Fotografare con lo Smartphone: 5- L’importanza della luce

Pubblicato in , da redazione grey-panthers

La luce è uno degli elementi fondamentali per fotografare: senza luce non può esserci fotografia. Ancora una volta va ricordato che non è la macchina che fa il fotografo, quindi non conta l’attrezzatura,  il tipo di dispositivo utilizzato, gli obiettivi o tanto meno l’apertura massima. Innanzitutto  bisogna sottolineare che il funzionamento della macchina fotografia corrisponde a quanto accade con  i nostri occhi, a seconda delle diversa quantità di luce presente.

Accade, infatti, come con l’iride dell’occhio umano, che si allarga o si restringe al variare della quantità di luce che raggiunge la retina.

(fonte web)

 

 

Lo schema successivo illustra in modo sintetico come il diaframma e gli occhi funzionano nello stesso modo! L’unica cosa che l’occhio non può fare è la cattura dell’immagine che avviene attraverso l’otturatore della macchina fotografica.

 

 


L’intensità della luce

Quando si passa da una stanza molto illuminata (nella quale è presente una forte fonte luminosa) a una stanza più scura non si vedrà nulla. In questa situazione la pupilla del nostro occhio si aprirà di più. Analogamente questo succede anche in fotografia, e viene identificata come una condizione di sottoesposizione. Nel momento in cui c’è poca luce dobbiamo aprire il diaframma della macchina fotografica per far entrare più luce. Insomma, quando c’è poca luce dobbiamo abbondare e cercare di farne entrare il più possibile.

Quando si passa da una stanza buia (nella quale è presente una scarsa illuminazione) a una stanza più luminosa verremo abbagliati. In questa situazione le pupille dei nostri occhi si chiuderanno di più, quindi si “stringono”. Analogamente in fotografia ci ritroviamo in una condizione di sovraesposizione. Nel momento in cui c’è troppa luce dobbiamo chiudere il diaframma della nostra macchina fotografica per far entrare meno luce e per non far “bruciare” i bianchi o i colori chiari nelle nostre fotografie. Quando c’è tanta luce bisogna stare molto attenti perché non è la condizione migliore per fare le fotografie, successivamente vedremo il perché.

Quindi prima cosa importante è capire l’intensità della luce e gestire la condizione della luce nel momento in cui stiamo scattando le fotografie.

Ci sono molti tipi di luce che provengono dalle fonti più diverse: dal sole, da una lampadina, dal fuoco, da una finestra, da un cielo nuvoloso, da un flash elettrico..

La quantità di luce è sempre differente! Non possiamo misurarla, ma dopo molto esercizio possiamo percepirla. E’ la quantità, infatti, a influire sulla scena o sui soggetti nella fotografia.

Se dovessimo scattare una foto a delle persone durante un’escursione in montagna con una condizione di luce molto intensa, sicuramente la pelle dei nostri ritratti risulterebbe bianca e forse non si potrebbe addirittura vedere il colore dell’incarnato. La stessa cosa succede anche se dovessimo fare delle fotografie a edifici, come il Duomo di Milano! Essendo di un materiale molto chiaro, la luce riflette su di esso e in condizioni di forti fonti di luce non vedremmo alcuna venatura del marmo.

Si distinguono due tipologie della luce:

  • Luce dura
  • Luce morbida (soffusa)

La “durezza” dipende dalle dimensioni della fonte della luce stessa, NON dalla sua potenza.

Luce dura

è quella più luminosa, intensa, addirittura fastidiosa. È la tipica “luce del mezzogiorno” delle giornate estive col cielo blu, che ci invogliano sempre a fare fotografie per via dei colori molto saturi.

Proviene da fonti molto piccole, come:

  • Una lampadina;
  • Un flash elettronico;
  • Il flash elettrico;
  • Il sole
  • La fiamma di una candela

Produce ombre nette e marcate e contorni  molto definiti. Di conseguenza crea dei contrasti tra le zone scure e le zone chiare della scena fotografica.

È adatta per riprendere paesaggi in quanto definisce nettamente i contorni degli oggetti.

È adatta a fotografare con luce radente in architettura per mettere i contorni in risalto e bassorilievi dei particolari architettonici.

Assolutamente inadatta al ritratto: le ombre profonde rendono illeggibili alcuni particolari del viso e mettono in evidenza le imperfezioni della pelle.

(Ex fabbrica tessile, Crespi d’Adda. Foto di Elisabetta Vaiani)

Possiamo osservare nelle fotografie qui sopra come in una giornata di sole si ottengano forti ombre nette.

Luce morbida (o luce “soffusa”)

È l’opposto della luce dura. È la situazione luminosa tipica di una giornata nuvolosa, con il sole dietro le nuvole che non riesce a illuminare in modo violento la scena e crea dei grandi contrasti tra le zone in ombra e quelle esposte direttamente alla luce (sono poco definite e meno profonde). Si pensi alla luce proveniente dalla finestra in una stanza. In questo caso si riflette sulle pareti e sul soffitto, ammorbidendosi ulteriormente. Gli oggetti acquisiscono più forma e sfumature del caso della luce dura. Il cielo nuvoloso dona tonalità pastello al paesaggio, ma introduce una dominante fredda, quindi i paesaggi in questo caso sono meglio con l’altro tipo di luce.

È la condizione ottimale per scattare la maggior parte delle foto, questo perché non brucia i bianchi e le superfici più chiare nelle nostre fotografie.

Le  giornate tristi e grigie sono le migliori per fare delle buone fotografie! È adatta alla fotografia di persone (i ritratti) ma anche per nature morte (still life).

Inoltre c’è anche la luce artificiale, una delle condizioni più favorevoli per scattare fotografie, ma non la più efficiente. La luce artificiale non è considerata a sé dal momento che può essere una fonte di luce diretta, ma al tempo stesso se attaccata a un paraluce è una luce soffusa.

Una delle domande più frequenti che i fotografi on the road si chiedono è: “come faccio a fare delle belle foto al cibo che mangio al ristorante quando ci sono la luce artificiale e le ombre?” Prima di tutto bisogna capire l’intensità della luce all’interno dello spazio, la quantità (molti bar, pub, ristoranti sono illuminati con forti luci… altri, invece, sono particolarmente bui) e capire quale sensibilità sia la migliore. Nel caso dovessero esserci forti fonti di luci occorre stare attenti alle ombre. Spesso non è possibile fare inquadrature, perché nella foto compare la nostra ombra. Muovendosi attorno all’oggetto, bisogna trovare, quindi,  l’angolazione giusta. Se la fonte luminosa è molto forte non usiamo il flash, perchè può dare fastidio e rende piatte le fotografie.

(foto di Elisabetta Vaiani)

Queste fotografie sono state scattate in condizioni di luce soffusa. Se si fosse utilizzata la luce dura forse qualche petalo sarebbe rimasto “bruciato” per via della forte esposizione alla luce. Quindi, la luce ha un’intensità, ma anche una sensibilità. Sicuramente molti di voi si ricorderanno la “sensibilità della pellicola”…

Attraverso l’ISO si regola la sensibilità della nostra pellicola. Conoscerete meglio di me il mondo della fotografia analogica, la camera oscura e tutta la magia della fotografia che c’è stata per lungo tempo prima dell’avvento del digitale, nella quale sono nata io.

Quando si scatta con la pellicola (uso il presente perché ancora oggi giorno ci sono grandi fotografi e foto amatori che non la mollano!) si prestabilisce già un tipo di sensibilità della pellicola (iso 100, iso 200, iso 400 … ) così da lavorare nel modo migliore a seconda dell’intensità di luce con la quale si ha a che fare. Il valore ISO è fondamentale, perché completa l’intensità di luce e la quantità.

Andiamo a vedere degli esempi!

La prima fotografia  è uno scatto molto comune, che facciamo sicuramente tutti quando ci rechiamo in centro a Milano: il Duomo. Si dice che è talmente bene che viene “sempre bene” in foto, ma in realtà non è così, perché influenza in modo particolare la condizione di luce.

 

 

 

(Foto di Elisabetta Vaiani)

La foto è sovraesposta, ma le venature del marmo si devono molto bene, perché? Questo perché questa fotografia è stata scattata durante una giornata nuvolosa e quindi grazie alla luce soffusa si è potuto ritrarre il Duomo con una condizione di luce molto buona. Prevale la luce, perché inconsapevolmente è stato tenuto un tempo più lungo del previsto e quindi la foto è venuta più luminosa, ma se dovessimo aggiustare la luce e i contrasti vedrete che è tutta un’altra storia!

Avendo sistemato il valore della luce e del contrasto (senza esagerare) la fotografia ha assunto un altro aspetto! Questo è stato possibile perché non è arrivata una luce diretta sul Duomo. Vediamo un altro esempio!

 

(Ex Palazzo Regione Lombardia, Belvedere. Foto di Elisabetta Vaiani)

Osservando queste due fotografie possiamo vedere come la stessa condizione di luce sia stata gestita in due modi differenti. Nel primo scatto c’è il giusto rapporto tra l’intensità, la quantità, la sensibilità e il tempo, nella seconda qualcosa non quadra! Questo perché prevale il bianco, quindi non è stato regolato il valore dell’ISO in modo corretto o non è stato chiuso abbastanza il diaframma per avere un tempo corto (e far entrare poca luce) oppure è stato utilizzato un tempo troppo lungo. Quando in una fotografia prevale fortemente il bianco (quindi abbiamo una fotografia sovraesposta) “brucia” le superfici più chiare e ovviamente quelle bianche che non sempre sono recuperabili.

Nelle foto qui sopra sono identificate delle zone sovraesposte nella seconda fotografia precedentemente esaminata. Lo scatto in sé non è male perché crea un’atmosfera molto luminosa, però prevalgono troppe zone di luce all’interno della fotografia.

Spesso si pensa che Photoshop faccia miracoli, ma fino a un certo punto! Oggi  ormai esistono moltissimi programmi che ci permettono di modificare e correggere errori di questo tipo direttamente con i nostri smartphone (come ad esempio picsart, vscocam, afterlight, photoshop, lightroom ecc..), ma gli scatti non tornano perfetti e “puliti” se non si ha valutato nel modo giusto la condizione di luce

(Ex Palazzo della Regione Lombardia, Belvedere. Foto di Elisabetta Vaiani)

Osserviamo uno scatto analogo a quello precedente (stesso punto di vista ma con le persone nella scena fotografica). Nel primo scatto ho scelto di non “illuminare” troppo la scena perché ho voluto far esaltare il panorama su Milano e le persone in controluce (questo tipo di effetto si chiama “silhouette”), mentre il secondo scatto si differenzia tantissimo dal primo!

A seconda di come regoliamo i valori della luce possiamo far risaltare o meno il nostro soggetto! Nella prima fotografia i soggetti nella scena si intravvedono e non attirano troppo l’attenzione, nel secondo scatto gli stessi soggetti risaltano di più e quindi il nostro occhio è portato a osservare chi fa parte della scena (più del panorama che non si vede per via della forte luce bianca).

Una foto non deve essere sempre alla giusta esposizione, è giusto anche osare, ma senza esagerare! Oggi giorno sono molti i fotografi che utilizzano la condizione di sovraesposizione per creare un effetto “mistico” alla foto, ma io preferisco avere una condizione giusta anche per rimanere più fedele alla realtà.

Andiamo avanti! La luce ha un’intensità, una sensibilità e anche una quantità

La quantità di luce che entra all’interno della nostra fotocamera viene regolata tramite il diaframma, dispositivo che non troviamo fisicamente nei nostri smartphone perché funziona a livello digitale. Che cosa possiamo fare con il diaframma?

È il terzo comando che andiamo a regolare per stabilire, a seconda della condizione di luce, quanta luce deve entrare all’interno della fotocamera. Individuiamo il diaframma tramite la lettera “f” oppure tramite il simbolo del diaframma. Nella macchina fotografica (generalmente reflex, mirrorlens) è composto da tanti dischetti che a seconda dell’apertura che andiamo a stabilire fanno entrare molta o meno luce. Più utilizziamo livelli alti più siamo in condizioni ottimali di luce, più utilizziamo livelli bassi meno siamo in condizione di luce ottimale.

(Foto di Elisabetta Vaiani)

Queste fotografie sono state scattate con la stessa condizione di luce … ma cos’è che non ho regolato in modo giusto? ISO, diaframma?

Potete osservare come in una giornata di sole è meglio tenere un diaframma più alto (il valore ideale è f 5.6/f 8) per non avere scherzetti con la luce.

Avendo scattato questa foto in una giornata di sole, avrei dovuto tenere il valore dell’ISO a 100, un diaframma a f5.6 (come nel secondo scatto). Nel primo avrò sicuramente tenuto l’apertura del diaframma a un valore molto basso.

Ma come determiniamo “il tempo di entrata” della luce nella macchina fotografica?

Attraverso l’esposimetro! (questo è l’ultimo step, ne manca solo uno che vedremo prossimamente). Quindi, dobbiamo sempre prendere in considerazione l’intensità di luce (per evitare situazioni di sovraesposizioni o sottoesposizioni), regolare la sensibilità della luce, stabilire l’apertura del diaframma e infine stabilire il tempo di quanta luce far entrare nella macchina fotografica.

Attraverso l’esposimetro andiamo a regolare la giusta esposizione, ovvero la giusta quantità di luce nella nostra fotografia.

E’ caratterizzato da una linea su cui sono posti dei valori. Il valore zero corrisponde alla corretta esposizione della foto; i valori sono lo zero (+1;+2;+3) corrispondono a una condizione di sovraesposizione; i valori sotto lo zero (-1;-2;-3) corrispondo a una condizione di sottoesposizione.

Il tempo lo si regola dopo aver stabilito tutti i comandi precedenti. Un buon tempo è cortissimo per le giornate di sole (in modo tale che non entri troppa luce) e non troppo lungo (non deve superare il secondo “) per giornate nuvolose con condizioni ottimali di luce.

Come avrete capito tutto questo processo di preparazione del nostro strumento è un po’ come una catena: se si regolano bene i valori si riesce quasi subito a scattare la foto, se non si regolano bene bisogna rivedere ciò che si è fatto.

Il processo è molto più immediato sui nostri smartphone oggi giorno! Ci vuole molto esercizio, ma vedrete che riuscirete a rendere più vostre le fotografie sapendo percepire in modo corretto la luce.