Un’altra tappa: 5 settembre, Yekaterinburg, di Giorgio Vanni

Pubblicato il 6 Settembre 2019 in Outdoor Viaggi
Overland
5 settembre 2019.
Lasciata Mosca la notte del primo settembre, ho preso la Transiberiana con direzione Yekaterinburg. Quarta città russa per grandezza, e la prima asiatica che si incontra provenendo da ovest, Yekaterinburg ricorda i fatti della Rivoluzione con l’esecuzione della famiglia dello zar. Da Mosca il treno per raggiungerla ci impiega trentadue ore: ventisette fermate, il Volga, le fertili pianure del bassopiano sarmantico e infine gli Urali. Porta dell’Asia, gli Urali in realtà in questo tratto non rappresentano un grande ostacolo, sono piuttosto un dolce susseguirsi di colline, e non impegnativi rilievi montuosi. La sistemazione nello scompartimento è stata più modesta che nel Nizza – Mosca preso a Varsavia. Del resto questa linea non è un mezzo di trasporto per benestanti vacanzieri diretti in Italia o alla riviera francese, ma un treno utilizzato da chi dispone di mezzi limitati o da chi usa la ferrovia per raggiungere località non collegate al sistema aeroportuale. Alla partenza da Mosca ero assai stanco, nei giorni precedenti avevo affrontato seri problemi burocratici che quasi mi avevano fatto saltare il viaggio e sollevato seri rischi; problemi di cui preferisco non parlare ora, lo farò a tempo debito. Poco dopo la mezzanotte è comparso il convoglio sul binario e con esso famiglie che con numerosi bagagli rientravano a casa, uomini che probabilmente tornavano al posto di lavoro e qualche rara donna sola. Nel mio scompartimento vi era una signora che rientrava a Yekaterinburg con la figlia, dopo una breve vacanza nella regione del Don; erano già due giorni che viaggiavano in treno.
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Una notte di riposo su un giaciglio non troppo scomodo, pur essendo solo un sottile materasso di gommapiuma, e mi sono svegliato con le luci dell’alba. Mi sono adattato quindi velocemente ai ritmi della Transiberiana: mettersi in coda per il bagno, ritirare la classica tazza delle ferrovie e riempirla di acqua calda al samovar, preparare un caffè, dividere le provviste con gli altri passeggeri e poi ognuno ritornare ai propri pensieri, a leggere o a chiacchierare. I più felici erano i bambini che si rincorrevano per i corridoi. A metà mattinata ci siamo fermati a una stazione di passaggio, e sono comparse le babuske proponendoci l’acquisto di frutta. Poi il convoglio ha continuato il suo percorso, mentre la Russia europea diminuiva e avanzava quella asiatica.
Per pranzo mi sono recato al vagone ristorante, e il cibo si è rivelato decisamente migliore di come me l’aspettavo. Dopopranzo guardare il paesaggio della taiga ascoltando un po’ di musica, è stato molto rilassante. Ogni tanto compariva qualche piccolo villaggio con casette di legno, e allora cercavo di scorgere scene di normale vita domenicale. Una mi è rimasta particolarmente in mente; solo pochi istanti, ma ho colto l’immagine di un ragazzo e di una ragazza molto giovani, che si guardavano negli occhi in un sentiero a lato della ferrovia. Stavano uno di fronte all’altra in mezzo ai boschi per un evidente appuntamento amoroso ed esprimevano nel contesto nella taiga, una sensazione di poesia primitiva. Ancora qualche fermata con poco movimento di passeggeri,e infine e arrivato l’imbrunire. A Kirov, grosso nodo ferroviario, ho comprato delle provviste per la cena, e leggendo Turgenev, pian piano mi sono addormentato. Alla mattina la foresta della taiga dominava la vista, e il paesaggio non cambiava fino all’arrivo a Yekaterinburg.
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Da vertigine pensare di essere a due fusi orari da Mosca, e all’enorme distanza che era passata sotto i vagoni! Alla stazione di Yekaterinburg ci aspettava un piovigginoso tempo autunnale e il grande monumento eretto allo sforzo comune dei lavoratori e soldati ai tempi della seconda guerra mondiale, ricordava come qui nel 1941 erano state trasferite gran parte delle fabbriche di armamenti a fronte dell’avanzata delle forze dell’Asse. Da allora Yekaterinburg si era trasformata da cittadina mineraria a uno dei più importanti centri industriali. Un buon pirozhki – un panino ripieno di carne per colazione – in un panifico, e mi sono diretto verso l’albergo con un taxi. In Russia si usa molto l’applicazione Yandex, ed è veramente utile; un po’ come Uber, ma si paga in contanti. A questo punto mi ha aiutato lo spirito protettore dei viaggiatori. Nel taxi ho perso il telefonino, me ne sono accorto all’arrivo all’albergo, ed è stato il panico perché è indispensabile. Per fortuna, mentre chiedevo all’usciere come avrei potuto rintracciare il tassista, è ritornato  lui stesso, riportandomi il telefonino. Un sollievo incredibile. Distribuite le giuste mance, e ritiratomi in camera, il resto della giornata lo ho passato solo riposando. Devo fare attenzione a dosare le energie, non faccio i cento metri, ma una maratona. Il mattino dopo ho organizzato un’escursione al confine tra Europa e Asia, a circa diciassette km dalla città. Siamo arrivati sotto una pioggia intermittente, ma violenta. Qui tra il monumento e i cippi commemorativi vi sono mucchi di bottiglie lasciate da chi ha deciso di celebrare il momento con una bevuta a cavallo tra i due continenti.

Sono rimasto sorpreso nel vedere nel bosco una lastra monumentale inviata come omaggio dagli estrattori di Sondrio; legami Italia-Russia inaspettati. Al ritorno in città, sono sceso al luogo d’esecuzione dei Romanov. Qui sorge una chiesa e il basamento, dove effettivamente sembra sia avvenuto il massacro, è ora un luogo di devozione con candele, icone, e un pope che recita ininterrottamente dei versi sacri. Ne han fatto dei santi dello zar e della sua famiglia, e sono numerose le babuske che partecipano alla cerimonia. È stato interessante constatare come la società russa sia fortemente impregnata e collegata alla chiesa ortodossa. Le “Pussy riot”, collettivo punk rock che lotta per la democrazia in Russia, con la loro clamorosa protesta del 2012 nella cattedrale di Mosca, hanno fatto un errore terribile: non potevano sperare di attirarsi le simpatie del popolo disturbando una cerimonia religiosa. Mi sono poi diretto a un edificio vicino che dicono sia il più vecchio di Yekaterinburg e che ora ospita un museo della letteratura. Entrato a dare un’occhiata, mi hanno affidato a una guida, la quale entusiasticamente per un paio di ore mi ha raccontato tutta una serie di storie successe nella casa, tutti avvenimenti che coinvolsero grandi autori come Cechov o Puskin. Ci metteva una passione e un dettaglio tale nel raccontare gli intrecci dei personaggi, che sembrava descrivesse fatti o pettegolezzi dei nostri tempi. Del resto il XIX secolo è stato per la letteratura russa un periodo incredibilmente fecondo. A sera un conviviale incontro organizzato dal locale gruppo di couchsufing ha degnamente concluso la giornata. Simpatici personaggi: Jason che si è trasferito in Russia dalla Cina per amore e che vi si e poi sposato, Dimitri che gestisce una scuola per addetti alla sicurezza e trasporti valori e spera di fare fortuna ampliando la sua attività tramite internet. Ognuno con la sua storia e i suoi aneddoti da raccontare, ci siamo fatti una buona compagnia. Ritornato in hotel, pensavo a cosa organizzare per la partenza della sera dopo per Novosibirsk, quando mi avrebbero aspettato altre ventitré ore sulla Transiberiana. Questa sarebbe stato la prossima avventura, ma avevo ancora un giorno per visitare Yekaterinburg. Intanto voi mi raccomando, andate su Facebook sulla mia pagina, contribuite e condividete la raccolta fondi per SOS Children Village; è per una buona iniziativa!

“Nell’anima non ho neanche un capello bianco”. – Vladmir Majakovskij –

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