Internet, giustizia, oblio e leggi europe …..riflessioni di un passante!

Pubblicato il 19 Maggio 2014 in , da Attilio A. Romita

EurogiustiziaLa recente determinazione della Corte di Giustizia Europea in difesa al diritto di oblio su Internet ha determinato molti commenti e discussioni.

Non sono un giurista e neppure un conoscitore di leggi e regolamenti quindi non entrerò in dotte disquisizioni sul complesso problema che potrebbe anche diventare conflitto di interessi tra cittadino che ha diritto a proteggere il suo mondo privato e il cittadino che ha diritto ad essere informato quando un fatto è diventato di dominio pubblico.

Riassumo i fatti. Un cittadino spagnolo, lo chiameremo Don Josè, nel 1992 ha subito un pignoramento legale e un giornale ha pubblicato la notizia. Con l’avvento di Internet tutta la collezione di quel giornale è stata digitalizzata, cioè è diventata un archivio elettronico e tutti possono leggerla tramite Internet e quindi tutte le notizie pubblicate possono essere ricercate tramite i “motori di ricerca”. Don Josè non vuole che quella informazione ormai antica venga fuori ogni volta che il suo nome viene usato come chiave di ricerca su GOOGLE, il più noto “ricercatore in rete”. Per far rispettare la sua richiesta Don Josè inizia una causa lunga più di 20 anni e infine la Corte Europea di Giustizia decide che Don Josè ha ragione e che tutti i motori di ricerca devono, a richiesta giustificata di un cittadino, fare in modo che questa informazione non appaia. A prima vista tutto semplice, in pratica un problema quasi irrisolvibile per due motivi principali. Se una persona è stata giudicata colpevole di un crimine e dopo alcuni anni è stata riabilitata per non aver commesso il fatto, si dovrebbe cancellare la notizia del crimine da tutti i documenti, giornali, cronache, filmati, documentari e rassegne stampa che la hanno pubblicata. Il secondo e, secondo me, più strano. Se i giornali che hanno pubblicato la notizia sono stati microfilmati, allora la pulizia dei microfilm sarebbe a carico del produttore delle macchine per la scrittura e la lettura dei microfilm. Ma questi sono solo problemi tecnici e la Giustizia è, e deve andare, oltre le banalità tecniche!

Ma proviamo a vedere il problema da un differente punto di vista: più reale e meno fiscale.

E’ sicuramente giusto che ognuno di noi voglia proteggere il suo nome e tutti gli aspetti “privati” ed è giusto che faccia di tutto per difenderli. Ed è proprio la Giustizia, cioè l’organizzazione chiamata a difendere diritti e doveri dei cittadini, che deve risolvere il conflitto d’interessi che si viene a creare tra il diritto del singolo a tener nascosta una notizia ed il diritto di molti a conoscere le notizie, tutte o quantomeno tutte, meno quella specifica in causa.

Qui non si tratta di fare considerazioni giuridiche teoriche, ma di valutare la realtà dei fatti, cioè la sentenza UE risolve il problema o quantomeno apre una via di soluzione?

Secondo la mia idea di “banale utente del mondo” quella decisione è solo una assunzione teorica irreale e antiquata che non produce alcun effetto pratico sul danneggiato e ha  enormi effetti pratici sulla diffusioni delle informazioni ed enormi costi non sempre giustificati su le società proprietarie di motori di ricerca.

Molto probabilmente i motori di ricerca, per non correre rischi, dovranno essere “parzializzati” e non dovranno cercare tra i giornali ed i saggi giornalistici che potrebbero contenere notizie che nel tempo potrebbero rivelarsi “pericolose”. Conseguenza una riduzione dell’efficacia di almeno il 50%.

La seconda considerazione riguarda proprio l’insufficienza della Giustizia. Infatti un procedimento che dura molti anni produce una mole di notizie che, a loro volta, producono informazioni anche in rete e, si potrebbe dire, reiterano automaticamente il danno per il danneggiato, cioè si arriva all’assurdo che proprio chi è chiamato a difendere la parte debole è colui che più a lungo lo danneggia.

Nel corso dei secoli le notizie sono state diffuse prima oralmente e poi con documenti scritti. Si è passati dalle poche copie dei libri medievali ai milioni di copie che escono dalle rotative, dai tatzebao della antica Cina e dagli antichi Annales murali, ai miliardi di bytes in rete dove tutti conoscono tutto molto rapidamente. Non si può bloccare questa velocità con strumenti e mentalità formalmente ottocentesche, ma non si deve rinunciare al cosiddetto diritto all’oblio.

Quale è la soluzione? Sicuramente non è quella di voler fermare il cambiamento che per sua natura non è né buono né cattivo e può diventare cattivo solo se ne facciamo un uso improprio. E sicuramente è buono non appena impariamo ad usarlo.

E agli esaltatori del buon tempo antico dico che a forza di dire che si stava meglio prima si rischia di tornare …a mugugnare in una caverna mentre tentiamo di mangiare una zuppa malcotta!

Agli esaltatori del progresso sempre e comunque dico che anche il primo uomo, che scoprì che una selce era tagliente, imparò ad usarla in modo produttivo dopo essersi procurato varie ferite.

Al mondo che cambia rapidamente mi piace ripetere le parole che, come racconta Alessandro Manzoni, il Governatore Spagnolo della Milano seicentesca rivolge al cocchiere della sua carrozza circondata dai cittadini in rivolta: “Adelante Pedro, ….con judicio!”