Cronicità e cura: come cambia la Sanità per il Long Term Care

Pubblicato il 23 Ottobre 2017 in , da redazione grey-panthers

Un recente convegno dal titolo “Per integrare Sanità e Socio-sanitario: unificare o distinguere? Sostenibilità per la gestione della cronicità: dal confronto Internazionale proposte per l’Italia” (Cergas Sda Bocconi /Korian, 4 ottobre 2017) ha posto in evidenza alcuni temi sociosanitari di grande attualità: come funzionano e come sono finanziati in Italia i servizi noti come Long Term Care per le persone non autosufficienti?

 

 

Così si è espressa Mariuccia Rossini, CEO del Gruppo Korian Italia:

“Sappiamo che il sistema di Welfare italiano attuale è in difficoltà, sia per l’invecchiamento e la cronicità della popolazione, sia per le risorse economiche calmierate.

È necessario, dunque, riflettere su possibili nuove soluzioni per rispondere in modo diverso e migliore ai bisogni sanitari, sociosanitari e sociali.

Occorre dare risposte adeguate ai bisogni di 3 milioni di persone non autosufficienti che, come è noto, nei prossimi anni diventeranno quasi 5 milioni. E queste sono cifre riferite solo all’Italia. Oggi solo in minima parte il sistema attuale di LTC risponde alle persone non autosufficienti. Le relative policy sanitarie e sociosanitarie regionali faticano a offrire risposte adeguate e aggiornate al contesto in perenne evoluzione.

Ci chiediamo quindi: sono definiti i confini del settore? A quali bisogni è possibile rispondere e, soprattutto, come? Riflettiamo insieme su tre punti nodali: l’Utente, il Sistema e il Mercato.

L’utente

Possiamo parlare di “Welfare universale”, quando solo una piccola parte delle persone usufruisce gratuitamente dei servizi? Quanti conoscono le modalità di accesso e di attivazione dell’Assistenza Domiciliare Integrata? E sappiamo per quali servizi sociosanitari è prevista una compartecipazione? In quale misura a livello regionale? Sono le persone non autosufficienti e le loro famiglie che devono ricomporre la filiera dei servizi.

Il Sistema

Siamo in un sistema sanitario e sociosanitario con Governance pubblica che viene declinata in 21 Sistemi Sanitari Regionali, differenti per regole e per utilizzo dei servizi. In questo contesto una delle difficoltà è proprio quella di definire i singoli setting assistenziali. Si pensi al tema delle Cure Intermedie. In Italia e nelle singole regioni ci sono innumerevoli modalità organizzative inserite in questo comparto: c’è la Riabilitazione Ospedaliera, la Riabilitazione ex articolo 26, la Lungodegenza, la Lungo assistenza, le Cure Post-acute e le Sub-Acute.

Se poi pensiamo al mondo delle RSA esistono nelle diverse Regioni altrettanti differenti sistemi di naming, di finanziamento, di valutazione, di tariffazione, di compartecipazione alla spesa e anche di appropriatezza e controllo! Con la nuova Legge sui LEA – del marzo 2017 – finalmente si è fatta un po’ di chiarezza, ma le Long Term Care sono una delle Aree i cui confini sono più labili anche nei nuovi LEA. Spesso il contesto regionale si focalizza sull’appropriatezza e fatica a discutere in maniera approfondita sul Sistema nella sua globalità. I dati CERGAS evidenzieranno il tema dei ricoveri ripetuti in ospedale per gli over 75 e le enormi difficoltà dei Pronto Soccorsi di dimettere velocemente le persone anziane. Fenomeni molto onerosi per il SSN che necessita inevitabilmente di trovare soluzioni.

Il Mercato

In questo contesto anche il mercato è in difficoltà perché non sempre sono chiari i confini per rispondere in maniera adeguata ai numerosi bisogni delle persone non autosufficienti. I servizi a carico del Sistema e i servizi totalmente privati, come si possono o meglio come si devono integrare tra loro e in quale contesto di regole? Sicuramente nel mercato lo sviluppo delle tecnologie e dei sistemi informatici sono una grande opportunità per innovare e modificare la presa in carico dei pazienti. Nell’attuale sistema LTC l’investimento in tecnologia non è ben definito. I costi di questo sviluppo a carico di chi dovrebbero essere?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il parere di Valeria Tozzi, Direttore MiMS Sda Bocconi sui temi della cronicità

Il paese invecchia e la medicina avanza. La combinazione dei due fattori ha un risultato ben preciso che si chiama «cronicità», un fenomeno in netta espansione per il quale il sistema sanitario sta cercando soluzioni nuove, come indica il Piano Nazionale della Cronicità appena varato. SDA Bocconi dà il suo contributo a questa ricerca con il MiMS Case Competition, un progetto nato all’interno del Master in Management per la Sanità. L’obiettivo è quello di formulare proposte concrete e innovative per la gestione delle patologie croniche all’interno di alcune regioni. Valeria Tozzi, Direttore MiMS, spiega come nasce e si sviluppa questa iniziativa.

“Alla luce del trend demografico del Paese, la gestione delle patologie croniche è forse la sfida principale per il nostro sistema sanitario nel futuro prossimo. Il primo elemento da considerare è quello demografico. L’invecchiamento della popolazione è un fenomeno di grande rilievo. Per dare alcune cifre: gli individui di 65 anni e più superano i 13,5 milioni e rappresentano il 22,3% della popolazione totale (11,7 milioni nel 2007, pari al 20,1%). Ciò genera una serie di problemi: in campo sanitario appare urgente la gestione delle patologie connesse all’invecchiamento che spesso sono molteplici al crescere dell’età e che si associano alla disabilità.
Altra priorità, collegata all’invecchiamento, è la gestione della casistica cronica che parimenti assilla l’agenda politica e la scelta dei manager della sanità: oggi quasi il 40% degli Italiani ha almeno una patologia cronica (diabete, scompenso cardiaco, problematiche respiratorie) e circa il 20% ne ha almeno due. Su questo, naturalmente, l’invecchiamento della popolazione ha un impatto importante. Oltre alla terapia, appare cruciale il follow up per rallentare l’evoluzione della malattia e preservare adeguati standard di vita: un paziente diabetico ben controllato e assistito non ricorre al Pronto Soccorso e riesce ad avere una vita del tutto normale. Inoltre, l’innovazione medico-scientifica ha reso possibile fortunatamente la cura, se non la guarigione, di molte malattie, si pensi per esempio ai traguardi nella cura del cancro o di alcune patologie neurologiche. Spesso le nuove terapie hanno di fatto cronicizzato alcune malattie che pur non potendo essere curate definitivamente, vengono in qualche modo “stabilizzate”.
Sono tutte sfide che si pongono al sistema sanitario in modo  sempre più pressante e che vengono intercettate anche dal recente Piano delle cronicità, al quale le Regioni si rifanno, organizzando i loro servizi che sono spesso molto molto differenti.
Il Piano delle cronicità fa un’operazione importante: segnala che il modello di organizzazione dei servizi deve essere diverso a seconda della patologia. È un grande passo in avanti rispetto al passato perché le precedenti politiche per la cronicità hanno considerato esclusivamente patologie croniche “tradizionali”, come il diabete per l’appunto, immaginando un ruolo centrale per il medico di medicina generale e il setting territoriale come il luogo dell’erogazione dei servizi. Nel nuovo Piano, invece, vengono presi in considerazione i reali fabbisogni dei pazienti differenziando le patologie: la sclerosi multipla, per esempio, sebbene molto meno diffusa del diabete, non può essere gestita con il modello di servizio del diabete, ma richiede il coinvolgimento degli specialisti. Il Piano analizza la cronicità nei suoi diversi aspetti: come si sviluppa la malattia, quali sono le condizioni in cui il paziente si ammala, quali le sue prospettive e il suo contesto sociale. Il sistema deve essere capace di imbastire una filiera di servizi adeguata, mettendo in relazione ospedale e territorio, costruendo una staffetta funzionale che non deve essere rigida perché la vita delle persone cambia, gli stili di vita evolvono molto più velocemente che in passato.
La Case Competition del MiMS nasce da un mandato reale da parte di un’istituzione che opera nel settore sanitario, la fondazione Pfizer, che si è resa disponibile a mettere in competizione 6 gruppi di partecipanti al MiMS (ciascuno composto da 6 persone) su temi che riguardano le politiche per le cronicità. È quindi una sfida che dovrà affrontare problemi reali e proporre soluzione realmente applicabili.
Cosa dovranno fare in concreto i gruppi? In primo luogo una diagnosi sulle politiche relative alle condizioni croniche e al loro livello di implementazione nelle aziende sanitarie. Ogni gruppo lo farà per una Regione diversa. Dovranno quindi capire che cosa è stato fatto, se funziona e perché funziona, se lo stesso livello di servizio è esteso a tutto il territorio oppure no. Sulla base di questa diagnosi dovranno poi proporre dei progetti di miglioramento, nel caso avessero individuato delle criticità, o di innovazione.
I partecipanti ragioneranno su cronicità diverse: su quelle ad alto impatto sociale perché molto diffuse, come lo scompenso cardiaco e la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). Dovranno esplorare anche alcune patologie oncologiche, che per via dell’innovazione scientifica stanno diventando croniche: fortunatamente di cancro si muore molto meno di una volta e l’obiettivo è diventato preservare le condizioni di salute e la qualità della vita di chi ha avuto un tumore. Infine, i partecipanti sono liberi di esplorare la gestione di una ulteriore situazione cronica in funzione delle specificità della regione sulla quale svilupperanno il loro lavoro. Alla fine dovranno proporre progetti su 2-3 aree importanti per le politiche e la gestione dei servizi per la cronicità.
Le proposte saranno valutate secondo diversi criteri. Innanzitutto l’accuratezza e la coerenza tra le diverse fasi del lavoro. La prima prevede la raccolta delle informazioni: valuteremo che tipo di dati sono stati raccolti, le fonti e le elaborazioni fatte. Poi, valuteremo che tipo di diagnosi faranno sullo stato dell’arte della Regione e delle sue aziende sanitarie e, infine, che risposte sapranno elaborare rispetto a quanto rilevato. Come in medicina, è importante la coerenza e la consequenzialità tra diagnosi e terapia.
C’è poi la praticabilità del progetto. Il che significa che, presentando le proposte per una determinata regione, i concorrenti dovranno collegarle a quello che la stessa Regione ha già fatto e a ciò che è nelle condizioni di fare. In altre parole, dovranno dare prova non solo di “knowledge e imagination” ma anche di concretezza. Insomma il lavoro non dovrà esser finalizzato solo alla presentazione ai membri dalla faculty SDA Bocconi, ai rappresentanti della Fondazione Pfizer e dell’impresa Pfizer, ma anche ad alcuni soggetti istituzionali del settore; in quella sede, infatti, pensiamo di invitare anche un referente del Ministero della Salute.
La Fondazione Pfizer si è resa disponibile a collaborare con MiMS su un progetto che vuole esplorare nuovi scenari, valorizzando il lavoro di 36 giovani che da gennaio 2017 seguono un percorso formativo intensivo come il MiMS.

Fonte: SDA Bocconi School of Management