trattamento dell’HIV possono aumentare il rischio.

Tumore: la relazione tra HIV e cancro è complessa. Alcuni tipi di cancro sono più comuni nei soggetti affetti da HIV, come ad esempio quelli correlati ad infezioni (anale,fegato e linfoma di Hodgkin).

Osteoporosi: gli studi hanno dimostrato che sia gli uomini che le donne affetti da HIV possono presentare una minore densità minerale ossea rispetto alla popolazione generale e maggiori probabilità di andare incontro a una frattura dell’anca.

Disturbi del fegato: i soggetti affetti da HIV, se affetti anche da epatite B o C, sono più soggetti a malattie al fegato e/o danni d’organo. Alcuni farmaci anti-HIV mostrano infatti tossicità epatica, quindi molti pazienti devono effettuare regolarmente gli esami del sangue per verificare il funzionamento del fegato.

Disturbi dei reni: In parte, questo potrebbe essere dovuto al fatto che l’ipertensione e il diabete, due dei principali fattori di rischio per le malattie renali, sono comuni nei soggetti affetti da HIV. Altri fattori di rischio per le malattie renali nei soggetti affetti da HIV sono un’alta carica virale, bassi livelli di cellule CD4 e infezione da epatite C.

Malattie del sistema nervoso centrale: i soggetti affetti da HIV sono particolarmente vulnerabili ad alcune difficoltà psicologiche (perdite di memoria, breve durata della concentrazione, sbalzi d’umore..) a causa degli effetti del virus, dei farmaci utilizzati per curarlo, della convivenza con una malattia a lungo termine e dell’ansia di trasmettere l’HIV ad altri. L’HIV può avere un effetto fisico sulle cellule cerebrali e nervose, in quanto il virus è in grado di entrare nel sistema nervoso centrale, poco dopo l’infezione iniziale.

redazione grey-panthers:
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