NEGOZIATI CON I TALEBANI: L’AMERICA TRATTA L’USCITA AFGHANA

Le aperture

Corriere della Sera: “Bossi attacca ma non rompe”, “‘Con Belrlusconi nel 2013? Vedremo’. E avvisa Tremonti”.
A centro pagina: “Slitta l’intesa europea sulla Grecia”.

La Repubblica: “Bossi, preavviso a Berlusconi”, ‘Ma ora niente voto’. Il Cavaliere: sì alle sue richieste. Scontro sui ministeri”.

La Stampa: “Bossi a Berlusconi: ‘La tua leadership adesso è a rischio”. “Il premier: la nostra alleanza senza alternative”. “Confindustria e Cgil: sì alla manovra Tremonti”. A centro pagina: “Grecia: ‘Servono altri 110 miliardi. Lussemburgo, l’Eurogruppo lavora a un’intesa”.

Il Giornale: “Bossi non tradisce. Altro che rottura con Berlusconi: il Senatur tira qualche stoccata al premier e soprattutto a Tremonti, ma non molla governo e maggioranza. Così il vero calcio in faccia della Lega è alla sinistra”. L’articolo in prima pagina è firmato da Vittorio Feltri.

Libero: “La Lega tiene duro”. “Tiremm innanz. Il popolo di Pontida grida ‘secessione’ ma Bossi dà una mano a Berlusconi: ‘Ecco cosa voglio entro sei mesi'”. “L’accordo di governo c’è, nonostante le ire dei romani sui ministeri al Nord”. Ma per Libero Bossi ha messo “Tremonti allo spiedo”, paragondandolo al ministro Visco (“col fisco ha fatto cose peggiori lui della sinistra”).

Su quasi tutte le prime pagine la foto di Angelina Jolie, nella sua qualità di rappresentante Onu per rifugiati, sbarcata ieri a Lampedusa e – come devono fare i migranti – ha voluto lasciare le sue impronte all’ingresso del Cie.

A Pontida e in Italia

Racconta il Corriere che ieri, sul “sacro prato di Pontida”, ha rimbombato per otto volte il grido di secessione. Bossi ha frenato, pur dettando le sue condizioni a Berlusconi. E – novità assoluta – a Tremonti. Ma ha affidato il gran finale a Roberto Maroni, che ha parlato da leader e per il quotidiano “se non è una investitura, ci manca nulla”.
La Repubblica riproduce il grande striscione che campeggiava ieri a Pontida: “Maroni presidente del Consiglio”. Anche sul Corriere della Sera si parla dell’enorme striscione “della base” per Maroni. Un militante dice che Maroni “è trasversale, come i Pooh, o come gli U2 o lady Gaga”.
Per La Stampa, per restare allo slogan dello striscione, “sta partendo la diarchia”. “Per la prima volta la folla padana non esalta soltanto il senatur”. Maroni era l’unico dirigente leghista con giacca e cravatta (verde, s’intende). Ed era l’unico – scrive La Stampa – ad aver alzato la voce negli ultimi tempi, ad essersi smarcato sulla guerra in Libia, ad aver protestato per le distrazioni di Berlusconi a proposito di immigrazione. Lui non si aspettava quello striscione, ha detto che “i maroniani non esistono”, non si sente candidato premier. Più che un Maroni premier, La Stampa ci vede un Maroni leader, sempre se e quando Bossi vorrà.
Su Il Giornale: “Il popolo lumbard ha scelto: ‘Bobo, sarai il nostro premier’. Il ministro dell’Interno acclamato successore di Bossi”. Ma per il quotidiano Maroni “ha smesso gli abiti del diplomatico per incarnare l’anima dura e pura della base”: la linea vincente nella base di Pontida è quella più intransigente, che ora vede in Maroni il suo portavoce. La Lega di lotta, che torna a intonare la parola secessione, “si riconosce in Bobo”. Ed è Bossi a prendersi qualche fischio quando dice che non è il momento di mollare Berlusconi. Insomma, per il Giornale in realtà Maroni è ora “l’ex volto moderato del Carroccio”.
Libero sintetizza: “La trota è Maroni”.
La Stampa riassume così le parole di Bossi: “No al voto subito: vincerebbe la sinistra”. Rivolgendosi all’amico Tremonti il leader della Lega Nord ha detto: “Se vuoi ancora i voti riscrivi il patto di stabilità e non toccare comuni, artigiani e piccole imprese del Nord”.

Dal palco di Pontida – spiega Il Giornale – Umberto Bossi ha presentatododici richieste che sono un ultimatum al governo. Entro due settimane la presentazione in Consiglio dei Ministri della riforma costituzionale con l’introduzione del Senato federale e il dimezzamento dei parlamentari; approvazione del decreto legge sulle missioni militari che preveda la riduzione dei contingenti impegnati all’estero; entro trenta giorni attribuzione di ulteriori forme di autonomia alle regioni, perché si amplino potestà legislativa su istruzione, giudici di pace, tutela dell’ambiente e dei beni culturali; riduzione della bolletta energetica; riscrittura del patto di stabilità dei comuni e delle province, puntando a maggiore flessibilità soprattutto sulla sicurezza e premi per i comuni virtuosi; introduzione dei “costi standard” per le amministrazioni dello Stato, affinché diventino omogenee le spese locali attraverso l’individuazione del costo medio per acquisti e prestazioni (ma anche adeguamento degli stipendi pubblici al costo della vita nella regione in cui vivono). Riforma fiscale nell’estate e nuove aliquote entro la fine del 2011 (“Tremonti, se vuole i nostri voti per i suoi provvedimenti, trovi un modo per ridurre la pressione fiscale che mette in ginocchio il nord”, ha detto Bossi); soluzione definitiva entro l’autunno del problema ‘quote latte’; drastica riduzione delle spese dei politici (“basta con le auto blu, la Lega le auto se le compra, lo stesso deve succedere per gli stipendi dei parlamentari”, ha detto Bossi, sposando in effetti le considerazioni sul taglio dei costi della politica dello stesso Tremonti); finanziamento del trasporto pubblico locale, per restituire 420 milioni di Euro sottratti dai tagli lineari; abolizione delle ganasce fiscali, volute da Equitalia, e limiti ai pignoramenti per cifre inferiori a 20 mila Euro, oltre a limitazioni delle verifiche possibili su una azienda nell’arco di un anno; approvazione entro il dicembre 2011 del codice delle autonomie, che definisca le funzioni delle autonomie locali, stabilendo chi fa cosa, ed abolendo enti inutili.

Il Corriere della Sera parla di una “sindacalizzazione” di Bossi, che da Pontida ha trattato l’esecutivo come facevano i leader di Cgil, Cisl e Uil di un tempo, presentando un pacchetto di richieste vincolanti. Che mettono in mora Giulio Tremonti. Non che sia definitivamente oscurato il rapporto tra Lega e ministro dell’Economia, ma non c’è più quella delega in bianco concessa in passato. “Neppure la sinistra aveva osato sequestrare trattore e mucche degli agricoltori debitori”, ha gridato Bossi. La sua sindacalizzazione è per il Corriere una tattica per mettere in difficoltà Berlusconi, strigliare Tremonti e dare una sensazione di concretezza all’elettorato padano. Sul prato di Pontida sventolavano i vessilli degli ultras delle quote latte con le loro bandiere “ostentatamente bianche e non verdi”, che testimoniano una forza di pressione dentro la Lega che ha dietro cinquemila allevatori ed è capace di chiedere di riaprire il contenzioso con Bruxelles. Ma così – secondo il Corriere – la Lega guadagna in concretezza ma perde in visione: non si sente parlare quasi mai di infrastrutture, di terziario, di export, ovvero i veri temi della questione settentrionale: “Il nordismo viene frammentato e ridotto alla difesa dell’esistente, diviene preda di micro-lobby interne come quella del latte”, scrive Dario Di Vico, sottolineando come la proposta del trasferimento di 4 ministeri prevalga, come via per aumentare l’occupazione in Brianza, “mentre la Candy elettrodomestici vuole delocalizzare in Cina”…

E’ La Repubblica a dare più spazio alla proposta lanciata dalla Lega in questi giorni del trasferimento di 4 ministeri al Nord. Anche perché è una questione che ha fatto esplodere la rivolta nel Pdl. Il sindaco di Roma Alemanno l’ha definita “una boiata”. Ed è pronto a proporre alla Camera una mozione contro il trasferimento, spalleggiato dalla governatrice della Regione Lazio Renata Polverini, che ha addirittura invocato l’intervento di Napolitano (“Non ho dubbi che nelle prossime ore ascolteremo una ferma presa di posizione del Capo dello Stato”, ha detto, citando l’articolo 114 della Costituzione, che indica Roma come capitale e sede del governo). Sulla stessa pagina, una intervista al presidente Pd della Provincia di Roma Zingaretti, che invita Alemanno e Polverini a togliere la fiducia al premier e sottolinea che “è saltata la pace della pajata”, celebrata alcuni mesi fa da Bossi e Polverini.
E ancora La Repubblica racconta “l’ira di Napolitano” perché l’Italia è indivisibile. Si riferisce anche che il capogruppo Pd alla Camera Franceschini ha preannunciato il deposito di una mozione contro il progetto leghista.

Il governatore della Lombardia Roberto Formigoni, intervistato da Libero, dice: “Bossi ha ragione, Silvio è sostituibile”. Per il quotidiano “Il presidente lombardo si schiera con il Carroccio” allorchè dice che “per comandare bisogna anche ottenere risultati”.

Ma per La Stampa tanto gli industriali che la Cgil stanno con Tremonti, considerando che non c’è nessuna alternativa alla politica del rigore, soprattutto dopo l’allarme della agenzia Moody’s sul rating dell’Italia e i rischi di bancarotta per la Grecia. Confindustria, in un comunicato: “A frontre del grave deterioramento della situazione finanziaria internazionale, Confindustria ribadisce che occorre la massima coesione della maggioranza e di tutte le forze politiche per dare attuazione al piano di rientro dei conti pubblici”. La segretaria Cgil Susanna Camusso: “Il nostro Paese ha un grande debito pubblico, la ragione per cui bisogna fare la manovra è che l’Italia ha firmato un trattato internazionale assumendo un impegno e accettando le condizioni che l’Europa ha posto”. Ma ribadisce che il principio ispiratore della politica economica dovrebbe essere “misurarsi con le disuguaglianze del Paese e cercare di ridurle”. Anche sul Corriere la risposta di Confindustria: “Mercati a rischio, il rigore del Tesoro è necessario”. Anche l’imprenditore Diego della Valle loda Tremonti: “Ha fatto un buon lavoro fino ad oggi, tenendo in ordine i conti del Paese”. Insistono invece per la riforma fiscale, minacciando anche lo sciopero generale, il segretario della Cisl Bonanni e il leader della Uil Angeletti, che ha ribadito: “Occorre coniugare la linea del rigore con la giustizia sociale. Ecco perchè chiediamo a Tremonti di inserire nella manovra anche la delega per la riforma fiscale”.
Intanto, come riferisce lo stesso Corriere, l’ex commissario Ue Monti, nella intervista a Lucia Annunziata ieri su Rai 3, ha sottolineato che non è possibile al momento abbassare le tasse: “Abbiamo da sempre un debito molto alto”, e “non abbiamo fatto una strategia sulla crescita che serva anche ad aumentare le entrate”.

Usa, Marocco, Afghanistan.

La Repubblica si occupa delle operazioni in Afghanistan e riferisce le considerazioni del Capo del Pentagono Gates, che ha confermato i colloqui in corso con i taliban ed ha rivelato che il ritiro dall’Afghanistan è già cominciato. I due battaglioni di 800 uomini che il generale David Petraeus aspettava per luglio non arriveranno più. La loro nuova destinazione è il Kuwait, per dare una mano ai 48 mila ancora in Iraq.
Anche sul Corriere della Sera, con una grande pagina: “L’America tratta l’uscita afghana”, “la conferma di Gates: ‘Negoziati con i talebanI, ma prudenza sul ritiro”. Per il Corriere Obama e il Congresso vorrebbero accelerare, anche per tagliare i posti. Ma i generali frenano. Sostengono che la riduzione proposta dal Congresso di 30 mila unità è talmente consistente e improvvisa da mettere in pericolo le truppe che rimangono. Propongono per l’immediato un taglio poco più che simbolico di appena 3 mila soldati in meno. Nella visione della Casa Bianca le ragioni dell’occupazione dell’Afghanistan stanno pian piano venendo meno: nell’ultimo anno e mezzo sono stati eliminati venti dei trenta capi di Al Qaeda; i raid dei droni della Cia hanno impedito alla organizzazione di ri-organizzarsi; l’attacco al compound di Bin Laden ha permesso di eliminare il capo dell’organizzazione e di recuperare documenti dai quali emerge che Al Qaeda era precipitata da tempo nel caos. A questo si aggiunga la frequenza con cui ilpresidente Karzai, irritato dalle perdite civili provocate dai raid notturni della Nato, si è riferito agli americani chiamandoli “forza di occupazione”.
Restiamo al Corriere per segnalare una lunga corrispondenza dal Marocco, dove due giorni fa il re Mohamed VI ha preannunciato l’arrivo di una nuova Costituzione, che dovrebbe fare del Marocco una monarchia costituzionale. Ma il movimento 20 febbraio non arretra, e la riforma del re non basta ai giovani marocchini. A Casablanca studenti, professionisti e donne velate hanno manifestato insieme per le strade. Mentre i lealisti, decisamente più numerosi, hanno attaccato i manifestanti. Nella corrispondenza vengono analizzati i limiti della proposta di riforma presentata dal re: se ci sono fughe in avanti come l’introduzione dell’antitrust e il divieto per i parlamentari di passare da un partito all’altro, viene mantenuta la sovranità religiosa, giuridica e politica del re. E il Marocco non diventerà una monarchia costituzionale, perché sua Maestà lascerà la guida del consiglio dei ministri al premier, ma presiederà un nuovo organismo, detto consiglio del governo, attraverso cui conserverà l’ultima parola non solo su questioni come guerra o pace, ma anche nelle scelte strategiche di politica estera ed economica.

E poi

E’ morta in Russia Elena Bonner, moglie di Andrej Sakharov, con cui condivise una vita da dissidente in epoca sovietica e dopo. “Dall’Urss a Putin contro il Cremlino, che ora la teme anche da morta”, scrive La Repubblica. Figlia di vittime dello stalinismo, esiliata nel 1984, ha continuato a battersi fino all’ultimo per i diritti umani in Russia. In vista dei funerali il governo russo ha aumentato i controlli sui gruppi dissidenti. Se ne occupa anche, su La Stampa, con ricordi di prima mano, Giulietto Chiesa.
E la ricorda anche Sergio Romano sul Corriere della Sera. Romano nell’Urss fu ambasciatore italiano.

Ampio spazio su La Stampa per la Big Society del premier britannico David Cameron: “La sfida di Cameron. I servizi sociali gestiti dai cittadini”. I comuni divideranno tra le famiglie i fondi che sarebbero spesi per scuola e mutua. I privati dovranno pensare per sé”. Si tratterebbe dell’idea di un “personal budget” da consegnare alle famiglie, espropriando di fatto i municipi della possibilità di gestire i servizi di assistenza e cura, evitando di spingere le famiglie verso strutture di assistenza già individuate. E’ “la scommessa del neoliberismo compassionevole”, ampiamente analizzata in un commento di Massimiliano Panarari. Ma i giornali riferiscono anche di un “anatema” (come lo chiama il Corriere) di Cameron contro i padri assenti, che ha equiparato ai guidatori ubriachi.

La Repubblica si occupa invece del referendum locale che si terrà fra cinque mesi a San Francisco: è guerra alla pratica della circoncisione. La consultazione popolare è stata lanciata dal deputato Democratico Schofield. Insorgono ebrei e musulmani, che considerano la proposta razzista.

(Fonte: La Rassegna Italiana di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)

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