Informatica in pillole, con Attilio A.Romita (5)

Pubblicato il 30 Dicembre 2008 in da Vitalba Paesano

Per descrivere il funzionamento di un computer l’esempio migliore che mi è venuto in mente è quello di paragonarlo ad una fabbrica nella quale entrano materie prime ed escono prodotti finiti.

Per la trasformazione le materie prime passano attraverso varie fasi, cioè sono oggetto dell’attività di macchine specifiche ciascuna delle quali compie un operazione particolare.

Tutte le materie prime passano da una fase all’altra trasportate da immaginari vagoncini che seguono un percorso ben definito: il programma che può essere considerato la direzione operativa della fabbrica.

In una fabbrica di bibite le macchine operatrici lavano i contenitori, li riempiono di liquido, mettono tappi ed etichette, imballano le bottiglie e le caricano su i camion.

In un computer i dati di input sono assoggettati ad organi funzionali, cioè capaci di fare una azione specifica, capaci di sommarli, sottrarli, confrontarli, cambiarne il formato, colorarli ….Tutta l’area della fabbrica può essere assimilata alla memoria di un computer dove sono scritti i dati, dove risiedono gli organi funzionali e dove è registrato il programma.

Gli organi funzionali sono costituiti da uno o più chip ed hanno compiti specialistici, cioè come ho già detto sono capaci di fare, bene e sicuramente, un numero minimo e ben specificato di operazioni e solo quelle.

 Il CHIP, un piccolo servitore onnipresente

Abbiamo detto che il CHIP può essere considerato come un microcomputer progettato e costruito per fare un piccolo numero di operazioni fisse, cioè è non programmabile.

Nella nostra fabbrica immaginaria il tornio, la macchina avvitatrice, la pressa o la stazione di verniciatura possono essere considerate i CHIP mentre il programma è la sequenza variabile con cui le lavorazioni possono essere predisposte.

Nel nostro mondo “moderno” possiamo trovare un chip praticamente in tutti gli apparecchi che funzionano con l’elettricità. Ci sono chip nella lavatrice come nell’orologio o in molti giochi di bambini: praticamente tutte le volte che accanto al nome del dispositivo leggiamo la parola elettronico o digitale.

Un altra curiosità: avrete fatto caso che di tempo in tempo viene lanciato sul mercato un dispositivo “digitale” che ha funzioni innovative ed un prezzo elevato. Dopo un qualche tempo le stesse funzioni sono presenti su dispositivi molto più economici. La risposta a questa domanda non riguarda tecniche commerciali o concorrenza, è molto più tecnica: le aziende capaci di progettare chip sono poche nel mondo e quando riescono a creare un chip con nuove funzioni lo vendono a caro prezzo ad un costruttore di apparati che a sua volta vende a caro prezzo la sua produzione. Dopo un certo tempo, che può variare da settimane ad anni il produttore di chip recupera la spesa iniziale che ha dovuto fare per progettare il chip ed abbassa il prezzo e così fa anche il costruttore di dispositivi e così via sino al compratore.

Qualche aneddoto, restando in tema

A questo punto del discorso spero di aver chiarito, se non in termini scientifici, come è fatto e come funziona un “cervellone”.

Chiaramente le spiegazioni non vogliono avere alcuna completezza tecnica e vorrebbero ottenere il risultato di far apparire un elaboratore per quello che è: una macchina. E come tutte le macchine deve servire per aiutarci a rendere più semplice la risposta a qualche nostra esigenza.

Nel modo degli “informatici”, di cui per 40 anni ho fatto parte purtroppo perché i 40 anni incidono direttamente sulla mia età, si è spesso portati a “dare del “TU” ad un calcolatore dicendo cose del tipo “ha sbagliato”, “ha preso un virus”, “non risponde”, “…e adesso che hai combinato” oppure “perché ti sei bloccato”. Questo modo di esprimersi degli “addetti ai lavori” è stato rapidamente recepito dal “mondo esterno” per il quale “il calcolatore sbaglia”. Vi posso assicurare che se viene emesso un risultato sbagliato non è mai colpa della macchina che è soltanto una “grande stupidona efficiente”, ma è colpa di qualcuno di noi informatici che ha sbagliato “il programma”. 30 anni fa, avevo cominciato a fare il “programmatore” da 10 anni, giuravo sul fatto che  se mi fossi accorto che un calcolatore avesse fatto intenzionalmente qualcosa, avrebbe voluto dire che pensava ed allora io, per paura “sarei scappato a fare il piantatore di banane in Uganda!”. Io sono ancora quì ed il mondo ha perso una splendida produzione di banane ex-informatiche.

Qualche film di fantascienza ha cercato di convincerci che possono esistere computer capaci di pensare, ma anche questa è una bella storiella.

Ricordate “2001: Odissea nello spazio” ed il fantastico computer HAL. I protagonisti del film non riuscivano a liberarsi dei superpoteri della macchina che sembrava anticipare tutte le loro mosse quasi che leggesse nel loro pensiero. Una semplice azione è bastata per fermare HAL: è stato sufficiente staccare la spina. A proposito HAL si chiama così perché viene prima di IBM: H prima di I, A prima di B e L prima di M.

E per finire un consiglio: se qualche mio amico informatico cerca di confondervi le idee, parlando un anglo-romanesco condito da strane sigle, non statelo a sentire perché forse neanche lui ha le idee chiare!

Nelle prossime puntate tenterò di rendere meno oscuri alcuni concetti dell’informatica e proverò a rispondere ad alcune giuste curiosità. Visto che con il cervellone ci conosciamo da tanti spesso lo tratterò in modo amichevole e talvolta farò esempi non rispettosi. Molti miei amici informatici troveranno le informazioni imprecise e talvolta quasi sbagliate: a loro chiedo scusa e a voi lettori non informatici Vi confermo che se qualche errore ci fosse è dovuto alla mia ignoranza e non è fatto per imbrogliare. A proposito alla mia età qualche perdita di memoria è meno costoso chiamarla ignoranza.

Io penso che una migliore conoscenza di questi strumenti che ormai ci invadono sia utile per trattarli come “strumenti” cioè di attrezzature utili per aiutarci a risolvere tante esigenze e che talvolta può sembrare limitino alcune nostre libertà.

E, tanto per finire con una citazione di filosofia spicciola, la libertà vera è la capacità di raggiungere, con qualche limitazione, il bene di tutti.