“La battaglia culturale contro il terrorismo fondamentalista islamico”, secondo puntata

Pubblicato il 20 Febbraio 2017 in , da Laura Bolgeri

“La battaglia culturale contro il terrorismo fondamentalista islamico è il titolo di un convegno che ha affrontato un tema complesso, che può intimorire. E tanto più ci poteva intimorire perché i relatori erano personaggi che non è facile incontrare nei convegni, né nei dibattiti televisivi: il politologo Olivier Royl’inviato de Il Sole 24Ore Alberto Negri, la guida del Museo del Bardo di Tunisi Hamadi ben Abdesslem e lo scrittore libanese Hafez Haidar. Ma nella sala grande del Teatro Franco Parenti che ospitava l’incontro, il pubblico era particolarmente numeroso perché l’argomento era, e rimane, scottante. E inoltre i propositi del convegno, legati a una cosiddetta “battaglia culturale”, erano e sono un programma invitante. Fra i più interessati, oltre all’abituale pubblico dei sessantenni, studenti di Sociologia e Politiche sociali, attenti a queste tematiche che riguardano non solo l’oggi e la storia, ma anche il futuro dell’Europa. Una materia in cui le analisi e le previsioni sono molto complesse e spesso imprevedibili, ma di fronte alla quale non ci si deve arrendere perché è la conoscenza, il confronto con altri Paesi che può aiutarci ad allontanare le paure del terrorismo. 

Nel convegno si è cercato di mettere in luce coloro che nel mondo si impegnano attivamente e danno il loro contributo a un dialogo e alla pacifica convivenza fra le diverse culture, in particolare quella occidentale e quella araba e musulmana. Prima di tutto vanno considerati i Giusti musulmani che osano lottare contro il terrorismo e il fondamentalismo omicida”ha precisato Gabriele Nissimscrittore ebreo presidente dell’associazione dei Giusti intitolata “Gariwo”, che ha promosso l’incontro e ha condotto il dibattito.  I relatori dell’incontro, con argomenti  abbastanza insoliti, hanno cercato di mostrare una alternativa positiva, e di speranza, di fronte al fenomeno fondamentalista che ha  sconvolto molti paesi.

È il secondo appuntamento del ciclo La crisi dellEuropa e i Giusti del nostro tempo, organizzato da Gariwo, la onlus fondata nel  2001 da Gabriele Nissim, dallo scrittore ebreo Pietro Kuciukian, console d’Armenia in Italia e da due donne filosofe Ulianova Radice e Anna Maria Samuelli, con lo scopo di segnalare i personaggi che si distinguono per la loro resistenza morale. Gli incontri sono patrocinati dall’Università degli Studi di Milano e dalla Fondazione Corriere della Sera. Si cerca di avviare una riflessione collettiva sulle grandi questioni morali e politiche dei nostri giorni, con il contributo di intellettuali, studiosi, giornalisti e testimoni di varie origini e paesi.

Dopo il primo dibattito di gennaio sulla prevenzione dei genocidi, questo incontro del 14 febbraio ha messo in evidenza e valorizzato alcune azioni positive degli arabi musulmani in Europa e nel mondo. Sono casi spesso trascurati nelle cronache, che vanno presi come esempio di dialogo e di convivenza, contro il fondamentalismo.

Olivier Roy
Olivier Roy scrittore politologo francese, grande orientalista

I relatori, cercando di analizzare le origini del fondamentalismo islamico, hanno affrontato il tema del terrorismo che ci minaccia, cercandone le origini. Ha aperto l’incontro, lorientalista e accademico francese Olivier Roy, uno dei maggiori esperti del nuovo jihadismo europeo – suo il libro “Le djihad et la mort” (ed. Seuil) di prossima  pubblicazione anche in Italia. Olivier Roy ha spiegato come i terroristi non abbiano in gran parte una formazione religiosa e non abbiano un progetto di vita. Le ideologie estremiste hanno coinvolto soprattutto giovani immigrati di seconda generazione che vivono una sorta di mancanza di identità perchè non si sono integrati nel paese in cui vivono. E hanno intrapreso la strada del terrorismo, non partendo da una educazione nelle moschee o da una pratica religiosa, ma da una rivolta nichilista. Il punto centrale è che questi giovani non cercano la costruzione di una società fondamentalista basata sulla Sharia e sui precetti del Corano (in Europa come in Medio Oriente), ma sono attratti da una resa dei conti definitiva, dove suicidandosi si sentono vendicatori. “Forse si immaginano di essere ricompensati in un loro paradiso – è il commento di Olivier Roy- ma è nell’azione che li porta alla morte, che si compie il loro destino. Dunque è l’atto in sé che li rende orgogliosi e che raccontano, prima di compierlo, in rete e nei video dei loro telefonini. Si sentono dunque completamente realizzati nella progettazione e nel compimento del loro attentato“. Una spiegazione che può apparire terrificante.

Alberto Negri, Il Sole 24 Ore
Alberto Negri, Il Sole 24 Ore

Dopo questo  intervento  ha preso la parola Alberto Negri, inviato di guerra de Il Sole 24 Ore, che ha viaggiato per oltre 30 anni in Africa, Medio Oriente, Kurdistan e Balcani seguendone i conflitti e i mutamenti politici – e ha visto da vicino le sorti di molte popolazioni scrivendo dei reportage illuminanti.  Alberto Negri  ha giustamente ricordato le responsabilità dell’Occidente per tutto quello che è successo in Bosnia, in Afghanistan, in Iraq e in generale nel Medio Oriente – dove molti sono rimasti recentemente sordi ai crimini di Assad – e ha cercato così di spiegare l’origine del fenomeno terrorista.  Un’analisi storica dettagliata nei fatti che può iniziare dalla rivoluzione in Iran nel 1979 e poi la guerra in Iraq, Sadam Husseim, il califfato e tante “ malefatte degli occidentali“. Gabriele Nissim, a commento, ha ricordato senza polemica,  che anche il mondo arabo ha le sue responsabilità in proprio e, come ha insegnato Nelson Mandela, non esiste il privilegio dell’innocenza da parte delle vittime: “nemmeno da vittime si può scegliere la strada dell’odio”.

Hamadi ben Abdesslem
Hamadi ben Abdesslem, guida del Museo del Bardo di Tunisi

Accanto a questi  relatori  di origine europea, un forte messaggio pacifista è stato formulato da Hamadi ben Abdesslem, la guida tunisina che nel 2015 ha salvato un gruppo di turisti italiani nell’attacco terroristico al museo del Bardo, oggi testimone in prima linea del messaggio dei Giusti. Hamadi non è stato solo un uomo Giusto, che ha avuto la prontezza di salvare delle vite perché come guida turistica del museo conosceva bene tutte le possibili vie d’uscita, ma il suo gesto è dipeso da una sua  scelta personale.  E ha confessato che per lui “la religione islamica rappresenta un processo spirituale, dove ciò che conta non sono i testi del Corano, che sono datati in un periodo storico, quanto piuttosto un continuo interrogarsi, giorno dopo giorno, su ciò che è bene e ciò che male“. In secondo luogo, nella sua esperienza di guida turistica, venendo a contatto con gente di diversi paesi  in viaggio in Tunisia, ha conosciuto il grande valore della pluralità del mondo. Ha così compreso come sia “stupido erigere delle barriere contro fedi e culture differenti, perché in ogni uomo, apparentemente diverso, esiste una somiglianza che ci fa comprendere il destino comune di tutta l’umanità“. Ecco perché – ha raccontato – quando si è trovato davanti ai terroristi, ha forse avuto meno paura di fronte alle loro minacce, perché ha subito capito che “difendere il museo e le vite degli italiani significava prima di tutto salvaguardare la bellezza della pluralità degli uomini e di un patrimonio archeologico di tutta la civiltà umana”. 

 Hafez Haidar
Lo scrittore libanese Hafez Haidar

Infine l’intervento dello scrittore e poeta di origine libanese e di cittadinanza italiana Hafez Haidaruno dei maggiori studiosi di religioni, autore di diversi libri che è considerato un personaggio esemplare nella lotta al terrorismo,  candidato al Premio Nobel per la Pace 2016, da sempre impegnato nella costruzione di un ponte di dialogo tra le sponde del Mediterraneo. Hafez Haidar  ribadisce  che “c’è un solo modo sicuro per  arrivare alla pace nel mondo: chiudere le fabbriche degli armamenti”.

Ma a conclusione del dibattito ci si può chiedere: chi sono i Giusti del nostro tempo? È corretto riproporre oggi questa categoria per indicare che abbiamo bisogno di uomini che possano di nuovo salvare l’umanità dai pericoli di un nuovo imbarbarimento, provocato dall’emergere dei nazionalismi, dalla crisi dell’Europa, dalla scia sanguinosa degli attentati suicidi da parte di coloro che sognano “l’apocalisse islamica“- come  ha scritto Olivier Roy nel suo recentissimo  libro LeDjihad et la mort?

Il ciclo di conferenze “La crisi dell’Europa e i Giusti del nostro tempo”,  che Gariwo ha organizzato  cercherà di dare risposte,  con l’aiuto di  esperti di varie origini, ai tanti quesiti che attanagliano gli uomini di pace, quando si manifesta un vuoto politico, morale e istituzionale che rischia di fare emergere i lati peggiori dell’uomo. Noi cercheremo di  approfondire l’argomento e di “capire” gli esperti . 

Il prossimo incontro: Giovedì 30 marzo 2017 ore 18.00
La crisi dellEuropa. Relatori  il filosofo Massimo Cacciari e i giornalisti Ferruccio de Bortoli e Konstanty Gebert
(foto Francesca Cassaro per Gariwo)