LE RIFLESSIONI DI GINO, UNO DI NOI: “Ma guarda un po’….” (27)

Pubblicato il 13 Agosto 2021 in Letture Ideas
val di Rabbi-

Sabato pomeriggio, un sabato da colatura di asfalto, ed io ancora indeciso se porre l’aria condizionata nella mia piccola casa. Un caldo soffocante. Il vecchio ventilatore sembra mettercela tutta, è ai limiti dell’infarto. Il telefono si anima. Anche se lo squillo è sempre lo stesso, riconosco la chiamata. E’ lei. Di fresco ci sarà l’idea per l’indomani.
“Gino, domani che cosa ne dici se andiamo in montagna?”.
Conosco la trappola, di cui sono sempre vittima sacrificale. Non posso rispondere “dipende da dove”. La sua risposta è sempre la stessa, e molto fastidiosa per me: “sei sempre il solito, schivi ogni piccola sorpresa o novità”. Non lo merito. Quindi passo alla risposta attesa: “si, buona idea!”. E lei: “andiamo in val di Rabbi, sulla strada per Trento”.
Conosco la valle, ma andarci solo per una mezza giornata mi sembra sprecato, penso fra me.
Rispondo: “bella idea, non ci sono mai stato. Sarà deliziosa se l’hai scelta tu”.
Mi sembra di vedere il suo sorriso, convinta di avermi sorpreso ancora una volta. Ma non è finita…
“Sai Gino, ho pensato di invitare anche una mia vecchia amica”.
“Che ha la casa lì?”.
“Ma no, ma no. E’ tanto che ci diciamo che dobbiamo vederci e poi… le ho parlato di te e… ha voglia di conoscerti”.
Rimango tiepido. Se la sua amica è un altro turbo come Lina, avrò una giornata campale!
“Va bene, sarà un piacere!”. Le rispondo con voce flautata.

L’indomani mattina, alle 6.15 sono già sulla sbuffante Ford sotto la casa di questa amica. Scende con quasi 40 minuti di ritardo, platealmente scusandosi (fingendo, con un talento attorale da far concorrenza ad un sasso).
“Piacere, io sono Matilde. Tu sei Gino vero? Lina mi ha parlato molto di te. Sarà una giornata stupenda!”
E si accomoda dietro accanto a Lina, facendo ballonzolare come nave in mezzo ai flutti la mia povera Focus.
Si parte. Con la scusa della guida resto fuori dalla relazione con le due donne per un paio d’ore. Un tempo dedicato interamente al recupero di dieci anni di dieta informativa. Dalla moda, agli amori, ai dispiaceri, al lavoro, alle variazioni di stato civile delle comuni conoscenze.
Io guido.
Arriviamo all’imboccatura della valle, stretta e lunga. In fondo si dipartono passeggiate non impegnative in mezzo al bosco. Non mancano le terme ed una vecchia segheria tutta da vedere e ancora funzionante.
I miei due passeggeri sono così coinvolti nei loro percorsi biografici da non accorgersi che spengo il motore della mia volenterosa Ford. Per prima l’amica riprende i contatti con la realtà, mi squadra come se fossi un marziano: “ma siamo già arrivati?”.
Giuro, non sono prevenuto. Laconico rispondo “credo di si”, e scendo godendomi l’improvvisa frescura. La giornata è bella. Prendo anche la mia fedele Canon 5mega pixel per le foto. E la Matilde, pensando di essere spiritosa: “ma quella macchinetta risale a più di 10 anni fa, le trovi solo ai mercatini di modernariato. Ma funziona ancora?”.
“E anche bene”, rispondo. Per rispetto per Lina glisso. Ma sono così tutti simpatici i suoi amici?

“Andiamo a prendere un caffè?”. Propone sempre lei.
“Ci sta proprio”, risponde Lina. “Vieni Gino?”.
“Andate nel bar all’interno delle terme, è carino. Io vi raggiungo”.
Vado all’unica panetteria. Questa volta non per le brioches (non sono un fissato, se mai ci fosse qualche sospetto) ma per il pane appena sfornato. Ho intercettato quel profumo scendendo dall’auto. Non potevo resistere.
Con il sacchettino ancora caldo entro alle terme. Le due donne sono sempre immerse nei loro intensi scambi.
Non hanno ordinato anche per me. Naturalmente.
“Scusa Gino, mi sono distratta. Prendi un caffè anche tu?”.
“Non preoccuparti Lina, posso chiederlo io. Voi prendete ancora qualcosa?”.
“Io un’altra fetta di torta ai mirtilli me la prendo!”. Esordisce la Matilde
“Ma si, vada per un’altra fetta!” di ruota Lina.
E a me il compito di ordinare e pagare alla cassa. La gentilezza non ritengo sia sempre un piacere…
Usciamo. Propongo di visitare il piccolo museo della valle che è proprio di fronte all’ingresso delle terme.
La Matilde ha un tempismo da quiz televisivo: “ma no, non chiudiamoci subito al chiuso, andiamo a fare quattro passi qui intorno. Sarà anche una roba noiosa”.
Lina non dice nulla. Peccato, perché il museo è piccolo, fatto bene, ed aiuta a capire come muoversi in quel piccolo scampolo di montagna.

panchina montMi dirigo verso l’inizio dei sentieri: mi seguono senza domande. Dopo cinquanta metri, la Matilde sfodera di nuovo la voglia di conoscermi: “ma Gino, da quanti anni sei in pensione? Complimenti, ti vedo ancora gagliardo!”.
“Da un anno e mezzo, per la precisione” le rispondo. Cerco di essere controllato. Lina è proprio assente. Forse pienamente immersa nel piacere di aver ritrovato la sua amica. Capisco che fra loro c’è molta complicità e intesa.
Si avvicina il momento clou della giornata. Nessuna curiosità sul sacchetto che stringo nella mano, il mio profumato tesoro.
Loro camminano più lentamente, immerse nei loro discorsi, dietro di me. Altro che panorama. Arrivo alla spianata vicino al ruscello, e vedo delle panchine. Non dico nulla, ne scelgo una e mi siedo.
Quel cielo azzurro color ‘azzurro di Leopardi’, gli abeti davanti a me che danzano lentamente per le carezze di un fresco venticello, le montagne chiazzate delle ultime nevi, dalle infinite tonalità di grigio, da sembrare alte quanto quelle himalayane, e il sottofondo della carezzevole melodia del ruscello, impastato al silenzio fraterno che solo in montagna ritrovi. E qualche isolato gorgheggio in lontananza di qualche uccello indaffarato a ‘mettere insieme la michetta’ della giornata.
Insomma, parafrasando Leopardi: “com’è piacevole naufragar in questo mar”…. Per un momento dimentico le due donne, avviluppate nel loro mantra. Apro il sacchetto. Un boccone, piccolo. Fragrante, ancora caldo. E quel profumo….

“Gino, Gino! Ma cosa stai facendo?”. E’ la voce di Lina
“E compra il dolce e non ce lo dice!” Rincalza l’amica.
“Sedetevi qui anche voi. La vista è proprio bella”.
Le due donne si guardano un po’ incredule, ma accettano l’invito e si siedono. Lina è accanto a me. Matilde sul bordo opposto.
Passa qualche istante. Passo il fagotto Lina. Trae un boccone  e lo passa alla Matilde.
“Ma è solo del pane! Non è un dolce. Ma il pane si mangia a tavola! Perché non ci hai sorpreso con un dolce della zona?”.
Matilde è unica: meglio del padreterno nell’indicarti la strada per la tua santificazione.
Fingo di non averla ascoltata.
Lina mi prende la mano, delicatamente.
“Lina, prova per un momento ad ascoltare il tuo respiro. Respira profondamente e lascia che rallenti. Ascolta il tuo cuore, devi sentirlo anch’esso rallentare. Il respiro deve seguire il tuo battito”. Le accarezzo la mano, due dita sul dorso. E’ concentrata. Passa forse un minuto.
“Lina come ti senti?”.
“Rilassata, rilassata”.
“Allora ascolta con gli occhi, con le orecchie quel che è intorno a te. Senza pensieri. Ma solo accogliendo. Prenditi il tempo che hai bisogno. E torno ad accarezzarle la mano”.
“Ma io non sento niente! Cosa c’è da ascoltare il cuore? C’è il panorama, si, bello, ti fermi un momento a guardarlo ma poi muoviamoci un po’. Se non si cammina un po’ in montagna… Non vorrete restare qui tutta la mattinata… la panchina è per i pensionati senza fiato”.
E’ la Matilde, nella sua adorabile immediatezza.
Lina mi stringe la mano. Ha capito. Ma non intendo che l’amica proceda oltre.

“Matilde, posso farti una domanda?”.
“Certo!”.
Lina mi stringe ancora di più la mano. Ma io tiro diritto.
“Sai dirmi da che cosa stai fuggendo?”.
“Come fuggendo?”.
“Si, hai raccontato in macchina dei tuoi viaggi da esaurimento completo del catalogo di una agenzia viaggi, degli infiniti corsi di ogni sorta di ballo che hai fatto, che non sopporti altre storie coinvolgenti con noi maschietti che siamo tutti stupidi, degli amici troppo pantofolai che diserti…. ora non ti vuoi fermare un attimo a gustare la piacevolezza di quello che il posto ti sta sussurrando. Da cosa stai fuggendo? Fuggi da una vita e credi che questo sia il modo migliore per vivere?”.
“Gino sta scherzando, è solo un modo il suo per ‘rompere il ghiaccio… e mentre lo dice, Lina mi dedica delle occhiatacce da lanciafiamme”.
“Che domande….io non fuggo da nulla, mi godo la vita e basta. E non è certamente un pezzo di pane a rallegrarmi. Perché voi uomini vi dovete sempre complicare la vita? E complicarla agli altri?”.
“Io non complico, cerco solo di godere fino in fondo di quel che la vita mi dona. Io non ho bisogno di comprare la felicità per averla”.
Silenzio. Lina è bloccata.
pane fresco“Abbiamo idee diverse su come restare qui. Voi procedete pure nella vostra passeggiata, io resto qui. Non ho fiato. Se vi interessa, seguite la segnaletica verde, entrate nel bosco dove ci sono le marmotte. Sono non più di 30 minuti di camminata. Ci vediamo alle 12.30, qui, per andare a mangiare. A più tardi”. E affondo di nuovo la mano nel sacchetto.
Ci siamo divisi senza una parola.
Come il pranzo è stato senza una parola
Come il viaggio di ritorno è stato senza una parola.
Ci siamo lasciati con un gelido “arrivederci”. E non mi ha neanche ringraziato per la fetta di torta e il pranzo.
Chiusa la portiera, io e Lina ci siamo guardati.
“Gino, mi porti la prossima settimana ancora là, sulla quella panchina? In quel momento mi sentivo così bene accanto a te…. davvero! Gino, sei proprio il mio bottone!”.
Lina ci prova. Acconsento. Le dico che è stata troppo diplomatica con l’amica, che ha fatto apparire la mia durezza ancora più evidente di quel che era. E che da ora in poi ci divideremo le spese: finanziare chi mi tratta male non rientra fra le mie prerogative.
Capisco che è mortificata. Ma io non sprizzo gioia. Possibile che non aveva sentore di quel che avrebbe potuto accadere? Lina dice di essere rimasta molto sorpresa. Le credo. Torno a casa, accendo il televisore, e che ti trovo? Un film famoso, “Omicidio perfetto”. Che sia un suggerimento?

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