FILM IN DVD: “Il labirinto del silenzio”, di Giulio Ricciarelli

Pubblicato il 25 Gennaio 2017 in

sceneggiatura Elisabeth Bartel, Giulio Ricciarelli cast Alexander Fehling (Johann Radmann) André Szymanski (Thomas Gnielka) Friederike Becht (Marlene Wondrak) Gert Voss (Fritz Bauer) Johannes Krish (Simon Kirsch) Johan von Bülow (Otto Haller) Robert Hunger-Bühler (Walter Friedberg) Hansi Jochmann (Schmittchen) Lukas Miko (Hermann Langbein) Tim Williams (maggiore Parker) genere drammatico durata 118′

Il film rievoca un episodio della recente storia tedesca conosciuto come Il Processo di Francoforte, tenutosi tra il 1963 e il 1965. L’importanza di questo giudizio stava nel fatto che per la prima volta alcuni ex gerarchi nazisti erano al banco degli imputati per il loro operato nel lager di Auschwitz in base alle leggi della Repubblica Federale. Nulla di paragonabile al più famoso Processo di Norimberga, svolto in base ai codici di guerra delle potenze vincitrici, e ben più devastante di quello perché istruito nel momento in cui il nuovo stato, nato dalla ceneri dei Terzo Reich, stava entrando nel boom economico che l’avrebbe riportato nel novero delle grandi potenze industriali del pianeta. Un momento in cui, più o meno consciamente, tutti volevano dimenticare, guardare avanti piuttosto che al passato, anche se questo avrebbe comportato un silenzio complice e un troppo frettoloso oblio. Tema non facile, dunque, destinato già in partenza a non far appassionare le folle. Poco cinematografico nella misura in cui il narrato non può manipolare più di tanto la realtà che, in questo caso, è fatta essenzialmente di lunghe ricerche in archivio, comparazione di documenti, interrogatori svolti nel chiuso dei palazzi di giustizia.

Nonostante tutto ciò il risultato può dirsi soddisfacente, mettendo in conto anche l’inevitabile lentezza dell’azione. Film di personaggi, di psicologie, di dettagli entro cui regista e attori si muovono con credibilità e passione sincera. Anche gli stereotipi del genere tutto sommato vengono resi bene: il giovane pubblico ministero freddo e tenace, il suo amico giornalista irruente e impulsivo, la segretaria del tribunale, la fidanzata del Pm, il reduce dal campo di prigionia ancora ossessionato e oppresso dai ricordi… La microstoria quotidiana e i grandi eventi che trovano spazio sui libri si fondono con indubbia efficacia e marciano compatti verso il finale che illustra, con le classiche didascalie, la sorte futura dei protagonisti. Film sulla shoah non ne mancano certo, da Kapò (Pontecorvo, 1960) ad Arrivederci ragazzi (Malle, 1987), da Notte e nebbia (Resnais, 1956) a In darkness (Agnieszka Holland, 2011). Spesso ben costruiti e realizzati. A tutti questi si aggiunge ora Il labirinto del silenzio, con il plusvalore di essere un film sulla shoah senza mostrare nulla della shoah. Ma soltanto la normalità del male assoluto. E in abiti borghesi.

 

E allora perché vederlo?

Per capire le radici della Germania postmoderna

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