FILM IN DVD: “Una donna fantastica” di Sebastián Lelio

Pubblicato il 28 Maggio 2018 in Outdoor Cinema
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sceneggiatura Sebastián Lelio, Gonzalo Maza cast Daniela Vega (Marina Vidal) Francisco Reyes (Orlando Onetto) Aline Kuppenheim (Sonia Bunster) Luis Gnecco (Gabriel “Gabo” Onetto) Nicolás Saavedra (Bruno Onetto) Amparo Noguera (Adriana Cortés)Trinidad Gonzales (Wanda) Sergio Hernandez (maestro di canto) genere drammatico prod Cile 2017 durata 100 min

Un matto, un pervertito, un idiota. Nel migliore dei casi un ebete che si è lasciato abbindolare dal sapore del frutto proibito. Sono più meno queste le reazioni che si scatenano tra i familiari di Orlando Onetto, industriale cileno di tessuti, quando costui muore improvvisamente, a 57 anni, per un aneurisma. Motivo? Dopo il divorzio, Orlando si è rifatto una vita con Marina, la donna del titolo. Convivono nell’appartamento di lui, usano l’auto di lui e progettano un romantico weekend alle cascate di Iguazù. Piccolo, insignificante particolare: Marina è un trans. Anzi, per l’anagrafe è ancora un uomo e per la polizia potrebbe essere implicata nella morte del compagno. Così, dalla ex moglie, al figlio (coetaneo di Marina) al fratello, tutti oscillano tra ripulsa e rassegnazione. Salvo pretendere indietro, e alla svelta, auto e appartamento e porre il veto alla presenza della nuova compagna alle esequie del defunto. Insomma: un bel tema. Che non è facile trovare in film che non siano commediacce sguaiate e che evidentemente pone seri problemi di coscienza non solo nella vecchia Europa o nei progrediti Usa, ma in tutto il mondo civile. In buona sostanza il sesso dipende da come uno si vede, non da come lo vedono gli altri. Ce lo dice una breve, intensa inquadratura del film in cui Marina è distesa nuda a letto e il suo viso si riflette in uno specchio posto sul pube, a coprire il sesso. Notevole la partenza, con la banalità del quotidiano di una coppia come tante. Che esce a cena, che si ama, che progetta il domani. Un futuro infranto bruscamente in una fredda corsia d’ospedale dove medici, poliziotti e parenti cominciano subito a dare il peggio di sé. Notevole anche la parte centrale, con l’impossibile ritorno alla normalità dopo un simile evento. Poi però la storia si perde un po’ per strada con scene discutibili (ai fini narrativi e drammaturgici) come l’aggressione dei parenti e la successiva serata di sballo in discoteca con rimorchio incorporato. Ciò non toglie che il bilancio finale segni comunque un saldo positivo. Eccellente il cast anche se Daniela Vega, autentica transgender, dà l’impressione di una certa legnosità. Non si capisce peraltro se è un limite suo, come attrice, o se fa parte del personaggio. Comunque, in questa occasione, ci sta e funziona. Molto interessanti le scelte musicali, somministrate a piccole dosi, il che ne rafforza il valore semantico. “Sposa son disprezzata”, aria dalla “Merope” di Geminiano Giacomelli (1734) la dice lunga sulle intenzioni di regia, così come altre arie melodrammatiche (Marina coltiva la passione per il “bel canto”) e la musica latina che corrobora il vissuto cileno della storia.

 

E allora perché vederlo?

Per saperci fermare un passo prima dall’emettere sentenze inappellabili sulle scelte altrui.

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