Strage di turisti israeliani in Bulgaria

Pubblicato il 19 Luglio 2012 in da redazione grey-panthers

Il Corriere della Sera. “Strage di turisti israeliani”, con la notizia dell’attentato in Bulgaria. “Esplode un bus all’aeroporto di Burga. I morti sono almeno sette, decine i feriti”. A centro pagina: “Così Dell’Utri ricattava Berlusconi”. “Secondo i pm di Palermo ha ricevuto più di 40 milioni. Sarà sentita anche Marina, la figlia del Cavaliere”.

La Repubblica: “Siria, uccisi i fedeli di Assad. Morti il ministro della Difesa e il cognato del rais. La Russia frena l’Onu. Rinviato il voto sulle sanzioni”. In prima con foto: “Bomba sul bus dei turisti, strage di israeliani in Bulgaria”. Di spalla: “Palermo, indagato Dell’Utri, e la Procura convoca anche Marina Berlusconi.

La Stampa: “Strage di turisti, Israele accusa l’Iran”. Accanto: “Siria, attaccoal cuore del regime di Assad”. A Damasco ieri una bomba ha ucciso il ministro della difesa (e il  cognato di Assad). A centro pagina le notizie sulla indagine di Palermo: “Dell’Utri, estorsione ai danni di Berlusconi”.

Il Giornale: “Riaperta la caccia all’uomo. Il cavaliere e sua figlia Marina chiamati a testimoniare, Dell’Utri accusato di estorsione. Da Andreotti a Romano, la collezione di flop della Procura di Palermo”. A centro pagina una foto ritrae il capo dello Stato Napolitano insieme al presidente siriano: “Quando Napolitano premiava il dittatore siriano Assad”, “Cavaliere di gran croce”.

Libero: “Monti sbarca in Sicilia. Il premier ottiene il via libera da Napolitano: pugno di ferro sulla Regione a un passo da default. E il presidente Lombardo minaccia ‘Libero’, colpevole di aver alzato il velo sugli sprechi”:

Il Fatto quotidiano apre con una esclusiva: “9 milioni di Euro. I soldi di Daccò a Formigoni. L’informativa segreta della polizia giudiziaria sui regali del faccendiere al governatore. Villa da tre milioni, 800 mila per le vacanze, seicentomila per le spese elettorali, 500 mila per cene vip… E 11 milioni ‘movimentati in contanti’”. In taglio basso, riprendendo il tema della “trattativa”: “Dell’Utri indagato: ‘Ha ricattato B. vendendogli la villa a prezzo doppio’”.

Il Sole 24 Ore: “Piano bis anti burocrazia. Sportello unico per l’edilizia. Proposta Giavazzi: alt a dieci miliardi di incentivi, tagli al cuneo”. In taglio basso: “Altre quattro banche nello scandalo Libor”. Sono sotto indagine Crédit Agricole, SocGen, Deutsche Bank ed Hsbc.

Terrorismo

Con un pacco bomba piazzato nel portabagagli di un pullman, il terrorismo ha colpito a Burgas, cittadina turistica della Bulgaria. Almeno sette turisti israeliani appena giunti da Tel Aviv sono morti tra le macerie dell’autobus, e altri 33 sono stati portati in ospedale con ferite gravi. Uno di loro è morto poco dopo il ricovero. Erano sbarcati alle 1645 e 40 minuti dopo sono stati investiti dall’esplosione. Israele ha puntato il dito contro l’Iran, con il primo ministro Netanyahu: “Tutti gli elementi portano a Teheran”.
La Repubblica parla di un “preavviso” con cui il massacro del mar Nero era stato annunciato: a metà del gennaio scorso, con una nota governativa diffusa a tutti i Paesi dell’Ue e naturalmente condivisa con Tel Aviv, le autorità di Sofia avevano indicato come “concreta” e “imminente” la minaccia di un attacco di hezbollah a obiettivi israeliani in territorio bulgaro. Il Mar Nero è destinazione abituale del turismo israeliano. In alternativa, si ipotizzava un attacco ad Atene. Del resto da gennaio il terrore aveva cercato di colpire Israele in India, dove una esplosione a febbraio aveva ucciso la moglie di un diplomatico; in Thailandia, dove era stato scoperto un deposito di esplosivi che si pensò stessero per essere utilizzati per colpire obiettivi israeliani. In Azerbaijan, dove in marzo erano stati arrestati 22 uomini con l’accusa di essere legati al regime iraniano e di prepararsi a colpire obiettivi israeliani e Usa. Nei giorni scorsi, poi, era stato arrestato a Cipro un militante di Hezbollah accusato di lavorare ad un piano stragista.
Il quotidiano interpella una “fonte qualificata” della nostra unità antiterrorismo, che ricorda come vendicare l’uccisione di Imad Mugniye, uno dei fondatori di Hezbollah (della cui uccisione i fedelissimi accusano il Mossad israeliano), è “diventato un mantra” per Hezbollah stesso, e aver scelto il 18 luglio per colpire è significativo, poiché 18 anni fa, in quella stessa data, ci fu una strage di ebrei a Buenos Aires, che secondo le autorità argentine aveva proprio la firma di Imad Mugniye.

L’Unità intervista l’ex ambasciatore israeliano in Italia Avi Pazner, che lega tutti i tentativi di questi ultimi tempi di colpire cittadini israeliani all’estero e dice: “C’è chi porta avanti un progetto di destabilizzazione che fa della guerra a Israele, ai suoi cittadini, un elemento portante, un collante ideologico, una forma estrema di propaganda armata. Ma questo è “un inquientante salto di qualità”.

Anche La Stampa, con una corrispondenza da New York, ricostruisce la lunga fila di attentati – riusciti e non – ai danni di israeliani, americani, sauditi o britannici: è il caso dell’arresto, il 19 giugno scorso, a Mombasa, di due persone che sono state poi identificate come appartenenti alla forza Al Quds delle forze rivoluzionarie dell’Iran. Rispetto ai tentativi dell’inizio dell’anno, le cellule dell’unità delle guardie della rivoluzione iraniana che operano all’estero, sembrano aver modificato obiettivo: sono infatti passate dalle esecuzioni mirate all’intenzione di colpire i turisti israeliani. Cheè operazione più facile, perché si muovono in gruppo, sono tanti, e la prevenzione è complessa. La forza Al Quds risponde direttamente agli ordini del leader supremo della rivoluzione Khamenei ed è parte integrante del corpo dei pasdaran. In ambienti di intelligence americani ed europei, la scelta di compiere attentati contro gli stati considerati nemici dell’Iran viene spiegata con la volontà di Teheran di rispondere all’assedio delle sanzioni internazionali, divenuto più efficace a seguito dei provvedimenti che dal primo luglio colpiscon le esportazioni petrolifere. L’attentato di Burgas sarebbe parte di un piano più vasto che mira ad infiammare Medio Oriente, Europa e Paesi arabi per far pagare caro alla comunità internazionale le sanzioni tese a bloccare il programma nucleare di Teheran.

Anche in questo caso si ricorda l’attentato di Buenos Aires del 1994 contro la Asociazion Mutual Israelita Argentina: 85 vittime, e la giustizia argentina accusò l’ex presidente iraniano Rafsanjani e l’Interpol emise mandati di cattura nei confronti di sette individui, tra i quali un ministro della difesa dell’attuale presidente iraniano e il leader Hezbollah Mugniye. Poi, il corrispondente de La Stampa sottolinea: “Forse non è un caso che gli Hezbollah sono stati i primi a reagire all’attentato di ieri affermando che ‘Mugniye sarà vendicato in altra maniera’; per far capire che questa volta l’Iran non si è servito di loro, bensì dei propri corpi scelti, cioé delle forze Al Quds delle Guardie Rivoluzionarie”.

Il direttore del Middle East forum, già consigliere di Bush, Daniel Pipes, intervistato dal quotidiano, dice che è troppo presto per dire con certezza se siano stati i pasdaran iraniani: “Non sappiamo ancora se siano stati gli iraniani, a che livello, eventualmente, è stata presa la decisione”. E perché Netanyahu è tanto sicuro accusando l’Iran? Pipes: “Ci possono essere componenti politiche e psicologiche. E’ certo interesse di Israele tenere alta la tensione con l’Iran”. L’analista poi si dice convinto che la rappresaglia ci sarà, ma che solo il dossier nucleare potrà scatenare la guerra”. Su La Repubblica segnaliamo anche una analisi di Renzo Guolo, che indaga sulle divisioni interne al regime iraniano: il figlio della guida Suprema, ad esempio, ha dato vita ad una corrente che punta a gestire una politica estera parallela, spesso non in sintonia con quella ufficiale.

Siria

“Assad perde la sua ‘cabina di regia’”: così il Corriere della Sera spiega la situazione che si è creata ieri, dopo che una esplosione ha colpito il luogo più blindato della capitale dopo il palazzo presidenziale, ovvero il vertice della Unità di crisi, che si trova in una sede della Sicurezza Nazionale. La tv siriana ne ha dato notizia, senza trasmettere immagini: un attentato suicida avrebbe ucciso il ministro della difesa, il suo vice e cognato del presidente, il capo dell’unità di crisi. Non è chiaro se sia morto o sia rimasto ferito il ministro dell’interno. Tutti gli indizi punterebbero a un “lavoro interno”, poiché gli autori dell’attentato dovevano avere accesso al luogo e sapere quando si sarebbe tenuta la riunione. Ci sono state due rivendicazioni: una dell’esercito libero, l’altra di un gruppo jihadista chiamato Liwa Al Islam, che su Facebook ha contestato ladinamica del kamikaze, sostenendo che si trattava di “esplosivi”. L’incontro al consiglio di sicurezza Onu che doveva esprimersi ieri sul rinnovo della missione dei trecento disarmati in Siria è stato rinviato ad oggi: ma la Russia ha detto che voterà contro la proroga, se sarà accompagnata da sanzioni per il regime nel caso in cui non ritiri le armi pesanti dai centri abitati. Questo perché nell’attuale guerra civile – afferma Mosca -significherebbe aiutare i ribelli.
Alberto Stabile su La Repubblica scrive che “l’attacco al cuore del potere siriano non poteva che scattare lì, nel quartiere di Rawda, tra le ville delle ambasciate ormai abbandonate dai diplomatici” e “le residenze dei nuovi ricchi cresciuti e moltiplicatisi alla corte di Bashar Al Assad. Lì c’è tutto quello di cui la Siria vagheggiata dal giovane raìs aveva bisogno per cambiare il suo posto nel mondo: gli uffici delle multinazionali e le boutiques di lusso, i ristiranti esclusivi e l’ospedale Al Sham destinato alla nomenklatura. Ma anche, a ricordare che lo Stato autoritario sarebbe rimasto il fondamento inalterabile di qualsiasi riforma, la sede del Servizio di sicurezza generale. Il Mukhabarat”. Poi le parole del poraveoce del Libero esercito siriano: “Questo è il vulacno che avevamo promesso. Ed è soltanto l’inizio”. Questa formazione riunisce disertori dell’esercito regolare e non meglio precisati guerriglieri ‘indipendenti’, “molto probabilmente salafiti”. Questa strana confederazione è arrivata a Damasco percorrendo sentieri “tortuosi”: alucni hanno risalito le valli che segnano il confine tra Siria e Turchia, confusi tra i profughi. E nei campi allestiti dal governo turco di Erdogan sembravano aver raggiunto il fondo della disperazione: ma i militari, fra loro, hanno trovato in Turchia la strada spianata per organizzarsi in gruppi combattenti, le armi leggere per attaccare il nemico, gli apparati promessi dagli americani per comunicare, i dollari sauditi per elargire paghe “che i soldati dell’esercito regolare si sognano”. Sullo stesso quotidiano, il poeta siriano Adonis ammonisce: “sarebbe davvero tragico se ci liberassimo di un fascismo militare per insediare al suo posto un altro fascismo di stampo religioso; se la rivoluzione di Siria fosse confiscata dagli interessi strategici internazionali, dove la guerra ora oppone du efronti contrapposti: da un lato l’Occidente, dall’altro Russia e Cina”. E poi: “assoggettarsi alle ingerenze esterne” è “antirivoluzionario”. Perché “la Siria ha il diritto di avere un regime degno del proprio popolo. Il crimine è oggi la distruzione di quel popolo. Una parte di colpa è dell’Occidente, che va associandosi alle forze pro-religiose o apertamente religiose del mondo arabo”. Adonis ricorda che in Siria, da millenni, si contano oltre 20 confessioni religiose e “non può accodarsi alla straordnaria regressione cui oggi assistiamo nel mondo arabo”; “affiora un linguggio medievale, che insiste sulle cosiddette ‘minoranze’, propone divisioni si sunniti-sciiti, alawiti-cristiani, anziché promuovere ‘la cittadinanza’, il concetto del ‘cittadino’”.
Sul Sole 24 Ore, un’analisi di Alberto Negri: “Rischio caos nel dopo regime”. A rischio è il fragile mosaico etnico e la guerra potrebbe non finire con la caduta del dittatore. Se vincerà “senza limiti” la maggioranza sunnita e se sarà guidata dai Fratelli musulmani, si aprirà una fase di vendette contro la minoranza sciita che ha dominato il Paese. Per questo “un’uscita di scena” di Assad e dei sui “può contribuire a un compromesso”: “senza una svolta diplomatica la famosa transizione guidata evocata dall’Onu è destinata ad allungare la lista delle illusioni e dei fallimenti mediorientali”.

Da segnalare su Il Giornale un polemico articolo di Fausto Biloslavo, che ricorda come soltanto due anni fa Napolitano abbia “onorato” Assad della più alta onoreficenza del nostro Paese, ovvero “Cavaliere di gran croce, decorato di gran cordone, al merito della Repubblica italiana”. Si apprezzava anche la laicità del governo di Assad. E si ricorda che dopo aver concesso il gran cordone, Napolitano compiva, accompagnato dall’allora ministro degli esteri Frattini, la prima visita di un capo di Stato italiano in Siria. Ora l’appello di 22 parlamentari a Monti per la revoca dell’onorificenza.

Inchieste giudiziarie

Il senatore Pdl Marcello Dell’Utri è indagato dalla Procura di Palermo per estorsione nei confronti di Silvio Berlusconi. E’ nell’ambito di quest ainchiesta che i pm avevano convocato lunedì scorso l’ex presidente del Consiglio: figurerebbe quindi come persona offesa. Ma Berlusconi ha invocato il legittimo impedimento. I pm sentiranno anche la figlia Marina, presidente di Mediaset. Secondo i magistrati, Dell’Utri avrebbe ricattato Berusconi e ricevuto più di 40 milioni di euro. Spiega il Corriere che la nuova indagine nasce da uno stralcio di quella sulla presunta trattativa Stato-mafia al tempo delle stragi, tra il ’92 e il ’93, all’interno della quale, un anno fa, la Procura di Palermo acquisì le prime tracce di movimenti milionari segnalati dalla Guardia di Finanza nell’ambito dell’inchiesta romana sulla cosiddetta P3, dove pure Dell’Utri è indagato. Nove milioni e mezzo di euro elargiti in tre tranches: 1,5 il 22 maggio 2008 e altri 8 tra il 25 febbraio e l’11 marzo 2011. L’ipotesi di estorsione sarebbe collegata “più che alla trattativa, al processo per concorso in associazione mafiosa a carico del senatore”, scrive però il Corriere, ricordando che tale processo è iniziato proprio ieri in fase di appello, dopo l’annullamento da parte della Cassazione.
Il Fatto descrive il senatore Dell’Utri come “un amico di famiglia”, “beneficiato” con quasi quasi 50 milioni di euro in dieci anni: con “bonifici costanti, da conto corrente a conto corrente, senza alcuna apparente ragione. Ma questa volta la proverbiale ‘generosità’ di Berlusconi deve fare i conti con Cosa Nostra: se non altro perché i versamenti iniziano poco dopo la morte dei due esattori nafiosi dell’uomo di Arcore, Vittorio Mangano e Tanino Cinà”. Quindi è questa “la nuova frontiera investigativa della Procura di Palermo, che ha tratteggiato per l’ex premier il ruolo di protagonista, stavolta involontario, di una lunga e continuata estorsione da parte del suo amico”: ovvero “non più complice, come nelle indagini che lo hanno visto indagato e poi nel ’97 prosciolto dal gip Gioacchino Scaduto per concorso in associazione mafiosa a Palermo: oggi Silvio per i pm Antonio Ingroia, Nino Di Matteo, Lia Sava e Francesco Del Bene (gli stessi titolari dell’indagine sulla trattativa) è solo una vittima del ricatto di Dellò’Utri compiuto attraverso dazioni ripetute e qualche volta camuffate da contratti di acquisto, per milioni di euro, di beni di valore assolutamente inferiore”.
La Stampa riferisce i sospetti della Procura di Palermo: perché il giorno prima della sentenza della Cassazione che avrebbe potuto confermare la condanna a sette anni per mafia del senatore Dell’Utri, nello studio di un notaio milanese si perfeziona il passaggio di proprietà di una villa di Dell’Utri a Berlusconi? Perché 20 milioni di euro per una villa che ne vale la metà? Ecco, la Procura sospetta che si tratti di una liquidazione per i servigi resi da Dell’Utri, attraverso Cosa Nostra, al Cavaliere.
La Repubblica intervista lo stesso Marcello dell’Utri, e ne sintetizza così le dichiarazioni: “Gli ho costruito l’impero, Silvio forse mi deve altri soldi, ma non l’ho mai ricattato”. Il senatore ironizza su tutto, dice che i sospetti dei Pm di Palermo non hanno alcun fondamento: “Qui sono pazzi, non capiscono un cazzo. La vendita della villa non c’entra con la sentenza della Cassazione, quella villa era in vendita da due anni e il suo valore era di 30 milioni di euro. Io a Berlusconi l’ho data a 20, gli ho fatto un regalo”. A chi parla di Berlusconi come una vittima: “E’ vittima? E perché non denuncia? L’accusa di estorsione è una cosa ridicola, senza senso”. Cosa ne ha fatto dei soldi? “Li ho spesi. Io ho bisogno di soldi, di tanti soldi, ho un sacco di spese, di debiti, ho i mutui da pagare, i libri, mia passione, che costano un sacco di soldi”. Cosa si aspetta da questa inchiesta? “Non me ne frega un cazzo, mi manca solo l’accusa di pedofilia”. E poi: “Sono passati venti anni e non ci sanno dire come sono andate le cose nel 1992, chi ha ammazzato Falcone e Borsellino. Siamo stati io e Berlusconi? O magari Mancino? Si occupino di questo, invece di perdere tempo e ricicciare i miei rapporti con Mangano”, che è “il mio eroe”. Dell’Utri non ha più la scorta, dal primo luglio, dopo 13 anni: “Ma io sono d’accordo, era inutile ed anche fastidiosa”. “Me l’hanno imposta perché ero in una lista di persone che le Br devono ammazzare”.

E poi

Su Il Foglio segnaliamo un’analisi che spiega come “l’Egitto laico” sia infuriato con la segretaria di Staro Usa Clinton: “i tycoon filoccidentali, capeggiati da Naguib Sawiris, boicottano il segretario di Stato e la politica dell’appeasement islamista”. Nonostante un formale invito, alcune personalità politiche del mondo copto si sono rifiutate di ‘stringere la mano’ della Clinton, dopo i suoi incontri non soltanto con il presidente Morsi, esponente dei Fratelli musulmani, ma con dirigenti politici degli islamisti salafiti, nel corso dei quali si sarebbe ben guardata dall’avanzare precise richieste di garanzie per la libertà religiosa. Mail rifiuto di incontrare la Clinton è arrivato anche da personalità di primo piano, fra le quali il tycoon Sawiris, che rappresenta da anni l’ala più moderna e liberale dell’Egitto: ha appoggiato la rivolta di PIazza Tahrir, ma ha tentato di argionare “l’autoritarismo dei Fratelli musulmani e islamisti”, lavorando affinché nel Paese si instaurasse un clima di collaborazione, riforme e fine dell’autoritarismo, “sempre rifiutando ogni tentazione movimentista e di piazza”.
Anche La Repubblica si occupa di Hillary Clinton, il “Segretario volante” che “ha battuto ogni record”: E’ il capo della diplomazia ad aver viaggiato di più nella storia Usa”, scrive Vittorio Zucconi. Ha percorso 350 mila chilometri, sempre a bordo del suo aereo personale. Ad azionare i due motori del suo Boeing 757 è la sua ambizione ad essere per le 102 nazioni che ha visitato il “volto americano”.
Restiamo a La Repubblica perché l’inserto R2-.Diario è dedicato ai diritti civili che sono tabù per la politica italiana. Ci si riferisce alle nozze gay, poiché le divisioni all’interno del Pd sulle nozze omosessuali hanno riaperto la questione di una classe dirigente che fatica ad accettare i cambiamenti in atto nella società. Ne parlano Stefano Rodotò, Marta Nussbaum, Filippo Ceccarelli e John Lloyd, che racconta il coraggio dei conservatori inglesi di David Cameron, che hanno promesso una legge.
Su La Repubblica anche la recensione di due saggi di Beppe Vacca e Luciano Canfora dedicati ad Antonio Gramsci: che si conferma essere il pensatore più ristudiato dell’anno.

 di Ada Pagliarulo e Paolo Martini