Ottenere risposte senza fare domande

Pubblicato il 22 Gennaio 2010 in da Vitalba Paesano

“Io so che metà dei soldi che spendo in pubblicità sono buttati, ma non so quale sia quella metà”, diceva scherzando John Wanamaker, che creò il primo grande magazzino statunitense nel 1876. Da allora, gli uomini del marketing e i politici stessi hanno pensato molto ai modi e ai mezzi per vendere meglio i loro prodotti o le loro idee. Recentemente ha destato interesse nel mondo del marketing la possibilità di impiegare le tecniche di visualizzazione dell’attività cerebrale (brain imaging) per comprendere e valutare in maniera indipendente dalle dichiarazioni verbali  l’“efficacia” di un messaggio pubblicitario. Tale impiego, definito comunemente “neuromarketing” è stato variamente commentato (con un misto di attrazione e sospetto) in una serie di articoli pubblicati su giornali importanti di oltre oceano e in Italia, quali Forbes, The New York Times, The Financial Times, Il Corriere della Sera, Il Sole24Ore e La Repubblica.

La bussola per orientarsi nelle notizie relative a questa nuova disciplina che coniuga le neuroscienze con il marketing non può allora che essere (solidità scientifica) la comprensione dei risultati ottenuti in questo campo dai ricercatori scientifici e i loro concreti margini di applicabilità. Questa breve nota per Social Trends vuole descrivere come sia possibile impiegare alcuni interessanti risultati recenti delle neuroscienze in una prospettiva di interesse per il marketing pubblicitario.

 Neuromarketing, una possibile definizione

Il neuromarketing può essere definito come il campo di studi che applica le metodiche proprie delle neuroscienze per analizzare e capire il comportamento umano in relazione ai mercati e agli scambi di mercato (Lee et al. 2007). Un aspetto interessante del neuromarketing riguarda la misura di alcuni parametri biometrici (attività cerebrale, attività cardiaca) per asserire alcune proprietà (quali, per esempio, memorizzazione o piacevolezza) legati alla fruizione di un messaggio pubblicitario. Tali proprietà vengono stimate dai dati “biometrici” in assenza di una verbalizzazione esplicita dei soggetti sperimentali. In altri termini, si ottengono risposte senza porre le relative domande. Tali misure “biometriche” del comportamento delle persone coinvolte in un test possono essere affiancate da alcune domande da questionario tradizionale, ove le risposte certamente più dettagliate e “colorate” da un punto di vista informativo dipendono, però, dalla buona fede e dall’accuratezza con cui tali soggetti sono in grado di riferire le proprie sensazioni.

 Un valido aiuto per formulare messaggi pubblicitari

L’impiego delle tecniche di brain imaging può legare/riferire la misura del vissuto “cognitivo” (anche lo stesso dichiarato poi verbalmente in un’intervista) all’attivazione delle aree cerebrali relative a differenti stati mentali di cui una persona in test può non avere consapevolezza cosciente. Esistono oggi molte evidenze sperimentali che suggeriscono che l’impiego delle tecniche di brain imaging potrà in un futuro ormai vicino affiancare i classici test-intervista oggi impiegati nelle scienze del marketing. A tale riguardo  è interessante notare come sia possibile oggi eseguire accurate rilevazioni dell’attività cerebrale impiegando una serie di sensori apposti in maniera rapida ed indolore sulla superficie del cuoio capelluto (elettroencefalogramma; EEG), e usando appropriati metodi di analisi del segnale EEG (Babiloni, Meroni e Soranzo, 2007).

 Misurare la “memorizzazione” generata dai messaggi pubblicitari

È ormai noto nelle neuroscienze come particolari aree cerebrali nell’uomo giochino un ruolo fondamentale nella memorizzazione di “percetti” sensoriali quali immagini, suoni o anche filmati. Se tali aree cerebrali sono attive durante la fruizione di un particolare percetto sensoriale (come, per esempio, un filmato pubblicitario) osservato per la prima volta, allora diviene molto ragionevole pensare che tale percetto venga memorizzato per alcune ore o anche per giorni. Non è questa la sede per descrivere le basi neurofisiologiche di tali risultati, ma il lettore interessato può consultare la letteratura scientifica specializzata (Klimesh et al., 1999). Questa informazione ha allora un interesse specifico per il marketing, in quanto consente la valutazione su base “biometrica” della probabilità di memorizzazione di un messaggio pubblicitario già prima all’uscita dello spot (oppure in una fase precedente all’uscita dello spot) permettendo di effettuare i correttivi per migliorarne le performance. Una serie di esperimenti eseguita durante gli ultimi 4 anni nel Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia dell’Università di Roma “Sapienza” condotti dal dott. Soranzo e dal gruppo di ricerca del prof. Babiloni ha mostrato come sia possibile “predire” la memorizzazione di un particolare messaggio pubblicitario (Babiloni, Meroni e Soranzo, 2007; Astolfi et al., 2008; 2009; Vecchiato et al., 2009). In breve, è stato possibile derivare un indice numerico della memorabilità di un “percetto” pubblicitario, che varia da 0 (scarsa o nulla probabilità di memorizzazione) a 1 (massima probabilità di memorizzazione dello stesso). Tale indice di memorabilità è stato successivamente validato sui dati di un gruppo sperimentale di controllo e 15 spot pubblicitari trasmessi recentemente in Italia. La Figura 1 mostra l’andamento durante lo spot pubblicitario di un segnale cerebrale correlato alla capacità di memorizzazione. Lo spot era uno spot sociale promosso dalla Presidenza del Consiglio. Le frecce indicano i picchi dell’attività cerebrale nelle aree deputate alla memorizzazione dei percetti. Dal livello dei picchi si può stimare un indice di probabilità di ricordo sostenuto in ogni break di tempo, ad esempio durante l’esposizione del messaggio finale dello spot (brand).

 Misurare il “coinvolgimento emotivo generato” dai messaggi pubblicitari

Le emozioni vengono analizzate da parti del nostro cervello la cui attività non può essere rilevata tramite l’EEG. È possibile, però, analizzare l’influsso che le emozioni esercitano su altri organi del nostro corpo, quali cuore e ghiandole sudoripare. Mediante le variazioni della velocità di battito del cuore (Heart Rate; HR) e della conduttanza cutanea (Galvanic Skin Response; GSR) è ad esempio possibile avere indicazioni precise circa lo stato emozionale di una persona in test durante la fruizione di uno spot pubblicitario. Anche in questo caso, come per quanto riguarda la memorizzazione, è stato possibile mettere a punto un indice sintetico della capacità di uno spot di poter generare emozioni in un insieme di soggetti sperimentali. Questo indice è stato validato negli studi fatti presso il Dipartimento di Fisiologia dell’Università di Roma durante questi ultimi due anni. Nella figura 2 viene presentato l’indice emotivo (IE) durante lo sviluppo di uno spot pubblicitario di alcuni anni fa, che è stato  analizzato senza nessun coinvolgimento della casa produttrice dello stesso.  Si può vedere come allo spot un soggetto in test risponde con uno sviluppo dell’IE posizionato nelle regioni della rilassatezza e della positività emotiva. Queste indicazioni, ottenute su di una campione di persone senza una intervista verbale esplicita, possono essere lette insieme con la lettura della  capacità dello stesso spot di generare un ricordo mediante la valutazione dell’indice di memorizzazione prima presentato (IM).

I risultati recentemente ottenuti dalle neuroscienze cognitive possono perciò essere molto interessanti e concretamente già applicabili per l’analisi di alcune variabili di interesse per il marketing pubblicitario quali la memorizzazione e la piacevolezza di uno spot pubblicitario tramite gli indici IM e IE. L’impiego di tali informazioni affianca e completa quelle ottenibili mediante le tecnologie di indagine convenzionali. Infatti, la tecnologia proposta consente di poter analizzare le qualità dello spot stesso “percepite” dalle persone in assenza di dichiarazioni verbali esplicite delle stesse; ottenendo le risposte cercate senza dover fare le relative domande.

 fonte: GfK Eurisko- Social Trends n. 108- Fabio Babiloni, Ramon Soranzo)