Pdl per il rinvio del voto. E finché non c’è par condicio…

Pubblicato il 19 Dicembre 2012 in da redazione grey-panthers

Corriere della Sera: “Berlusconi: rinviare le elezioni”, “’Una o due settimane’. Scontro sulla legge di Stabilità”. A centro pagina, l’inchiesta in Lombardia e le parole dell’imprenditore Sandro Polita: “Tangenti alla Regione. Il costruttore: i politici vengono a batter cassa”.

La Repubblica: “Monti: non starò fermo ad aspettare”, “Nasce la federazione del Professore. Berlusconi: rinviamo il voto”. Di spalla, Francesco Merlo: “Nella stanza di Pannella, ‘Senza giustizia preferisco morire’”. A centro pagina: “Tredicesima spesa in Imu e bollette: solo un decimo per i regali”.

La Stampa: “Monti, pronto l’appello al Centro”, “Il discorso atteso nel fine settimana. Oggi Montezemolo annuncia la lista di Italia Futura. Il Pdl: spostare il voto al 24 febbraio o al 3 marzo. E rallenta la legge di Stabilità al Senato”. A centro pagina: “Obama: sì al bando delle armi da guerra”.

L’Unità: “Berlusconi sequestra il voto”, “Vuole il rinvio e blocca la legge di Stabilità. Il Ppe: dice il falso su di noi”. A centro pagina: “Primarie Pd, dieci giorni per scegliere”.

Il Giornale parla di un “Berlusconi all’attacco” e titola: “Non moriremo di euro”, “La moneta unica così non va: con questi tassi di interesse l’Italia affoga. E il Pdl chiede di far slittare le elezioni”. A centro pagina: “Se Bersani è più stalinista di Grillo”, “Le ‘purghe’ contro i renziani”.In taglio basso: “Troppi attacchi al Colle, Ingroia resta solo”.

Libero: “Il piano di Monti: tagliarci gli stipendi”.

Il Fatto: “B. sequestra le Camere. Sulle elezioni decide lui”. In prima, un editoriale del direttore Padellaro: “Se Pannella muore, perché nessuno lo salva?”. In taglio basso: “Il pm Ingroia si candida con Arancioni e Di Pietro”.

Italia

“Data del voto, strappo del Pdl. Assalto alla legge di Stabilità”, titola il Corriere dando conto delle dichiarazioni di Berlusconi ieri nel corso della trasmissione “Porta a porta”. Ha detto: “Questa fretta totale per formare le liste è una forzatura inutile, meglio rinviare il voto”. “Si scatena una polemica tra Pdl ePd che ricorda quelle del governo Berlusconi. Il Pd accusa Berlusconi di volere due settimane in più in televisione senza par condicio”, scrive il Corriere, spiegando anche che il principale problema evidenziato dal Pdl è quello della circoscrizione estero, ovvero il voto di quattro milioni di italiani che risiedono e votano fuori dai nostri confini, e che sono decisivi, in particolare al Senato.

Dei numeri per governare decisivi al Senato si occupa, in prima pagina su Europa, Paolo Natale: “Senato a rischio, centristi decisivi per governare”. Dove si legge che per la Camera il problema non si pone, ma per l’aula del Senato “la coalizione vincente, per essere tranquilla”, “deve praticamente fare l’en-plein, vincere cioè in tutte le regioni. Basterebbe soccombere in una di meno, tra quelle più popolose, per avere l’acqua alla gola”. Vale a dire che “la coalizione può permettersi di perdere la Basilicata e il Friuli, e perfino le Marche, ma non può permettersi il lusso di non conquistare Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, Emilia, Lazio, Campania, Puglia, Sicilia. Otre a quasi tutte le più piccole”. Anche nella situazione attuale, in cui la coalizione di centrosinistra appare in grado di superare la soglia del 40 per cento (con Pd-Sel-Psi e qualche apparentamento, magari con i Radicali), la difficoltà al Senato “restano tante”. Alla Camera il centrosinistra può contare sui canonici 340 seggi del vincitore (290 Pd, 50 Sel, 60 per Grillo), secondo una simulazione Ipsos. Al Senato, si rischia di tornare ad una situazione simile a quella del governo Prodi: oggi il centrosinistra potrebbe contare su un numero di seggi sicuri compreso tra 150 e 155, senza contare quelli esteri, dove la simulazione è pressoché impossibile. Le strade possibili per il centrosinistra sono tre: o vince in tutte le regioni con l’eccezione di Sicilia e Veneto (le due più a rischio), o stravince nelle regioni in cui è già forte o, negli accordi post-elettorali, si vedrà costretto a stringere alleanza con qualche altra formazione, tendenzialmente qualcuna d centro come l’Udc.

Il Fatto parla della “nuova trovata” del Cavaliere, ovvero la decisione di rallentare il percorso della Legge di Stabilità. Il quotidiano, causticamente: “Avevamo scherzato. Il Pdl in via di liquefazione avrebbe fatto meglio a metterla in questa maniera, ma tant’è: il partito del predellino vorrebbe che la data delle elezioni slittasse di una o due settimane rispetto al 17 febbraio indicato dal ministro Cancellieri, il che, peraltro, potrebbe riaprire la questione del Lazio, in cui il ricorso per andare a votare il 3 febbraio era stato ritirato dopo la scelta del Viminale. Forse qualcuno ricorderà che il Pdl è lo stesso partito che pur di andare a votare prima del 10 marzo aveva sostanzialmente sfiduciato il governo: è successo solo una decina di giorni fa, ma ormai dalle parti del Pdl la connessione tra la realtà e la sua rappresentazione è in piena fase creativa. ‘E’ stato Monti a volersi dimetter prima’, ha spiegato ieri Berlusconi”.

Su Il Giornale, in un retroscena: “Silvio sente aria di rimonta e punta a far slittare il voto”. Si spiegano quindi le ragioni che orientano il comportamento del Cavaliere: “Congelare Monti e l’area centrista che aspetta di sapere cosa farà il Professore, far slittare l’entrata in vigore della par condicio e prendere tempo in vista della complicata partita delle liste elettorali”. E nell apagina di fianco: “Berlusconi ora scarica Monti: ‘Sarà un piccolo protagonista’”. “Pierferdy e Fini? Sono persone orride”, riferisce ancora Il Giornale.

La Repubblica scrive che il Pdl ha deciso di bloccare i percorso della legge di Stabilità e il decreto cosiddetto “taglia-firme”. Questione che viene amplificata da un articolo de Il Giornale: “£Monti si regala l’aiutino. Ecco la legge ad personam che evita la raccolta firme”: secondo il quotidiano, nel decreto che dimezza le firme necessarie per la presentazione delle liste (per via dei tempi strettissimi tra lo scioglimento anticipato della legislatura e la data delle elezioni) ci sarebbe una norma “ad listam Montium”. E si spiega: il decreto riduce della metà le liste necessarie per chi non è presente nel Parlamento (Grillo e Sel, per esempio), del 60 per cento per chi ha un gruppo almeno in una Camera (Fli e altri minori), ed esonera del tutto le forze presenti in entrambe le Camere (Pdl, Pd, Idv e Lega). Ma “la sorpresa è che saranno esonerate non solo le liste che, collegate a queste ultime, abbiano anche un europarlamentare, ma addirittura le ‘componenti politiche all’interno dei gruppi parlamentari, costituite all’inizio della legislatura in corso”. Le uniche “componenti politiche” riconosciute in quanto tali dal regolamenti sono quelle del Gruppo Misto alla Camera, dice Peppino Calderisi, del Pdl. E’ una norma che “favorisce i montiani nascosti nel Pdl o in qualsiasi altro gruppo”, secondo il Pd Bressa. La situazione è piuttosto confusa, e Calderisi evoca quanto accadde nel 2008, quando un analogo esonero “di portata molto minore” finì “giudicato dalle singole corti d’Appello, con decisioni non univoche tra loro.

Il Corriere scrive che “anche per Sel e Lega il provvedimento è a un favore ‘ai centristi’ e ‘agli amici di Monti’. L’ex ministro Roberto Calderoli, presenterà “la richiesta di messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica per attentato alla Costituzione”, per aver firmato il decreto.

Secondo La Stampa “Monti ha ormai deciso, nel fine settimana farà l’endorsement al Centro”. Il quotidiano scrive, peraltro, che a Monti non sarebbe piaciuta l’accusa di Massimo D’Alema sulla dubbia moralità di una sua candidatura, sia per il lessico usato che per la sostanza delle motivazioni. Lo avrebbe detto al segretario Pd Bersani.

Sul Corriere della Sera segnaliamo proprio una lettera dello stesso D’Alema, che ribadisce: “Anche Napolitano ha detto che non è candidabile”: “Chi scrive nutre da molti anni stima e considerazione verso il professor Monti”. D’Alema ricorda di esser stato tra quanti lo hanno sollecitato a rendersi disponibile nel guidare un governo in un momento così difficile: “Proprio per questo, sono preoccupato che una sua candidatura possa radicalizzare il confronto elettorale, e possa finire per dare argomenti, nella sinistra, assai più alle componenti radicali che lo hanno contrastato che non a quella grande maggioranza riformista che lo ha sostenuto in questi mesi difficili”. E conclude: “Monti è una risorsa per il Paese, non la si sprechi in una operazione elettorale che rischia di dividere e che, ne sono convinto, apparirebbe difficilmente comprensibile per una larga maggioranza degli italiani”.

Anche il presidente Napolitano ha scritto una lettera: a La Stampa, per precisare alcune considerazioni contenute in una cronaca firmata nei giorni scorsi da Federico Geremicca che, al pari di altri notisti politici, aveva evidenziato -come nota il Quirinale- “una tensione, se non una frattura” tra il capo dello Stato e Monti. Napolitano ricorda che le dimissioni di Monti sono scaturite dalle dichiarazioni del Pdl che aveva definito chiusa l’esperienza di questo governo. Scrive il capo dello Stato: “Il mio riferimento al ruolo che questa volta svolgeranno le forze politiche e al peso che avranno i risultati elettorali è stato arbitrariamente quasi tradotto nel preannuncio dell’incarico che darò (“a chi arriva primo”) per formare il nuovo governo. Ma ogni decisione nascerà dalle consultazioni post-elettorali con tutte le rappresentanze politiche”, “non essendo vincolato ad alcuna ipotesi precostituita”.

Il simbolo del listone arancione del Quarto polo è la “V” del film “V per vendetta”, scrive in prima Il Fatto. La Repubblica scrive che gli Arancioni sono già divisi sul rapporto possibile con il Pd, come proposto da Luigi De Magistris. I “professori”, ovvero i protagonisiti dell’associazione ‘Alba’ come Paul Ginsborg, Luciano Gallino, Marco Revelli, sarebbero contrari, al pari di Livio Pepino e Paolo Ferrero.

Ancora su La Repubblica, le primarie Pd: “Bersani difende le deroghe: solo i 3 per cento. Renzi lancia Baricco e Petrini tra i capilista”, “A sindaco 20 posti garantiti. Bindi forse in gara a Napoli”.

Molti quotidiani raccontano la visita di ieri del presidente del Consiglio Monti a Marco Pannella, in molti troverete le foto dell’abbraccio tra i due nella clinica in cui il leader radicale è ricoverato, essendo giunto al nono giorno di sciopero totale della fame e della sete. Per l’amnistia e la giustizia. “Sistema al collasso”, scrive La Stampa ricordando che sono 20mila i detenuti di troppo in cella. La repubblica: “Carceri, i numeri dell’emergenza. Severino: difficile fare l’amnistia”. Sono “oltre 66mila i detenuti per 45mila posti”. Su Twitter, ricorda La Stampa, è in corso una campagna di adesione a sostegno di Pannella. Il premier ha ascoltato le ragioni per cui Pannella ha deciso di proseguire la sua iniziativa nonviolenta ed ha detto che “si ripromette di approfondire”.

Francesco Merlo, per La Repubblica, racconta il suo colloquio con il leader radicale in clinica: “’Il mio digiuno è un’arma di vita, ora sogno una lista per i detenuti con Vasco, Veronesi e Saviano’. Pannella: ringrazio Monti per la visita, ci siamo capiti”. Il pezzo di Francesco Merlo è difficile da riassumere, ma ci pare imperdibile.

Internazionale

La Stampa scrive che il presidente Usa Obama si è detto favorevole alla reintroduzione del bando delle armi d’assalto ed ha deciso di sostenere “attivamente” la legge che la senatrice della California Dianne Feinstein presenterà al Senato di Washington per riproporre il bando delle armi d’assalto e dei caricatori con numerosi proiettili che è stato in vigore dal 1994 al 2004.

Anche su L’Unità: “’Basta stragi’, Obama: bandire le armi d’assalto”. E si legge anche che “sotto le pressioni degli investitori la società di private equity Cerberus vende le quote del gruppo produttore del fucile usato nella scuola”. Che è i più venduto: 175mila pezzi l’anno.

Sulla prima pagina de Il Foglio: “Com’è la Francia senza ricchi?”. E si spiega che cinquecento francesi hanno chiesto la nazionalità belga per fuggire alle ricette fiscali del presidente Hollande. Accadde anche a Mitterrand e pochi rientrarono. “La notizia di primo piano dei giornali francesi è stata l’esilio fiscale di Gérard Depardieu a Nechin, in Belgio. Il primo ministro Jean-Marc Ayrault ha definito ‘miserabile’” il suo comportamento. Ma “per esser equi” sulla rivolta della star, “c’è un piccolo fatto da ricordare, cioè che i sussidi statali per l’industria del cinema in Francia hanno probabilmente aiutato in maniera indiretta quest’uomo a diventare famoso e ricco, anche se nel complesso avrà pagato molto più di quello che ha ricevuto”.

Sulla prima de Il Giornale, Nicola Porro: “Sinistra tutto fisco”, “Il rischio è finire come Dépardieu”.

Il Foglio ha intervistato Richard Engel, giornalista della rete tv Usa Nbc, liberato dopo cinque giorni di sequestro in Siria. Racconta chi e perché l’ha sequestrato: “Una milizia fedele al governo siriano e addestrata dagli iraniani e dai libanesi di Hezbollah ci ha preso in ostaggio perché ha detto di volerci scambiare con quattro agenti iraniani e due libanesi che sono in mano ai ribelli. Quando siamo stati liberati eravamo diretti alla roccaforte di Hezbollah dentro la Siria”.

Sul Corriere: “Vaccinavano contro la polio. Uccise 5 donne pachistane”, “per i talebani la campagna è un complotto Cia”. Il quotidiano ricorda che teorie complottiste circolanti in un Islam distorto e veicolato dai talebani vogliono che gli “infedeli” tentino di “sterilizzare” i musulmani. E che questi motivi si sommano al fatto che, nel corso dell’operazione con cui in Pakistan si tentava di trovare il covo di Bin Laden, la Cia si avvalse di un medico della città in cui si era nascosto per prelevare campioni di Dna delle persone che vivevano nel compound.

E poi

Su La Repubblica, pagine R2: “E’ l’ateismo la terza ‘religione’ del mondo”. Un uomo su sei nel mondo non crede in Dio. Cioè più di un miliardo di persone, secondo uno studio americano dell’istituto Pew. I cristiani restano in testa, incalzati dai musulmani. In totale, i credenti sono l’84 per cento della popolazione mondiale.

di Ada Pagliarulo e Paolo Martini