Vivere da soli a Milano, al tempo del Covid 19

Pubblicato il 10 Aprile 2021 in Pensieri Ideas

Molti di noi, anche tra i lettori e le lettrici di Grey Panthers, abitano da soli, altri hanno amici, parenti o conoscenti in questa condizione e, se allarghiamo lo sguardo, possiamo scoprire che nelle nostre città il numero di donne e uomini che costituiscono i cosiddetti nuclei unipersonali sono una fetta importante dei nostri concittadini.

C’è chi lo ha scelto come stile di vita, chi lo ha subito per un lutto o una separazione, chi ci si ritrova perché il lavoro, e per i più giovani lo studio, costringono a cambiare luogo di residenza. C’è chi vive da solo/a da decenni e chi entra ed esce più volte nel corso degli anni da questa condizione abitativa. Le età sono diverse e così le condizioni socioeconomiche.

Forse non ci si pensa abbastanza, ma quel che è certo è che i dati statistici rendono evidente come il vivere da soli sia ormai un fenomeno in progressiva crescita in molti Paesi del mondo, non ultimo il nostro che vede nella città di Milano la maggiore concentrazione (1 nucleo su 2 è unipersonale)

E’ una mutazione sociale profonda ed essere consapevoli che nelle nostre città il numero di chi abita da solo/a è consistente, sollecita modificazioni nella percezione e rappresentazione che si ha della città e di se stessi nella città.

Se vivere da soli è un fenomeno sociale così importante allora non sono così “solo o sola”, ma è possibile costruire una sorta di identità sociale rappresentata da quella fascia di popolazione, che per quanto disomogenea e articolata al proprio interno, è accomunata dal costituire nucleo familiare unipersonale.

 

E se i nuclei unipersonali sono così numerosi viene da pensare che forse dovrebbero avere più visibilità, sollecitare nei decisori pubblici una visione più realistica e complessa dei bisogni e delle possibili politiche pubbliche, sociali, sanitarie, urbanistiche e via dicendo.

E invece no, nella maggior parte dei casi i nuclei mono-personali sono quasi invisibili e assenti nei discorsi e dibattiti pubblici, ed è proprio a partire da questa constatazione che ha preso avvio il progetto della ricerca indipendente di cui vi presentiamo alcuni risultati in questi articoli. 

 

Come è cominciata questa avventura conoscitiva? Eravamo reduci dal primo lockdown e, chiacchierando durante una passeggiata estiva, notavamo come dei nuclei unipersonali si fosse raramente parlato nei vari articoli e servizi informativi e ancora una volta fossimo stati escluse/i dalla rappresentazione collettiva.

Oltre a noi che lo avevamo vissuto in prima persona, come avevano vissuto il periodo di confinamento a casa le altre persone che vivono sole? Quali problemi avevano incontrato e come vi avevano fatto fronte? Quali interventi pubblici potrebbero aiutare ad affrontare il futuro con maggiore serenità?

Tra un interrogativo e l’altro Graziella Civenti, che il tema dei nuclei unipersonali lo ha a cuore da anni, confida che durante il confinamento aveva cominciato a elaborare un questionario per capire come era stato vissuto il lockdown dalle persone che abitano da sole … e lo aveva messo in un cassetto. In un cassetto? E’ stato un attimo e molto spontaneamente abbiamo deciso che sarebbe stato inutile aspettare interlocutori o interlocutrici istituzionali, ma che avremmo potuto cominciare ad agire, realizzando un’auto-inchiesta in un’ottica di cittadinanza attiva, per indagare ciò che ci interessava e portarlo così all’attenzione generale e al dibattito pubblico.

In due settimane, nel mese di agosto (2020), abbiamo costituito un piccolo gruppo informale composto da Graziella Civenti (assistente sociale), Orleo Marinaro (data scientist), Alessandro Magni (operatore culturale), Gianna Stefan (agente di sviluppo del territorio), di cui tre già in età di pensione. Ci siamo suddivisi i compiti: Graziella e Orleo impegnati nell’elaborazione informatica dei dati e l’analisi sociologica; Gianna e Alessandro dediti alla diffusione del questionario, la costruzione di reti sociali e occasioni di presentazione dell’auto-inchiesta.  Quattro semplici cittadini che hanno scelto, incontrandosi in questi mesi di pandemia solo da remoto, di condividere e socializzare competenze, risorse e ricchezza relazionale: un valore aggiunto, questo, che caratterizza questa “impresa”.

E così il 2 di settembre ha preso avvio, senza organizzazioni e finanziamenti di alcun tipo, la ricerca indipendente “Vivere da soli a Milano ai tempi del Covid 19”.

Il questionario, rigorosamente anonimo, era rivolto a uomini e donne, dai 40 anni in su, residenti o domiciliati nel comune di Milano, che avevano trascorso il confinamento in casa da soli/e: disponibile nelle versioni on line e cartacea e strutturato con domande aperte e domande chiuse, ha permesso di acquisire non solo dati quantitativi, ma anche informazioni di carattere più propriamente qualitativo.

Non avevamo idea di quante persone avrebbero accettato di dedicare del tempo alla sua compilazione, ma nel giro di tre mesi abbiamo raccolto, nella sola città di Milano, ben 1.068 questionari!

Un risultato importante per il quale ringraziamo tutte le amiche e gli amici che con un tam tam relazionale si sono mobilitate diffondendo la notizia della ricerca e invitando a compilare il questionario: una piccola onda comunicativa che dalle reti di rapporti personali si è allargata a gruppi informali come le social streets, pagine fb di associazioni; riviste di settore; radio e giornali. Un ringraziamento particolare lo dobbiamo a Grey Panthers, la prima rivista che senza indugi e con atteggiamento solidale, pochi giorni dopo l’avvio della ricerca, ci ha sostenuti pubblicando un articolo.

Tra quelli ricevuti, abbiamo ritenuti validi 988 questionari e analizzare una tale mole di risposte, sia dal punto di vista statistico sia da quello sociologico, sta richiedendo molto tempo e impegno: non siamo un centro di ricerca, né un’organizzazione di lavoro, ma l’aver riscontrato dal numero di risposte avute che questa fascia di popolazione, di cui facciamo parte, sente il bisogno di essere ascoltata e ha dei bisogni da esprimere, ci motiva sempre più nel cercare spazi e luoghi in cui portare la loro e la nostra voce.

L’auto-inchiesta, che abbiamo realizzato con scrupolosità e serietà metodologica, vuole essere stimolo per un confronto su possibili politiche pubbliche, sensibilizzare e accelerare processi di consapevolezza sulla condizione dell’abitare da soli e strumento utile per enti e associazioni, attive sul territorio della città di Milano, per pensare nuovi progetti ed iniziative.

Non potendo in questa sede descrivere tutti i risultati emersi dall’indagine abbiamo scelto di concentrare l’attenzione su alcune aree tematiche (che ritrovate nelle pagine di questo Speciale) che ci sono parse particolarmente meritevoli di discussione e capaci di attivare una riflessione la più ampia e partecipata possibile.

( Dati Ricerca e Testi di Graziella Civenti, Alessandro Magni, Orleo Marinaro, Gianna Stefan)

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