Squinzi fa arrabbiare Monti

Pubblicato il 9 Luglio 2012 in da redazione grey-panthers

Corriere della Sera: “Monti: basta danni all’Italia. Il premier contro il leader degli industriali: fa salire lo spread”.
In taglio basso: “De Gennaro e la Diaz: dolore per le vittime, solidarietà ai poliziotti”.

La Repubblica: “L’ira di Monti contro Confindustria: ‘Squinzi danneggia il Paese’. Oggi l’eurogruppo apre allo scudo anti-spread”.
A centro pagina: “Dipendenti pubblici, 24mila in esuberi”.

La Stampa: “Tagli, Monti attacca Squinzi, ‘Così fa salire lo spread’. I big di Confindustria contro il presidente”.

Il Giornale parla di un “premier permaloso” e titola: “Vietato criticare Monti”, “Il presidente di Confindustria lo boccia e il Prof spara: ‘Chi mi attacca fa aumentare lo spread’. La verità è che SuperMario studia da politico: vuol restare a Palazzo Chigi anche dopo il 2013″.

Anche L’Unità apre con la risposta di Monti a Squinzi, titolando: “Taci, lo spread ti ascolta”. (E la illustra con il famoso manifesto del periodo fascista ‘Tacete, il nemico vi ascolta’).
A centro pagina, sulla sentenza Diaz: “De Gennaro: ‘dolore’ per le vittime”.

Squinzi-Monti

Due giorni fa, ad una festa delle Cgil a Serravalle pistoiese, da un palco in cui parlava insieme alla segretaria Cgil Susanna Camusso, il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi aveva criticato il provvedimento sulla spending rewiew: “non bisogna fare macelleria sociale”. Al governo Monti aveva riservato in pagella un voto “tra il 5 e il 6″.
Ieri il presidente del Consiglio ha risposto alle critiche da Aix en Provence. Riferisce le sue parole il Corriere della Sera: “A fine marzo la Marcegaglia aveva detto alla stampa internazionale che la riforma del lavoro era pessima, il 19 giugno Squinzi ha detto che la riforma del lavoro è una ‘boiata’”; “ieri il medesimo presidente Squinzi si è associato ai commenti di un leader sindacale nel sottolineare i rischi di macelleria sociale e ha dato poi un voto al governo. E poi ha dichiarato che gli sembra pericoloso che l’Italia si avvii a realizzare il pareggio di bilancio nei tempi che il precedente governo aveva già fissato”; “dichiarazioni di questo tipo, come è avvenuto mei mesi scoprsi, fanno aumentare lo spread e i tassi a carico non solo del debito ma anche delle imprese, e quindi invito a non fare danno alle imprese”. E ancora: “invito a considerare che dichiarazioni di questo tipo da parte di personalità istituzionali ritenute responsabili hanno effetti molto rilevanti nei mercati e quindi suggerirei di fare più attenzione, non tanto nei riguardi del governo, che evidentemente non lo merita, a giudicare ciò che viene detto, ma verso le imprese”.
Sullo stesso quotidiano, un articolo il cui titolo recita “Gli industriali con il governo: quella non è la nostra linea”, si riferisce delle reazioni alle parole di Squinzi. Luca Cordero di Montezemolo, ex presidente di Confindustria: “Dichiarazioni come quelle di Squinzi, sia nel merito che nel linguaggio, non si addicono a un presidente di Confindustria, fanno male e sono certo che non esprimano la linea di una Confindustria civile e responsabile”. Negativo anche il giudizio del presidente di Telecom Franco Bernabé: “Ritengo che le parole di Squinzi siano da interpretare come un punto di vista personale più che rappresentare il mondo industriale e imprenditoriale italiano”. E quello di Gianfelice Rocca, presidente del gruppo Techint e vicino ad Alberto Bombassei, avversario di Squinzi nella corsa alla presidenza: “le dichiarazioni di Squinzi non rappresentano la posizione di Confindustria nel suo complesso. Il governo è impegnato in uno sforzo eccezionale in una situazione di assoluta emergenza. Occorre serietà, equilibrio, senso di responsabilità e coesione. A Confindustria non spetta dare giudizi. Né voti, né giudizi superficiali”.
“I big di Confindustria si smarcano: che errore attaccare il premier”: così titola La Stampa.
E il governo lavora bene. Non è il momento di dare pagelle”, dice a La Stampa il presidente degli industriali lombardi Alberto Meomartini, che guida l’associazione più numerosa e che è tra coloro che ha contribuito all’elezione dello stesso Squinzi al vertice di Confindustria. Dice Meomartini: “La spending rewiew va nella direzione giusta. Meno sprechi e più semplificazione”. Quanto alle dichiarazioni sulla ‘macelleria sociale’, secondo Meomartini il presidente Squinzi si riferiva “solo al problema degli esodati”.
La Repubblica scrive in un retroscena che Squinzi vuole dar voce “alla rabbia dei ‘piccoli’”. E tuttavia “imbarazza i suoi”: un suo vice confida che ‘così non va lontano’.
E lo stesso quotidiano intervista l’amministratore delegato di Telecom Franco Bernabeé: “Proposte e critiche al governo, le battute lasciamole ai sindacati”, dice.

Squinzi-Monti. Gli editoriali.

Ogni quotidiano offre ai lettori il commento allo scontro Monti-Squinzi.
Su La Repubblica a firmarlo è Tito Boeri: “Esternazioni irresponsabili”. E il riferimento è a Squinzi. Appassionato di ciclimso, ogni volta che si trova a dover commentare una qualche scelta del governo, dice che ‘l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare’: quel che Bartali ripeteva ad ogni gara in cui non avesse trionfato. Il fatto è che però Squinzi interviene “a nome di tutti gli industriali italiani”, impegnati in una prova molto più difficile di una salita di 24 chilometri. Secondo Boeri Squinzi ha “nostalgia dei governi politici”, per due possibili motivi: perché sente di “poter condizionare maggiormente un governo politico” e reputa questo più importante di qualsiasi altra cosa nel valutare l’operato dell’esecutivo. In altre parole, per l’associazione Confindustrai conta solo “poter giustificare la porpria esistenza, come gruppo di pressione, di fronte ai propri iscritti”. Se vuol fugare questi dubbi, Squinzi non ha che da rivelare il voto che attribuisce al governo Berlusconi, “che ci ha portato sull’orlo del baratro, concedendo però ampio spazio alla concertazione”. La seconda spiegazione possibile è che Squinzi voglia “genuinamente contribuire a migliorare la qualità delle scelte di politica economica”: in questo caso, “niente più riunioni attorno al tavolo verde di Palazzo Chigi”, il leader degli industriali chieda al governo di avere i testi di legge prima che vengano presentati in Parlamento ed esprima un parere circostanziato, in maniera riservata. Quel che conta è una “valutazione approfondita” e “non sembra questo il caso dei giudizi affrettati sulla spending rewiew”: “il sospetto è che Squinzi non ami le verifiche sull’efficacia della spesa perché è difficile per lui giustificare l’esistenza di un’organizzazione così costosa come Confindustria. Soprattutto dopo che, forzando lo statuto, ha imposto la nomina di undici vicepresidenti, cinque presidenti di comitati tecnici e due delegati del presidente per un totale di diciotto (dicasi diciotto!) membri della presidenza”. I datori di lavoro sono tartatssati e forzati a versare quote associative pesanti: si chiederanno “che senso ha pagare tutto questo per mantenere in piedi una struttura che si dichiara in tutto e per tutto d’accordo con la Cgil?”.
Sul Corriere della Sera l’editoriale in prima è firmato da Dario Di Vico: “L’inatteso fuoco amico”. Dove si ricorda che Confindustria ha da sempre insistito “sul drastico dimagirmento della pubblica amministrazione”, mentre Squinzi ha accusato Palazzo Chigi di aver in mente una macelleria sociale: “un testa-coda che in una pigra domenica di luglio ha messo in gran fermento gli industriali italiani creando un incidente che non ha precedenti. Mai un neopresidente era stato contestato, anche da chi lo aveva supportato ed eletto (leggi Assolombardo) ad appena 40 giorni dal suo insediamento”. Squinzi è sempre stato amministratore unico delle sue aziende, uno cui piace “far di testa sua”, da quando è stato eletto presidente si è sottoposto ad un tour de force per partecipare a tutte le assemblee territoriali e di categoria. Ma l’attacco alla spending rewiew “è stato ancor più sorprendente perché l’ediotirla del quotidiano della Confindustria si sabato 7 luglio, affidato al commentatore di punta Guido Gentili, recitava: ‘Si poteva osare di più’. Nessuno avrebbe pensato che Squinzi poche ore più tardi avrebbe chiesto al premier Monti un’inversione a U: osare di meno”.
In controtendenza l’editoriale del direttore de L’Unità Claudio Sardo, dal titolo: “Il lavoro contro la finanza”. “Il presidente del Consiglio -scrive Sardo- mal sopporta le critiche, soprattutto quando provengono dall’establishment del Paese”. La sua reazione alle critiche di Squinzi sono però “più di una banale caduta di stile”: il leader degli industriali “si era limitato a dire che ‘bisogna evitare la macelleria sociale’. Parole di buon senso, parole di un padre di famiglia, non certo la denuncia di un oppositore pregiudiziale”; “La verità è che Monti mostra di non sopportare lo stile di Squinzi e la sua ostentata autonomia di giudizio, figlia probabilmente di un’idea delle autonomie sociali che mal si concilia con i paradigmi ultra-liberisti oggi dominanti”. In questi suoi “primi passi da capo di Confindustria”, Squinzi “sta dimostrando un attaccamento all’economia reale che appare rivoluzionario in una classe dirigente frastornata da spread e indici di borsa, ma soprattutto intimamente convinta che solo il dio-finanza sia in grado di salvarci”. Dietro la reaizone di Monti, si delinea, secondo Sardo, “il dualismo tra l’economia degli spread e l’economia reale”.
“Caro premier, o tagli davvero o vai a casa”, scrive Vittorio Feltri su Il Giornale. Invitando Monti a dire la verità, in tv, agli italiani:”dica che qui non si combina un tubo per colpa del partito della spesa pubblica. Faccia nomi e cognomi di chi rema contro. Denunci le categorie dei manutengoli, dei profittatori. Poi, senza tentennamenti, dichiari: noi siamo tecnici e in grado di salvare la patria solo a condizione che i politici e le corporazioni non ci mettano i bastoni tra le ruote”.

Internazionale

Sembra profilarsi una vittoria dei “liberali” in Libia:la coalizione guidata dall’ex premier Jibril, come rifersice il Corriere della Sera, avrebbe vinto a Tripoli e Bengasi.
E il Corriere della Sera intervista l’islamologo Olivier Roy, cui chiede se tale vittoria sia la prova che una terza via tra tirannide e integralismo islamico è possibile. “Sì -risponde Roy- anche se occorre fare attenzione a non sovrapporre alla realtà del Medio Oriente le nostre griglie di lettura. I liberali libici non sono liberali come li intendiamo noi: è sbagliato contrapporre da una parte Jibril, ai nostri occhi modernizzatore e secolarizzato, e dall’altra i musulmani anti-occidentali e oscurantisti. Anche i liberali libici sono musulmani e non sarei affatto sorpreso che prima o poi si tornasse a èarlare dello spazio da riservare alla sharia, la legge islamica, nella Costituzione”.  Sbaglia l’Occidente a identificare i Fratelli musulmani con l’integralismo islamico? “Dobbiamo sforzarci di capire che le cose non sono così semplici. Salafiti e Fratelli musulmani, per esempio, sono due movimenti entrambi di ispirazione religiosa, ma in competizione fra loro. I Fratelli musulmani stanno cercando una sintesi tra tradizione islamica e modernità. E’ difficile, naturalmente, ma ci provano. Non hanno contestato la vittoria di Jibril, nessuno ha neppure provato a parlare di brogli. C’è una nuova cultura democratica che si sta radicando, anche presso gli islamisti”.
Nel frattempo, con quella che La Repubblica definisce “una mossa a sorpresa” destinata a riaccendere lo scontro con i militari, il neo-presidente egiziano, l’islamista Mohamed Morsi, ha emesso ieri una decreto che annulla la sentenza della Corte costituzionale che aveva sciolto il Parlamento, “dominato dagli integralisti islamici”, mentre si stava votando per le presidenziali. La Corte aveva spiegato cjehe oltre un terzo dei parlamentari era stato eletto illegalmente. L’annuncio del presidente Morsi ha spinto la Giunta militare guidata dal maresciallo Tantawi a convocare una riunione d’emergenza per decidere una risposta alla sua sfida. Intanto dagli Usa arriva un gesto di fiducia verso il neo-presidente: Obama lo ha invitato a New York per settembre.

di Ada Pagliarulo e Paolo Martini