La privacy spiegata da mia nonna. Che nonostante gli 80 anni si fa le domande giuste

Pubblicato il 13 Giugno 2019 in da redazione grey-panthers

Mia nonna, come spesso accade nelle famiglie italiane, non è andata oltre la terza elementare, ma è stata molto attenta nella “scuola della vita” e avendo molto buon senso, capacità di ascoltare e riflettere, spesso sorprende chi ritiene che alla sua età dovrebbe soltanto pensare a cucinar torte e buttare un occhio sui nipoti quando glielo chiedono. Invece, approfittando di un regalo tecnologico pensato ad hoc per lei, che invece (un po’ mi vergogno a confessarlo) era il riciclo di un vecchio (si fa per dire) tablet di un nipote che pretendeva un po’ troppo (ma questa è un’altra storia), si è affacciata su Internet e sul mondo digitale. Le sono bastate poche “lezioni di sgrossamento”, del resto ben compensate (per una vaschetta di tiramisù della nonna andrei a piedi fino al Divino Amore), per farla veleggiare nell’oceano della Rete.

Dopo qualche mese nel corso dei quali si è progressivamente appropriata delle capacità fondamentali per operare con queste tecnologie (è perfino riuscita a convincere i suoi amici del club di burraco a usare i sondaggi online per fissare le date dei tornei!) con la scusa di farmi assaggiare una variante della sua ricetta mi ha messo a parte di una sua riflessione. “Sai – mi ha detto – mi rendo conto che su Internette (testuale! Non posso però pretendere che impari anche la corretta pronuncia inglese, no?) io posso ottenere molte informazioni gratis. È bello, però mi sembra un po’ strano. Sai – ha aggiunto – è difficile che nella vita qualcuno faccia qualcosa per niente, soprattutto se lo fa in continuazione. Uno, due, tre piaceri si concedono pure, anche di più a chi si conosce, ma stare lì a rispondere ogni giorno a tutte quelle domande, chi sta dietro quella pagina lì con quelle lettere colorate, mi son sempre chiesta chi è che li paga e perché li paga“. E già qui ho pensato che mia nonna avrà pure più di 80 anni, ma certamente il cervello le funziona con più acutezza di molti adolescenti. Soprattutto perché si fa le domande giuste. Vabbè, non voglio essere il matusa critico verso i ragazzi, son tempi diversi, avranno modo di dimostrare il loro valore.

Poi la nonna ha incalzato che aveva una teoria, ma non sapeva se fosse una fantasia di chi ha studiato poco e aveva bisogno del conforto del nipote professore (lei sa molto bene quali tasti toccare con ognuno di noi!). “Io – mi ha detto – mi sono immaginata che forse tutte queste cose che io gli chiedo a quella pagina lì, lei mica se le dimentica, ma le mette tutte in fila, una dopo l’altra. E poi, come quando da giovane, con le mie sorelle, guardavamo dalla finestra i ragazzi passare (a quel tempo non potevamo mica uscir da sole) e dai loro gesti e dalle parole che ci arrivavano attraverso i vetri o le finestre socchiuse nella bella stagione, ricostruivamo la loro personalità, così quella pagina capisce chi sono. Perché in seguito, ci ho fatto caso – ha continuato – dopo un po’ sulle altre pagine che mi arrivano in risposta alla mia richiesta trovo delle reclàme (l’ho detto che mia nonna ha una certa età, no?) che, insomma, sembrano fatte proprio per me. Insomma – ha concluso – quando ero giovane la cosa aveva un senso perché dovevamo capire bene se chi ci avrebbero proposto per marito sarebbe stato accettabile o no, ma così mi sembra di avere una pettegola all’uscio tutto il giorno tutti i giorni”.

Ho dovuto confermare alla nonna che, ahinoi!, le cose funzionano proprio così. Allora mi ha chiesto se ci sono delle alternative, altre pagine cui fare le domande senza sentirsi così spiati e le ho fatto vedere due o tre possibilità. Mentre io finivo di valutare la qualità della nuova variante della sua ricetta, lei ha continuato a riflettere e poi mi ha chiesto: “Scusa, ma con quella pagina lì con le lettere colorate, è un po’ come se il bottegaio del mio paese mi avesse chiesto, 40 anni fa, quando io dovevo salire ogni giorno a Roma dal paese, ricordi?, mi avesse chiesto ogni volta di portare un pacco da dare a qualcuno. Lui avrebbe ricavato un guadagno, e io avrei fatto il trasporto gratis. Ma nessuno, a quel tempo, si sarebbe prestato a essere sfruttato in questo modo. Perché adesso le persone lo accettano?”. Per la sorpresa, mi son quasi strozzato. Ho abbracciato forte la nonna e le ho promesso: “Questa te la rubo per il mio prossimo articolo!”. Già, perché ci facciamo sfruttare in questo modo?

Ps. Ogni personaggio o avvenimento rappresentati in questo post è del tutto immaginario.

 

Professore di Informatica- Università di Tor Vergata- Roma

 

Fonte: Il Fatto Quotidiano, marzo 2019